Mobilità sostenibile nei piccoli comuni: le criticità dei bandi regionali

Pochi bandi ad hoc, criteri di valutazione mal definiti, canali di comunicazione tra Regione e Sindaci non diretti. Le difficoltà per una mobilità sostenibile nei comuni con meno di 5mila abitanti.

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In Italia ci sono circa 5.500 piccoli comuni con meno di 5mila abitanti, cioè quasi il 70% dei comuni italiani: sperimentare e adottare misure di mobilità sostenibile in queste piccole realtà è fondamentale, ma anche molto complicato (Come realizzare piani di mobilità sostenibile per i piccoli Comuni).

Oltre alla forte dipendenza dall’auto e a un trasporto pubblico carente, c’è un ridotto e poco qualificato personale e scarse risorse economiche per pianificare e investire nella mobilità.

I Sindaci sono spesso costretti a ricorrere a risorse esterne all’amministrazione, con personale più competente e contributi regionali e comunitari.

Abbiamo chiesto a Barbara Petroni, sindaca del comune laziale Roccasecca dei Volsci (1.127 abitanti) di raccontarci la sua esperienza con i bandi regionali e, più nel dettaglio, di un bando lanciato lo scorso anno dalla Regione Lazio che assegnava uno scuolabus elettrico ai comuni con meno di 5mila abitanti.

Sindaca Petroni, prima di entrare nel merito dei bandi regionali, perché i Piani Urbani della Mobilità Sostenibile, i PUMS, nei piccoli comuni sono ancora poco diffusi?

Per i piccoli comuni è molto difficile dotarsi di Piani Urbani della Mobilità Sostenibile perché spesso manca personale qualificato. Occorrerebbe più formazione, un maggior numero di dipendenti e risorse.

In che modo si potrebbe facilitare la redazione dei PUMS nei piccoli comuni?

La chiave potrebbe essere pensare a PUMS intercomunali. Un piano simile nella nostra zona permetterebbe di abbatterebbe i costi e garantire uno studio più completo del territorio. L’ideale sarebbe avere PUMS allargati a 10 o 15 piccoli comuni limitrofi, mettendo a disposizione figure professionali in grado di sostenere anche i comuni a corto di personale.

Con quali fondi potete realizzare o sperimentare misure di mobilità sostenibile?

Sono soprattutto fondi europei. Negli anni ci sono stati pochi bandi regionali e con poche risorse disponibili; ricordo un bando della Regione Lazio che assegnava contributi ai piccoli comuni per acquistare scuolabus elettrici e un altro per le colonnine di ricarica. Ma è veramente molto poco. Quindi attingiamo soprattutto da risorse europee, che sono poi quelle più difficili da intercettare da noi piccoli comuni perché, appunto, abbiamo un personale non preparato a rispondere a questi bandi che sono molto tecnici.

Quali criticità riscontrate nel partecipare ai bandi regionali?

Sicuramente i tempi di realizzazione spropositati: il periodo che c’è tra l’accettazione della proposta progettuale e la ricevuta del finanziamento è troppo lungo. Per i finanziamenti più sostanziosi passano almeno cinque anni. A volte non rispondiamo ai bandi perché siamo costretti ad anticipare delle somme che non abbiamo e spesso siamo costretti ad accendere dei mutui. Le somme ci vengono restituite a rendicontazione, ma può succedere che qualcosa vada storto e quindi si ricomincia con la rendicontazione. Insomma, è un meccanismo che non funziona.

Cosa dovrebbe fare l’ente regionale per rendere i bandi più accessibili ai piccoli comuni?

Innanzitutto, dovrebbero esserci bandi costruiti ad hoc per i piccoli comuni, preparati pensando già al contesto territoriale in cui andranno calati, alla morfologia, all’estensione e al numero di abitanti. Faccio riferimento proprio a quel bando per gli scuolabus elettrici che magari le illustrerò più avanti. Secondo me è necessario accelerare i tempi di erogazione dei contributi; anzi, una soluzione potrebbero essere i contributi standard.

Cosa intende per contributi standard?

La regione potrebbe concedere direttamente ai Comuni sotto i 5000 abitanti uno scuolabus elettrico, oppure una colonnina di ricarica, oppure bici elettriche condivise e ciò sarebbe molto più veloce e incentivante. È assurdo che un comune non venga ammesso a contributo solo perché manca una delibera o per un passaggio non firmato, nonostante abbia le stesse caratteristiche degli altri ammessi. Si sa che ormai tutti i comuni dovranno dotarsi di colonnine di ricarica, è quella la direzione. Quindi, dato che i bandi pubblici hanno delle procedure molto lunghe, la Regione dovrebbe ragionare in termini di prossimità: ai comuni con caratteristiche simili dovrebbe assegnare fondi in modo automatico. Ritengo che con questi servizi si invogliano anche le persone che vivono in città a ritornare nei piccoli centri.

Come venite a conoscenza delle opportunità di finanziamento?

Prevalentemente sono le risorse interne o noi amministratori a cercare nuovi incentivi. Ogni tanto qualche tecnico esterno ce li propone e quindi, con un piccolo incarico, riusciamo ad accedere ai bandi.

Quindi non esiste un canale diretto interno, tra Amministrazione Regionale e Comunale, con cui comunicare i nuovi incentivi…

Esatto, se non vai a guardare il Bollettino Ufficiale Regionale non vieni a conoscenza dei bandi. Riceviamo queste informazioni grazie alla newsletter o tramite il passaparola con altri Sindaci. Con gli strumenti che abbiamo oggi sarebbe semplicissimo stabilire una comunicazione diretta. E parlo di informarci su incentivi non solo a favore degli enti pubblici, ma anche dei cittadini e delle imprese ubicate nei piccoli comuni.

Lo scorso anno la Regione Lazio aveva aperto una manifestazione d’interesse rivolta ai piccoli comuni per beneficiare dei finanziamenti per l’acquisto di scuolabus elettrici. Tra i 175 comuni in graduatoria c’è anche Roccasecca dei Volsci. A che punto siamo?

Premetto che il territorio di Roccasecca dei Volsci non è pianeggiante, anzi ha molte pendenze. Nella prima tranche del bando non siamo rientrati perché la graduatoria arrivava orientativamente a 50 Comuni, e noi eravamo circa all’ottantesimo posto. Poi la misura è stata rifinanziata e siamo rientrati tra i comuni vincitori. Ma il problema è sorto successivamente: ci hanno chiamato dalla Regione per chiederci che tipo di dislivelli aveva il Comune e quale autonomia potesse avere uno scuolabus elettrico. Gli abbiamo mandato tutta la documentazione, ma non ci hanno fatto sapere più niente e sottolineo che la graduatoria è stata pubblicata a luglio dell’anno scorso.

Secondo lei come mai questo bando è in stallo?

Penso che il bando sia stato costruito male dal principio per diversi motivi, ma soprattutto perché i criteri scelti per valutare le proposte erano poco adatti e non è stato scelto in anticipo il modello di scuolabus elettrico da finanziare, rallentando il tutto.

Riguardo ai criteri, potrebbe spiegarci meglio?

Per esempio, il bando prevedeva un punteggio maggiorato per i comuni che partecipavano aggregati. Ma se il mio comune deve utilizzare lo scuolabus elettrico per accompagnare i bambini a scuola, non si può aggregare a un altro Comune che deve offrire lo stesso servizio con lo stesso mezzo. Sarebbe impossibile, visto che sono tanti i bambini, anche quelli dell’altro comune, che devono entrare a scuola alla stessa ora.

Invece, cosa mi dice del problema del criterio di scelta dello scuolabus elettrico?

Quando siamo entrati in graduatoria ancora non si era deciso il tipo di mezzo da finanziare. La Regione voleva scegliere il tipo di scuolabus elettrico in base alle caratteristiche dei Comuni vincitori del bando. Ma per velocizzare la procedura la Regione Lazio avrebbe dovuto scegliere a priori due modelli di scuolabus elettrici: uno che andasse bene per i Comuni pianeggianti e un altro più adatto per i territori collinari. In questo modo sarebbe stato più facile anche definire quanti comuni ammettere in graduatoria. Se si opta per un modello che costa 75mila euro, posso ammettere a contributo un certo numero di comuni, se invece si sceglie uno scuolabus da 200mila euro, ovviamente coprirò meno amministrazioni locali.

Con questo bando la Regione assegna uno scuolabus elettrico: Ma come lo ricaricate?

Questo è un altro punto debole dei criteri valutativi di questo avviso. Nel caso di Roccasecca dei Volsci il problema non c’è perché abbiamo già una colonnina di ricarica elettrica. Ma ci sono casi di comuni ammessi in graduatoria che non l’hanno ancora e per i quali la prima colonnina di ricarica dista circa 12 km. Quindi l’autista dello scuolabus elettrico per ricaricare il mezzo dovrà percorrere ogni volta questa distanza e aspettare i tempi di ricarica. Se nel bando si fosse data la priorità ai Comuni già dotati di una colonnina, tutto sarebbe stato più rapido. Per esempio, si potrebbe assegnare lo scuolabus elettrico ai primi 50 comuni in graduatoria che abbiamo già una colonnina nel loro territorio.

Come si organizza un piccolo comune per preparare un progetto di richiesta di finanziamento?

Oggi per noi è molto più facile partecipare rispetto al passato, grazie alla Rete dei Comuni e ai Gruppi di Azione Locale. È più probabile che un tecnico professionista si interessi a presentare una proposta progettuale che coinvolga più comuni piuttosto che un comune singolo. La cooperazione è un vantaggio perché ci permette di accedere al finanziamento, anche se poi le risorse che spettano ai piccoli centri sono sempre piuttosto contenute.

Per concludere, dato che i fondi regionali sono essenziali per realizzare interventi concreti di mobilità sostenibile nei piccoli comuni, gli enti regionali dovrebbero realizzare bandi dando maggiore attenzione ai criteri utilizzati per l’attribuzione dei punteggi. In questo modo si potrà garantire un’attuazione più rapida delle misure di finanziamento.

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