La Germania manterrà in vita le centrali a carbone dopo il 2030?

Dopo le dichiarazioni del ministro delle Finanze tedesco sull’opportunità di prolungare la vita delle centrali a carbone, ci si chiede che scelte farà la Germania.

ADV
image_pdfimage_print

Hanno fatto rumore negli ultimi giorni le dichiarazioni in materia di politica energetica di Christian Lindner, ministro tedesco delle Finanze e leader dei liberal-democratici della Fdp.

“Finché non sarà chiaro che l’energia è disponibile e conveniente, dovremmo smettere di sognare di eliminare gradualmente l’energia a carbone entro il 2030. Questa data non è comunque utile per il clima, poiché le emissioni di CO2 risparmiate in Germania potrebbero essere prodotte anche in Polonia, ad esempio, a causa delle normative europee”, ha detto il ministro, parlando al quotidiano Kölner Stadt-Anzeiger, in un’intervista pubblicata il 31 ottobre.

L’attuale coalizione di governo tedesca, formata da Fdp, socialdemocratici e verdi, prevede nel proprio programma di abbandonare il carbone “idealmente” nel 2030, dopo essere uscita dal nucleare quest’anno.

Quanto peso è giusto dare alle dichiarazioni di Lindner? La Germania potrebbe effettivamente modificare il suo programma energetico?

Per cercare di capire meglio la situazione, è utile contestualizzare le affermazioni del ministro. Sarà bene anche non dimenticare quell’ “idealmente” con cui il governo tedesco si è tenuta aperta una scappatoia per l’eventuale uso del carbone anche dopo la fine del decennio.

Il contesto delle dichiarazioni di Lindner

Lindner ha espresso la sua considerazione sulla possibilità di tenere aperte le centrali a carbone anche dopo il 2030 rispondendo a domande di carattere economico-finanziario, l’ambito di cui è direttamente responsabile.

In particolare, la considerazione sul possibile prolungamento in vita delle centrali a carbone è giunta in risposta alla domanda se fosse favorevole a un prezzo calmierato della corrente per le industrie.

“Accolgo con favore il fatto che il ministro federale dell’Economia, Robert Habeck, stia affrontando il problema del livello dei prezzi dell’energia. Tuttavia, non possiamo garantire la competitività dell’economia con sussidi che i cittadini devono pagare. In parole povere, l’energia è costosa quando è scarsa. Ecco perché non è il momento di spegnere le centrali elettriche”, sono state le parole di Lindner, subito prima di quelle sulle centrali a carbone.

Subito dopo il commento sulle centrali a carbone, il ministro ha aggiunto che “dobbiamo facilitare l’espansione delle energie rinnovabili più rapidamente. La produzione nazionale di gas deve essere intensificata. In generale, non si può risolvere la scarsità fisica con il denaro”.

Lindner ha quindi aggiunto di essere disponibile l’anno prossimo a continuare la cosiddetta perequazione di picco (Spitzenausgleich), cioè lo sgravio dall’imposta sull’elettricità e sull’energia per gli energivori che abbiano adottato un sistema di gestione dell’energia. Questo, però, a condizione che “la coalizione sia disposta a cancellare altri aiuti finanziari”.

Lindner ha concluso questa parte dell’intervista affermando che si prospetta in Germania un maggiore bisogno di nuove centrali a gas come riserva nel mix energetico, e aggiungendo: “Ma la domanda è come si possa ottenere questo risultato in un’economia di mercato così efficiente che i prezzi dell’elettricità non continuino a salire. C’è ancora molto lavoro da fare”.

Questione finanziaria vs questione energetica

Il contesto allargato appena citato serve a sottolineare che la preoccupazione di Lindner non è di carattere energetico o climatico, ma economico-finanziario.

La notazione iniziale sulla CO2 risparmiata in Germania che riemergerebbe in Polonia, a causa delle assegnazioni dei permessi di emissione nel sistema ETS, sembra un’argomentazione un po’ di comodo, non del tutto sincera.

Il ministero dell’Economia tedesco ha, infatti, ripetutamente affermato che intende eliminare le quote ETS liberate dall’uscita tedesca dal carbone per evitare che possano essere assegnate ad altri.

Da ministro liberale delle finanze, carbone, gas e rinnovabili pari sono per Lindner, purché i prezzi della corrente non continuino a salire e non pesino sulle spalle dei contribuenti tedeschi con sussidi eccessivi.

Chiaramente, le priorità di Lindner dovranno trovare un punto di equilibrio con quelle degli alleati verdi e dei socialdemocratici, che potrebbero spingere per dismettere il carbone nei tempi previsti. Ma, se quella economico-finanziaria è la preoccupazione più urgente del ministro nel prefigurare il possibile prolungamento in vita delle centrali a carbone, vale la pena menzionare alcune cose.

Fondi non spesi

I costi per i sussidi tedeschi a consumatori e imprese per fare fronte al caro-energia degli ultimi due anni si sono rivelati molto più bassi del previsto.

Il budget stanziato per finanziare il tetto ai prezzi dell’elettricità e del gas in Germania durante la crisi energetica è infatti in buona parte ancora intatto, secondo i dati dello stesso ministero tedesco delle Finanze, elaborati da Table.Media.

Degli 83 miliardi di euro accantonati per la risposta alla crisi energetica, infatti, solo 32 miliardi sono stati utilizzati, cioè circa il 38%. Vista tale disponibilità, il governo tedesco ha deciso di prorogare la scadenza della misura dal 31 dicembre 2023 al 30 aprile 2024.

Pur con tale proroga, alla fine di aprile dovrebbero rimanere in dotazione circa 50 miliardi di euro. Il ministero delle Finanze ha già reso noto che i fondi non utilizzati saranno aggiunti alla riserva del fondo di stabilizzazione economica.

Le risorse non spese del salvadanaio energetico tedesco dovrebbero aiutare la Germania ad attraversare relativamente indenne l’incrocio sempre pericoloso fra finanza pubblica e sostenibilità della bolletta nazionale, pur con tutte le cautele ispirate da una situazione geopolitica molto incerta.

Consumi ai minimi

Sul fronte della domanda, il consumo di energia primaria in Germania dovrebbe toccare un minimo storico quest’anno a causa della persistente debolezza dell’economia tedesca, secondo le previsioni del servizio dati AG Energiebilanzen.

Si prevede in particolare che il consumo di energia nel Paese scenderà a 10.784 petajoule (PJ) entro la fine dell’anno. Ciò rappresenta un calo dell’8% rispetto al 2022 e sarebbe un dato inferiore del 28% dal picco del 1990. Si supererebbe così il dato dell’anno scorso, quando il  consumo di energia in Germania aveva già raggiunto il livello più basso dalla riunificazione del Paese, con 11.750 PJ.

La frenata della locomotiva tedesca non farà certo piacere a Berlino, ma da un punto di vista della sostenibilità della bolletta energetica, minori consumi consentono di ricorrere di meno agli impianti a carbone e gas, che tendono a coprire in misura maggiore i picchi di domanda.

Anche in questo caso, se da una parte il rallentamento dell’economia diminuirà le entrate dello Stato, dall’altra i minori consumi, almeno nel breve-medio periodo, diminuiranno in misura simile anche la necessità di esborsi pubblici a carico dei contribuenti per sussidiare consumi in calo.

Timori climatici

Frattanto, i cittadini tedeschi sembrano sempre più scettici sul raggiungimento degli obiettivi climatici per il 2030, secondo l’edizione autunnale del sondaggio Energy Radar della società di consulenza EY.

Il 77% degli intervistati dubita che l’obiettivo di coprire l’80% dei consumi elettrici con le rinnovabili entro la fine del decennio sarà raggiunto, in aumento di sei punti percentuali rispetto al sondaggio estivo.

Lo stesso scetticismo dei cittadini tedeschi era già stato espresso su basi scientifiche e quantitative lo scorso agosto dall’Agenzia federale per l’ambiente (UBA).

La Germania non raggiungerà i suoi obiettivi climatici per il 2030 e il 2045 senza misure aggiuntive, nonostante i notevoli progressi compiuti, aveva avvertito l’agenzia nel suo rapporto sulle proiezioni delle emissioni per il 2023.

Nel migliore dei casi, la Germania emetterà fino al 2030 circa 200 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti in più rispetto a quanto consentito dalla Legge tedesca sull’azione per il clima.

È importante notare che in base a tale legge, approvata il mese scorso dopo mesi di discussioni, il governo tedesco dovrà presentare un pacchetto di politiche climatiche più incisive se, per due anni di seguito, le proiezioni mostreranno che il Paese non è in grado di raggiungere i propri obiettivi. Il contrario, cioè, di un prolungamento in vita delle centrali a carbone

Conclusioni

Visto quanto accennato finora, per come stanno le cose oggi, pare non molto coerente, non necessario e perfino controproducente rispetto a norme e obiettivi recenti dello stesso esecutivo, puntare sull’allungamento della vita delle centrali a carbone oltre il 2030.

Sarebbe allora stato più logico mantenere in vita le centrali nucleari. Se la Germania non l’ha fatto (o lo ha fatto solo per pochi mesi) sulla scia della maggiore crisi energetica dal 1973, presumibilmente non lo farà neanche per le centrali a carbone.

Nel breve-medio termine, queste centrali dovrebbero funzionare ancora meno che in passato. Nel frattempo aumenteranno la capacità rinnovabile e quella di accumulo. Anche le reti faranno qualche passo avanti in termini di potenziamento e flessibilità per fare più affidamento su vento e sole.

E quando l’economia tedesca riprenderà a crescere a ritmi più sostenuti, non solo la capacità delle rinnovabili, ma anche la riforma del mercato elettrico avrà fatto auspicabilmente dei progressi. Questo consentirebbe di remunerare rinnovabili e accumuli in maniera più sostenibile, favorendo maggiori investimenti e diminuendo ulteriormente il ruolo di gas e carbone.

Le probabilità che le centrali a carbone rimangano necessarie oltre il 2030 sembra insomma calare, non aumentare, a meno di un’involuzione della situazione, impossibile da escludere a priori.

ADV
×