L’Europa può ancora unirsi sul tetto al prezzo del gas?

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Il punto dopo il Consiglio Ue Energia e i possibili sviluppi: le richieste italiane, la mossa tedesca con lo scudo da 200 miliardi, lo stop al gas russo da Tarvisio, le incertezze per l'inverno.

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Dopo la fumata nera al Consiglio Ue Energia sul tetto al prezzo del gas, quale direzione prenderà la politica europea contro il caro bollette?

Venerdì scorso, 30 settembre, i ministri hanno approvato il regolamento che prevede una riduzione obbligatoria del 5% dei consumi elettrici nelle ore di picco dei prezzi, un price cap di 180 euro/MWh ai ricavi degli impianti infra-marginali (rinnovabili, nucleare, lignite) e un contributo di solidarietà a carico delle società del settore oil&gas.

Nulla si è deciso, invece, sulla proposta italiana e di altri 14 Paesi di fissare un massimale al prezzo del gas. Ora si parla di definire un corridoio di prezzi indicizzando le quotazioni del gas a una media di indici internazionali.

Intanto, dal primo di ottobre, Gazprom non sta più consegnando combustibile all’Italia.

Verso un inverno di grande incertezza

Approfondiamo allora gli ultimi sviluppi della crisi energetica, partendo proprio dalla chiusura dei rubinetti russi.

Nella sua nota di sabato scorso, Eni scrive che (neretti nostri) “Gazprom ha comunicato di non poter confermare la consegna dei volumi di gas richiesti per oggi a causa della dichiarata impossibilità di trasportare il gas attraverso l’Austria. Oggi, pertanto, i flussi di gas russo destinati a Eni attraverso il punto di ingresso di Tarvisio saranno nulli. Eni si riserva di comunicare eventuali riprese delle forniture”.

Al momento la situazione è invariata.

Gazprom ha imputato le mancate consegne di gas a questioni burocratiche legate a cambiamenti di normative in Austria avvenute a fine settembre.

Va detto che l’Italia stava già importando molto meno gas da Mosca, rispetto a prima della guerra in Ucraina (meno del 10% del totale). Altro elemento da considerare è che il primo di ottobre, per la prima volta nella storia del Tag, il gasdotto da cui transita anche il gas russo al nodo di Tarvisio, si è avuto un flusso netto fisico di gas dall’Italia verso l’Austria (cosiddetto reverse flow).

In altre parole, l’Italia stava esportando gas perché il prezzo del gas sul nostro mercato è sceso repentinamente a settembre, ben sotto i livelli della borsa di Amsterdam, a causa di vari fattori, tra cui l’elevato riempimento degli stoccaggi e la stabilità attuale della domanda (grazie alle temperature miti); si veda l’articolo Discesa repentina del prezzo gas in Italia.

Ma queste dinamiche di mercato, spesso guidate dalle speculazioni a breve termine, non devono far perdere di vista i problemi in cui potrebbe incorrere l’Italia nei prossimi mesi, soprattutto nel caso in cui rimanesse azzerato l’import dalla Russia.

Come evidenziato anche nella Nadef (Nota di aggiornamento al documento di Economia e finanza), in caso di stop totale e prolungato delle forniture russe già da ottobre, si parla di un possibile ammanco di ulteriori 8 miliardi di metri cubi tra fine 2022-inizio 2023 rispetto allo scenario tendenziale.

Per compensare il gap si dovrebbero aumentare le importazioni da altri canali di approvvigionamento e soprattutto ridurre ulteriormente i consumi di famiglie e imprese per almeno 3 miliardi di metri cubi complessivi.

Rimane quindi “profonda incertezza” per l’inverno, si legge nella Nadef (neretti nostri); “lo scenario più plausibile appare quello in cui i flussi di gas dalla Russia verso l’Europa continueranno a rappresentare uno strumento usato strategicamente, mediante ripetuti stop and go delle forniture, al fine di mantenere elevato il prezzo che si forma nei mercati all’ingrosso”.

Germania in fuga dal fronte Ue?

Per quanto riguarda le ipotesi di fissare un tetto al prezzo del gas, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha spiegato che ora si sta lavorando a un “tetto con forchetta”, in pratica un corridoio di prezzo con valori minimi e massimi, indicizzando la quotazione del gas europeo (accantonata quindi l’idea di un price cap sul solo gas russo) a una media di altri indici internazionali.

Il punto è che i prezzi stanno seguendo logiche molto speculative, come si è visto anche dopo le esplosioni del Nord Stream. Pertanto molti Paesi ritengono necessario intervenire per frenare la volatilità del mercato e abbassare i costi del combustibile fossile.

“A tutti è chiaro che c’è una priorità in questo momento che è quella di abbattere il costo del gas. Però c’è anche una seconda priorità, bisogna evitare che facendo un’operazione del genere si crei una mancanza di gas“, ha dichiarato Cingolani dopo il Consiglio Energia.

Intervistato poi domenica (2 ottobre) a “Mezz’ora in più” su Rai3, Cingolani ha confermato che “nei prossimi due o tre giorni, prima dell’incontro dei capi di governo di venerdì, manderemo una decina di linee concordate da tutti i Paesi”, sulla cui base Bruxelles potrà sviluppare una nuova legislazione sul prezzo del gas.

Finora è stata soprattutto la Germania a essere contraria al price cap, preoccupata che una misura di questo genere potrebbe determinare un allontanamento dei fornitori verso altri mercati dove i prezzi sono più alti e una conseguente carenza di volumi per il mercato tedesco, dove c’è una notevole doamnda di metano.

Ha fatto anche discutere la decisione di Berlino, annunciata il 29 settembre (quindi prima del Consiglio Ue), di varare un maxi scudo nazionale da 200 miliardi di euro per sostenere famiglie e imprese riducendo i costi energetici.

Cingolani nei suoi interventi post Consiglio ha cercato di smorzare i toni, assicurando che non ci sono state tensioni con la Germania, ma indubbiamente il piano tedesco è una fuga solitaria che rischia di indebolire il fronte europeo, proprio in una fase che richiederebbe il massimo della compattezza.

“Davanti alle minacce comuni dei nostri tempi, non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali. Nei prossimi Consigli Europei dobbiamo mostrarci compatti, determinati, solidali, proprio come lo siamo stati nel sostenere l’Ucraina”, erano state le parole del premier italiano, Mario Draghi, dopo l’annuncio di Berlino.

I prossimi giorni saranno probabilmente decisivi. Vedremo se e come verrà finalizzata questa idea di un corridoio Ue ai prezzi del gas e quale sarà il ruolo della Germania.

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