Gas protagonista al G7: sì anche al sostegno pubblico per nuovi investimenti

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Continua a mancare un impegno chiaro e vincolante per abbandonare definitivamente il carbone. Le dichiarazioni finali dei leader mondiali che si sono riuniti a Hiroshima, in Giappone.

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Nessuna data per uscire dal carbone, sì anche al sostegno pubblico per nuovi investimenti nel gas, misure per accelerare la diffusione delle fonti rinnovabili.

Il vertice del G7 che si è chiuso ieri, domenica 21 maggio, a Hiroshima, in Giappone, ha dato segnali contrastanti in tema di energia, con il gas protagonista della scena, in linea con il G7 dello scorso aprile.

Mentre l’Agenzia internazionale dell’energia, nel suo nuovo rapporto sullo stato delle industrie delle tecnologie pulite, evidenzia che diverse filiere produttive – tra cui eolico, pompe di calore, elettrolizzatori – sono ancora lontane dalla capacità di produzione richiesta per soddisfare la domanda in uno scenario net-zero (azzeramento delle emissioni) al 2050.

Occorre quindi potenziare le catene globali di approvvigionamento in diversi settori tecnologici, anche per ridurre il dominio cinese.

Tanto che la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha annunciato che la Ue a giugno presenterà una strategia per la sicurezza economica e, inoltre, che contribuirà con 300 miliardi di $ (metà della cifra totale) al piano del G7 per rafforzare gli investimenti in infrastrutture nelle economie emergenti (Partnership for Global Infrastructure and Investment).

La premier italiana, Giorgia Meloni, non ha mancato di sottolineare in una nota che questa iniziativa è “molto simile a quello che noi chiamiamo Piano Mattei per l’Africa […], la nostra idea di come cooperare con i Paesi africani portando investimenti in infrastrutture di connessione, particolarmente sul tema energetico”.

Tornando alle dichiarazioni del “Gruppo dei sette” – Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti più la Ue come invitato permanente – i leader mondiali hanno riconosciuto l’importanza delle forniture di gas naturale liquefatto come “risposta temporanea” agli impatti della guerra in Ucraina (prezzi alti del gas, inflazione, forniture in calo dalla Russia).

Nel comunicato finale del G7, infatti, i Paesi riconoscono che “nella circostanza eccezionale di accelerare la graduale eliminazione della nostra dipendenza dall’energia russa, gli investimenti pubblici nel settore del gas possono essere appropriati come risposta temporanea, soggetta a circostanze nazionali chiaramente definite, se attuati in modo coerente con i nostri obiettivi climatici […] ad esempio assicurando che i progetti siano integrati nelle strategie nazionali per lo sviluppo di idrogeno rinnovabile e a basse emissioni di carbonio”.

Questa spinta sul gas si accompagna all’impegno di raggiungere un mix elettrico pienamente o “prevalentemente” de-carbonizzato entro il 2035. Altro impegno è accelerare l’abbandono delle centrali a carbone prive di tecnologie per abbattere le emissioni di CO2; si punta anche a eliminare i sussidi inefficienti ai combustibili fossili “entro il 2025 o prima”.

Ma sono tutti impegni piuttosto vaghi, non supportati da traguardi vincolanti, misurabili e verificabili. Ad esempio, cosa intende il G7 per mix di generazione elettrica “prevalentemente” de-carbonizzato?

Sul fronte delle rinnovabili, il G7 ha pubblicato un piano d’azione per l’energia pulita in cui si parla di come rendere sempre più competitive le tecnologie green, ad esempio tramite un maggiore coordinamento delle politiche internazionali per il commercio di prodotti a basse emissioni di CO2 e un potenziamento degli incentivi.

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