I mutui verdi in Italia: offrono buoni vantaggi, ma sono ancora limitati

Solo il 10% dei prestiti immobiliari complessivi è offerto a condizioni più favorevoli per l'efficientamento energetico delle abitazioni.

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I mutui verdi rappresentano una quota crescente di quelli complessivi, ma coprono ancora una percentuale minoritaria dei prestiti immobiliari, nonostante gli sconti che offrono sui tassi d’interesse.

I cosiddetti “mutui verdi” sono quelli offerti dalle banche a condizioni migliorative per acquistare immobili nuovi o ristrutturati e con livelli di efficienza dalla B in su oppure immobili in via di ristrutturazione e che consentano un miglioramento di almeno il 30% delle prestazioni energetiche dell’edificio.

Il loro vantaggio per chi li sottoscrive consiste appunto in tassi d’interesse più bassi. Viene cioè applicato un differenziale (spread) inferiore rispetto ai tassi di riferimento Euribor o Eurirs usati dalle banche per calcolare il tasso d’interesse complessivo.

Il vantaggio per le banche di offrire questi sconti è che immobili più energeticamente efficienti tendono a valere di più sul mercato, a parità di superficie e altri fattori, e questo tende a diminuire il rischio per gli istituti di credito se dovessero rivendere gli immobili nel caso di insolvenze dei debitori.

Quantificazione dei vantaggi dei mutui green

L’agevolazione varia da banca a banca, ma in media gli istituti di credito applicano sui mutui verdi uno sconto di 0,1 punti percentuali rispetto al tasso di interesse applicato ai finanziamenti tradizionali, secondo l’Osservatorio Facile.it-Mutui.it relativamente a dati del 2022.

Ultimamente, lo sconto potrebbe essere cresciuto, anche sulla scia degli ulteriori aumenti dei tassi d’interesse.

“Mediamente siamo nell’ordine di 0,2-0,3 punti percentuali all’anno, rispetto a spread che in questo momento vanno da 1,80 a 3,20 punti percentuali. Poi ci sono banche che fanno offerte speciali e magari arrivavano a 0,5 punti percentuali di sconto”, ha detto a QualEnergia.it Alessandra Caccavale, promotrice creditizia presso 24MAX, partecipata da RE/MAX Italia e 24Finance Mediazione Creditizia per l’attività del credito nel settore immobiliare.

In altre parole, rispetto ai mutui tradizionali e ai ratei di riferimento appena citati, i mutui green consentono di abbattere del 6% e fino al 16% il costo degli interessi. Nel caso di uno sconto di mezzo punto percentuale, il vantaggio potrebbe arrivare anche attorno al 25% dello spread complessivo fra Euribor e tasso applicato dalla banca.

I mutui verdi crescono, ma sono ancora una piccola quota

Nel primo trimestre 2022, questo tipo di finanziamenti è cresciuto di oltre 38 volte rispetto al terzo trimestre 2020, secondo l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e nonostante un aumento dei costi del 25% a causa dell’impennata dei tassi d’interesse della Banca centrale europea, il numero dei mutui green nel 2022 è cresciuto del 324%, secondo MutuiOnline.it.

Questa crescita impetuosa, anche se fa ben sperare in una prospettiva di medio termine, non si è però ancora tradotta in quote massicce di mercato nel breve termine.

Nel 2022 la richiesta di questo tipo di finanziamento è stata pari al 7% del totale e chi ha presentato domanda ha cercato di ottenere, in media, circa 150.000 euro, vale a dire circa l’11% in più rispetto ai mutui tradizionali, secondo l’osservatorio congiunto Facile.it e Mutui.it.

La prima regione per percentuale di mutui green sul totale delle domande presentate nel 2022 è risultata il Trentino-Alto Adige con il 10,51%, seguita dal Friuli-Venezia Giulia con l’8,68%, dall’Umbria con il 7,81%, dalla Sicilia col 7,63% e dalla Lombardia, quinta con il 7,62%.

La quota dei mutui green potrebbe aver toccato mediamente il 10% nei primi mesi del 2023, secondo fonti bancarie.

“Non tutte le banche, comunque, applicano la scontistica per mutui green attualmente, solo alcune di quelle più grandi”, ci ha detto la promotrice creditizia di 24MAX.

L’effetto della direttiva Ue sugli edifici

La Direttiva europea sulle prestazioni energetiche degli edifici (EPBD) è stata approvata a marzo dal Parlamento europeo e a inizio giugno ci sono stati i primi negoziati ufficiali fra Parlamento, Consiglio e Commissione europea. Il cosiddetto “trilogo” si riunirà di nuovo a fine agosto per giungere a un testo definitivo.

Attualmente, la direttiva prevede che gli immobili residenziali dovranno raggiungere la classe energetica E entro il 2030 e la classe energetica D entro il 2033. Gli altri edifici, invece, dovranno arrivare alla classe E a partire dal 2027 e alla D dal 2030, mentre tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028 (Direttiva edifici, via libera dall’Europarlamento: cosa prevede).

Vari Paesi, fra cui l’Italia, hanno contestato tali tempistiche, ritenute irrealistiche, e spingono per una serie di modifiche. Ricordiamo che la direttiva già prevede la deroga dall’obbligo di adeguarsi alla norma per gli immobili sotto i 50 metri quadrati, gli edifici storici, quelli religiosi e le abitazioni in cui si risiede meno di quattro mesi l’anno.

Ma a prescindere dall’esito finale dei negoziati la direttiva sembra avere già sortito qualche effetto sul fronte dei mutui, sebbene in misura un po’ diversa, fra banche e consumatori.

“Ora che siamo in dirittura d’arrivo, molte banche lentamente stanno aderendo e quindi attuano una mossa commerciale rispetto a chi applica la scontistica maggiore. Al grosso pubblico, a livello informativo dei mass media, invece, non è ancora arrivata questa consapevolezza, non ha attecchito ancora, anche se manca poco alla direttiva”, ha detto Caccavale.

“È stata sicuramente un’ottima mossa incentivare l’efficientamento energetico legandolo al valore delle case ed è ottimo legarlo al discorso dei mutui verdi, che alle banche interessa perché un immobile cauzionale che vale di più mette più al sicuro le banche in caso d’asta”, ha aggiunto la promotrice creditizia.

Qualcosa, seppur ancora troppo lentamente, sembra insomma muoversi, non solo fra le banche, ma anche fra i proprietari di immobili.

“Noto la differenza tra il prima, quando le domande di mutuo, per anni, arrivavano tutte per delle classi G, e adesso che cominciano a essere su classi energetiche più alte. Soprattutto il nuovo ormai è tutto in classe A e B; è sicuramente un ottimo risultato, anche se ci sono voluti 10-15 anni dall’istituzione dell’Attestato di prestazione energetica”, ci ha detto Caccavale.

L’Italia dovrà fare più in fretta questa volta visto che la prima scadenza della direttiva EPBD è fra meno di sette anni, fatte salve nuove eventuali deroghe.

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