Gestione spazi marittimi, Italia deferita alla Corte Ue

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La decisione della Commissione europea per il ritardo italiano nel definire i relativi piani. Così si rischia anche di rallentare lo sviluppo dei parchi eolici offshore.

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L’Italia non ha recepito correttamente la direttiva Ue 2014/89 sulla pianificazione dello spazio marittimo.

Questa la motivazione che ha portato oggi la Commissione europea a deferire il nostro Paese alla Corte di giustizia dell’Ue.

Il ritardo italiano, tra le altre cose, rischia di frenare lo sviluppo dei parchi eolici offshore nelle nostre acque, oltre alla potenziale cooperazione transfrontaliera per progetti comuni in questo settore, dove c’è un potenziale stimato in parecchi GW.

Mentre si attende l’uscita del decreto Fer 2 con gli incentivi per le fonti rinnovabili meno competitive in termini di costi, tra cui appunto l’eolico in mare, che dovrebbe dare maggiore impulso agli investimenti.

Come evidenzia Bruxelles in una nota, la direttiva “definisce un approccio comune” che consente agli Stati membri “di pianificare e organizzare in modo sostenibile le attività umane nelle zone marine”.

La normativa europea, si spiega, punta a conseguire diversi obiettivi ecologici, economici e sociali, come l’utilizzo sostenibile delle risorse marine, la conservazione degli ecosistemi e la tutela della biodiversità.

Tra i passaggi più importanti della direttiva in tema di risorse energetiche, da citare il seguente (art. 5, comma 2; corsivo e neretti nostri):

“Mediante i rispettivi piani di gestione dello spazio marittimo, gli Stati membri mirano a contribuire allo sviluppo sostenibile dei settori energetici del mare, dei trasporti marittimi e del settore della pesca e dell’acquacoltura, per la conservazione, la tutela e il miglioramento dell’ambiente, compresa la resilienza all’impatto del cambiamento climatico. Gli Stati membri possono inoltre perseguire altri obiettivi, quali la promozione del turismo sostenibile e l’estrazione sostenibile delle materie prime”.

Tra le attività, gli usi e gli interessi che si possono includere nei piani di gestione, si citano anche “impianti e infrastrutture per la prospezione, lo sfruttamento e l’estrazione di petrolio, gas e altre risorse energetiche, di minerali e aggregati e la produzione di energia da fonti rinnovabili (art. 8, comma 2).

La direttiva, precisa poi la Commissione Ue, imponeva agli Stati membri costieri di elaborare i piani per gestire gli spazi marittimi entro il 31 marzo 2021 e di comunicarli alla Commissione stessa e agli altri Stati interessati, entro tre mesi dalla loro pubblicazione.

Cosa che l’Italia finora non ha ancora fatto.

Pertanto, dopo aver inviato una lettera di costituzione in mora a dicembre 2021 e un parere motivato ad aprile 2023, la Commissione ha deciso di compiere l’ultimo passo della procedura d’infrazione, cioè deferire l’Italia alla Corte di giustizia.

La pianificazione dello spazio marittimo, ricorda ancora Bruxelles, deve tener conto delle interazioni tra le attività a terra e in mare, creare sinergie e promuovere la cooperazione transfrontaliera tra gli Stati membri, con particolare riguardo anche allo sviluppo delle energie rinnovabili e alla posa di condotte e cavi sottomarini.

L’Italia ha recepito la direttiva 2014/89 con il D.lgs. 201/2016, che ha istituito un tavolo interministeriale di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio e un comitato tecnico presso il ministero dei Trasporti.

Si è poi arrivati a una consultazione pubblica sulle bozze dei piani marittimi, che si è chiusa a ottobre 2022 e i cui risultati, si legge sul sito del ministero, sono “in elaborazione”.

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