Cosa deciderà l’Europa sul tetto al prezzo del gas?

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L'Italia, con altri 14 Stati, torna a chiedere un price cap generalizzato su tutte le transazioni di gas. Ma la Commissione Ue frena. Il "non paper" di Bruxelles alla vigilia del Consiglio Ue Energia.

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La Commissione europea rimane cauta sulla possibilità di fissare un price cap generalizzato sul gas, ma è aperta a diversi interventi per ridurre i costi energetici, tra cui un tetto al prezzo del gas russo, un nuovo benchmark per gli acquisti di Gnl e misure per limitare le influenze del gas nella formazione dei prezzi elettrici.

Questi gli orientamenti di Bruxelles che emergono da un documento ufficioso (non-paper) inviato agli Stati membri, in vista del Consiglio Ue Energia che si terrà domani, venerdì 30 settembre, per discutere le soluzioni alla crisi energetica.

La questione price cap è assai divisiva: sempre in vista del Consiglio straordinario di domani, 15 Paesi hanno inviato una lettera congiunta a Kadri Simson (commissaria Ue Energia), per chiedere nuovamente di introdurre un tetto al prezzo del gas su tutte le transazioni, che siano relative al gas russo o a quello acquistato da altri fornitori.

Ricordiamo che il governo italiano è il principale sostenitore di un tetto Ue ai prezzi per tutte le importazioni di gas (si veda anche Quali sono i possibili esiti del price cap Ue sul gas?)La lettera è stata firmata, oltre che dal ministro italiano della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, dai ministri di Belgio, Bulgaria, Croazia, Francia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna.

Ma la Commissione è molto prudente sul tema.

La stessa Kadri Simson dopo il Consiglio Energia di inizio settembre, aveva sottolineato che un price cap generalizzato comporta diversi rischi per la sicurezza delle forniture europee.

Ad esempio, il Gnl trasportato via mare potrebbe finire verso altri mercati con prezzi più alti, magari in Asia, quindi aumenterebbero le difficoltà per approvvigionarsi di combustibile alternativo a quello russo, proprio nel momento di maggiore bisogno in vista dei mesi invernali.

La proposta italiana prevede che il tetto dovrebbe essere sufficientemente alto rispetto ai prezzi del gas registrati prima dello scoppio della guerra in Ucraina, in modo da essere attraente per produttori ed esportatori.

Inoltre, il valore del cap dovrebbe essere abbastanza elevato anche per continuare a incentivare il risparmio energetico, la diversificazione delle forniture e gli investimenti in tecnologie pulite alternative (rinnovabili, biogas, idrogeno).

Tuttavia, il non-paper di Bruxelles evidenzia altri rischi dovuti a un eventuale price cap su ogni transazione.

Ad esempio, un intervento di tale portata potrebbe limitare i flussi transfrontalieri di gas, perché verrebbero a mancare i segnali di prezzo, necessari a incentivare la circolazione del gas verso gli Stati dove la domanda è più alta.

Il meccanismo potrebbe funzionare solo se venisse creata una nuova entità Ue, capace di sostituirsi al mercato, con il compito di distribuire il gas tra i vari Paesi. Inoltre, bisognerebbe applicare tagli più severi ai consumi, per far fronte a un aumento della domanda, causato dai prezzi più bassi del combustibile.

Ecco perché la Commissione europea pare più propensa a un price cap sul solo gas importato via tubo dalla Russia.

Va detto che la Ue ha ridotto le importazioni dal 40% di prima della guerra al 9% circa, ma con i prezzi alle stelle Mosca ha continuato finora a trarre ingenti profitti dalla vendita del suo gas.

Il documento sottolinea che anche se la Russia chiudesse del tutto i suoi rubinetti, come ritorsione contro il price cap, la Ue sarebbe in grado di passare questo inverno grazie agli stoccaggi e al piano di riduzione dei consumi varato a luglio. Eventuali difficoltà per i Paesi che dipendono totalmente dal gas russo, andrebbero affrontate in modo congiunto e in piena solidarietà.

Tra le altre opzioni in ballo si parla di:

  • separare il mercato del Gnl da quello del gas in arrivo via tubo, creando un apposito benchmark;
  • negoziare prezzi inferiori con i fornitori “affidabili” di gas;
  • disaccoppiare i prezzi elettrici da quelli del gas, come già acconsentito ad alcuni Paesi (Spagna e Portogallo in particolare).

Una strada potrebbe essere quella di fissare un price cap al gas utilizzato nella generazione elettrica, a un livello tale da consentire una riduzione dei prezzi elettrici senza però determinare un aumento complessivo della domanda di combustibile fossile.

Documenti allegati (pdf):

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