Eolico offshore, la prima fonte di generazione elettrica in Europa tra 20 anni?

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Un rapido excursus sul mercato mondiale dell'eolico in mare. La spinta in Cina e la forte riduzione dei costi attesa nei prossimi anni. Le turbine flottanti. L'opposizione in Italia.

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L’energia eolica offshore si è sviluppata nel Nord Europa e vede promettenti sviluppi sia in Cina che negli Usa. In realtà il potenziale globale è enorme e la sua diffusione nel lungo periodo sarà molto ampia.

In Europa sono funzionanti 20 GW, mentre le installazioni in Cina superano i 4 GW.

La potenza media degli impianti eolici installati nel 2020 in Europa è stata di 8,2 MW, ma sono previste macchine con potenze ancora superiori.

Per esempio, la turbina offshore Haliade-X di General Electric è predisposta per potenze di 12, 13, 14 MW. Con un rotore da 220 metri e pale lunghe 107 metri, questa è la turbina offshore più potente finora costruita. Anche Siemens Gamesa, Vestas e la cinese MingYang Smart Energy stanno per sfornare prototipi da 14-16 MW.

Secondo la IEA, l’eolico in mare potrebbe diventare la principale fonte di produzione di energia elettrica in Europa entro una ventina di anni.

Interessante il caso della Polonia, che al momento non ha alcun impianto ma che potrebbe progressivamente eleminare le centrali a carbone proprio grazie all’eolico offshore.

Le installazioni non si sono fermate neanche durante la pandemia. Anzi, gli investimenti sono più che quadruplicati nella prima metà del 2020 rispetto al 2019 grazie al continuo calo dei costi e alla corsa prima della cessazione dei sussidi cinesi alla fine del 2021.

Malgrado un’espansione più lenta quest’anno, la Cina supererà l’Europa alla fine del 2022 per diventare il mercato con la più grande capacità eolica offshore totale al mondo.

Desta sempre più interesse la tecnologia flottante che consente installazioni in acque profonde anche centinaia di metri. Le prime sperimentazioni sono state avviate dalla compagnia petrolifera norvegese Statoil/Equinor che ha sfruttato il know-how acquisito con le piattaforme petrolifere.

Il costo di questa tecnologia è ancora molto elevato, ma si pensa che anch’esso calerà rapidamente.

I parchi eolici flottanti potranno essere collocati a 30-40 km dalla costa consentendo di minimizzare gli impatti visivi, un fattore che ha a lungo bloccato i progetti negli Usa.

Stupisce che in Italia si trovino oppositori tra gli amministratori di alcune Regioni, come la Sardegna, la Sicilia e l’Emilia Romagna, mentre è confortante l’appoggio degli ambientalisti.

In Gran Bretagna invece, l’ex primo ministro britannico Boris Johnson aveva presentato ad aprile 2022 un piano per aumentare la sicurezza energetica del Paese incrementando da 40 a 50 GW la potenza eolica offshore operativa entro il 2030, di cui 5 GW di eolico galleggiante. Un piano che dovrebbe anche aumentare il numero di posti di lavoro puliti nel Regno Unito con 90.000 posti di lavoro nell’eolico offshore entro il 2028.27

Ma sono tutti i Paesi del Mare del Nord ad essere lanciatissimi. Belgio, Danimarca, Germania e Paesi Bassi hanno siglato nel mese di maggio un accordo di cooperazione per sviluppare almeno 65 GW di eolico offshore entro il 2030 e 150 GW al 2050, con annessa produzione di idrogeno. L’intenzione è quella di diventare una “centrale elettrica” verde d’Europa.

Un aspetto particolarmente interessante del nuovo eolico riguarda il fattore di capacità, il parametro che confronta l’energia generata con il massimo producibile con funzionamento continuo a piena potenza, previsto fino al 60%.

Gli attuali impianti nel Mare del Nord hanno un fattore di capacità medio del 40%, ma ci sono parchi eolici con valori particolarmente elevati, come l’Hywind Scotland che ha raggiunto una media annua del 57,1%.

Per fare un paragone, la media della flotta nucleare è attorno all’80%. Ma ci sono situazioni, come ad esempio quella del nucleare francese che a causa di una serie di problemi potrebbe trovarsi con un fattore di capacità nel 2022 analogo o inferiore rispetto quello del parco eolico scozzese.

La possibilità di realizzare una parte di questi progetti senza il sostegno pubblico li rende particolarmente attraenti per i responsabili politici.

Il crollo del prezzo dei parchi eolici ha infatti consentito in casi recenti di non chiedere alcun incentivo. In alcune gare, addirittura, si prevede che le aziende paghino una certa somma per acquisire il diritto a sviluppare i progetti. Una situazione questa dei “prezzi negativi” che è stata contestata dall’associazione europea del settore, ma che è indicativa della progressiva competitività dell’eolico, analogamente a quanto avviene per il fotovoltaico.

Infine, va ricordato un risultato importante per le rinnovabili. Nel mese di giugno 2022, infatti, per la prima volta nella storia, i parchi eolici tedeschi sono stati utilizzati per bilanciare le fluttuazioni della rete elettrica, un ruolo finora attribuito alle centrali termoelettriche o ai sistemi di stoccaggio.

Articolo pubblicato nel report di Symbola “GreenItaly 2022”

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