Eolico offshore, la Sicilia candida il porto di Augusta come polo cantieristico

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Il governatore Renato Schifani avanza la proposta, in attesa dell'avviso per le manifestazioni d'interesse da parte del Mase.

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L’Italia batte un altro colpo sull’eolico offshore: in concomitanza con il via libera del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase) al primo progetto flottante, quello di 7 Seas Med da 250 MW che sorgerà al largo di Marsala, la Regione Sicilia ha deciso di candidare il porto di Augusta come polo cantieristico, nell’ambito del bando previsto dal dl Energia.

Il decreto, ricordiamo, promuove specifiche misure di sostegno agli investimenti nel Sud Italia, mediante la creazione di un polo strategico nazionale “nel settore della progettazione, della produzione e dell’assemblaggio di piattaforme galleggianti e delle infrastrutture elettriche funzionali allo sviluppo della cantieristica navale per la produzione di energia eolica in mare”.

Il Mase dovrebbe pubblicare a breve un avviso per raccogliere manifestazioni di interesse, per individuare almeno due porti del Mezzogiorno (o aree portuali limitrofe ad aree nelle quali è in corso l’eliminazione graduale dell’uso del carbone).

La decisione sul porto di Augusta è stata presa il 22 marzo in una riunione tra il presidente della Regione Sicilia Renato Schifani e i rappresentanti delle Autorità di sistema portuale dell’isola. Una nota emessa al termine dell’incontro, citata dalla stampa locale, parla di Augusta come “candidatura unica”.

Il secondo porto da individuare, come da disposizioni del dl Energia, potrebbe essere quello di Taranto, ma c’è anche l’opzione Brindisi, che ha il doppio requisito di trovarsi al Sud e di ospitare una centrale a carbone. Un’ulteriore soluzione potrebbe essere Civitavecchia, nelle cui acque la joint-venture tra GreenIT (Eni-Cdp) e Copenhagen Infrastructure Partners ha in progetto un parco da 500 MW.

La pubblicazione dell’avviso da parte del Mase, ha rassicurato il ministro Gilberto Pichetto in audizione alla commissione Attività produttive della Camera lo scorso 20 marzo, dovrebbe arrivare “in tempi brevi”. A quel punto, le Autorità di sistema portuale potranno fare le proprie proposte; il ministero avrà poi 90 giorni per valutare le manifestazioni di interesse e pubblicare assieme al Mit il decreto che individuerà le aree prescelte.

L’Italia avrebbe un enorme potenziale da sfruttare nell’eolico offshore, ma alcune criticità ne rallentano lo sviluppo. Secondo uno studio condotto da The European House – Ambrosetti e pubblicato lo scorso febbraio, la mancanza di un quadro normativo e regolatorio stabile a lungo termine (indispensabile per abilitare i nuovi investimenti e velocizzare gli iter autorizzativi) e le difficoltà ad attrezzare i porti con cantieri e logistica adeguati sono le principali criticità.

Il Pniec fissa in 2 GW l’obiettivo di eolico offshore installato al 2030. Un “numero timido” secondo Simone Togni, presidente di Anev (Associazione nazionale energia del vento), intervenuto sull’argomento alla fiera KEY Energy di Rimini di fine febbraio.

Peraltro l’Italia, date le caratteristiche dei suoi fondali marini, dovrà puntare principalmente sulle turbine eoliche con fondazioni galleggianti, più costose. In quest’ottica sarà fondamentale l’atteso decreto Fer 2, che prevede un contingente di 3,8 GW di eolico offshore per il 2024-2028, con la novità, inserita nella bozza circolata a gennaio, che potranno partecipare alle aste anche gli impianti con fondazioni fisse se realizzati ad almeno 12 miglia nautiche dalle coste.

Attualmente in Italia la citata joint-venture tra GreenIT (Eni-Cdp) e Copenhagen Infrastructure Partners sta lavorando a quattro progetti: oltre a quello già citato nel Lazio, ce ne sono tre in Sardegna, per un totale di oltre 2 GW.

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