La produzione industriale di celle solari alla perovskite potrebbe essere più vicina di quanto si pensi: l’azienda svizzera Meyer Burger e la società inglese Oxford PV (nata nel 2010 come spin-off dell’ateneo anglosassone), hanno appena annunciato una collaborazione strategica esclusiva per portare le loro tecnologie sul mercato.
Finora la perovskite è rimasta confinata nei laboratori.
Scienziati di tutto il mondo stanno sperimentando vantaggi e svantaggi di un materiale con certe caratteristiche ottimali per incrementare l’efficienza dei moduli fotovoltaici – una su tutte: la capacità di assorbire uno spettro più ampio della luce solare – ma che presenta notevoli inconvenienti, in modo particolare la velocità con cui si degrada il reticolo cristallino all’interno della perovskite in condizioni “reali” di utilizzo.
Così i ricercatori stanno provando nuove strade per prolungare la vita della perovskite, anche in Italia, dove il Cnr di Catania sta testando delle celle saturate di azoto che dovrebbero resistere più a lungo agli sbalzi di temperatura (vedi qui).
Tornando a Meyer Burger e Oxford PV, il principale obiettivo del loro accordo è produrre celle tandem di silicio-perovskite su scala commerciale entro la fine del 2020, impiegando una linea-pilota da 200 MW con tecnologia a etero-giunzione (HJT, Heterojunction).
Meyer Burger venderà a Oxford PV questa linea, che poi sarà installata nello stabilimento tedesco di Brandenburg an der Havel; inizialmente si punterà a realizzare celle con un’efficienza del 27% ma sappiamo che la stessa Oxford PV ha già raggiunto risultati migliori in laboratorio, stabilendo il primato mondiale a dicembre 2018 con il 28% di capacità di conversione della luce solare.
Certo, quel record è stato ottenuto con una cella di un solo centimetro quadrato; ma ormai non è proibitivo pensare di andare oltre il 30% di efficienza conservando allo stesso tempo la stabilità della perovskite per un numero elevato di ore di funzionamento.
Come ricorda una nota di Meyer Burger che illustra i dettagli della nuova collaborazione, la soluzione tandem silicio-perovskite sposta molto in avanti il limite massimo teorico di efficienza: intorno al 43-44% contro il 29% per le celle “normali” di silicio a singola giunzione.
Ecco perché l’industria del fotovoltaico vede nei nano-cristalli di perovskite una possibile via, molto promettente, per abbattere ancora di più il costo dell’energia elettrica generata con i moduli FV (LCOE, Levelized Cost of Electricity).
Se pensiamo che già oggi, con il fotovoltaico tradizionale, in molti casi si riescono a sviluppare progetti competitivi rispetto alle fonti fossili senza sussidi pubblici, quindi in piena parità di mercato (anche in Italia: vedi qui), si capisce bene perché le aziende del settore siano così interessate all’evoluzione delle architetture tandem, che sommano i punti di forza del silicio con quelli della perovskite.
Meyer Burger, si legge nella nota, metterà a disposizione di Oxford PV le sue tecnologie HJT e SmartWire Connection (SWCT) per connettere la perovskite agli strati sottostanti; inoltre, svilupperà specifiche attrezzature per accelerare la produzione massiccia delle nuove celle e accorciare il più possibile il time-to-market, cioè il tempo necessario all’uscita sul mercato.
Inoltre, l’azienda svizzera acquisirà il 18,8% del capitale di Oxford PV con l’opzione di raddoppiare l’investimento entro la fine del 2020.