Le emissioni dal settore fossile in mano alle società statali

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I dati Carbon Majors censiscono 169 imprese attive nella produzione di gas, petrolio, carbone e cemento: il peso maggiore arriva dalla Cina, segnali positivi da Europa e Africa.

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La buona notizia, se vogliamo accontentarci, è che l’Italia è ben poco presente nella “Carbon Majors: 2023 Data Update”, cioè l’ultima rilevazione della piattaforma di dati storici sulle emissioni più grandi produttori al mondo di combustibili fossili e cemento.

Di contro, l’aspetto ben più rilevante è che le emissioni complessive di queste imprese sono aumentate tra 2022 e 2023 dello 0,7%, arrivando a 33,7 Gt/CO2 equivalenti.

Inoltre, è interessante notare che nella top 20 delle aziende censite, 16 sono di proprietà statale e, dunque, riflettono direttamente o indirettamente la politica energetica dei loro Paesi di riferimento.

Carbon Majors è gestita dal think tank globale non-profit InfluenceMap; realtà con sede principale a Londra nata alla vigilia della Cop 2015 di Parigi.

Nell’ultimo aggiornamento riferito a dati 2023 (disponibile in basso) si sottolinea come le società cinesi abbiano contribuito “in modo significativo e più delle aziende di qualsiasi altra nazione”, producendo il 23% delle emissioni globali di CO2 registrate dalla piattaforma; primato detenuto anche nel 2022.

Altra evidenza riscontrata è che nel 2023 il carbone è rimasto la principale fonte di emissioni, contribuendo al 41,1% del totale, continuando un aumento costante dal 2016. Mentre le emissioni dal segmento carbone sono cresciute dell’1,9% (258 Mt/CO2e) dal 2022, dunque, il cemento ha registrato il maggiore aumento su base annua (+6,5%, 82 Mt/CO2e), riflettendo l’espansione della produzione. Al contrario, le emissioni di gas naturale sono diminuite del 3,7% (164 Mt/CO2e) e il petrolio è rimasto stabile con un aumento minimo dello 0,3% (73 Mt/CO2e).

A livello regionale, “Africa ed Europa hanno fatto alcuni progressi nella riduzione delle emissioni, con la maggior parte delle aziende in queste regioni che hanno ridotto per tutti i settori. Tutte le altre regioni hanno visto aumentare le emissioni totali dal 2022”.

Andando nel dettaglio, i primi cinque emettitori di proprietà statale sono Saudi Aramco, Coal India, Chn Energy, National Iranian Oil Co. e Jinneng Group; complessivamente responsabili del 17,4% di tutte le emissioni di CO2 registrate nel 2023.

I primi cinque emettitori di proprietà non statale sono invece ExxonMobil, Chevron, Shell, TotalEnergies e bp, che sommano il 4,9% delle emissioni 2023.

Eni, unica italiana censita, si trova al 34° posto su 180 nella classifica che considera la serie storica 1854–2023 e al 36° posto su 169 nella classifica 2023.

La piattaforma riporta in una nota il commento di Christiana Figueres, segretaria esecutiva della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) tra il 2010 e il 2016: “Le Carbon Majors stanno tenendo il mondo agganciato ai combustibili fossili senza alcun piano per rallentare la produzione. Mentre gli Stati tergiversano sui loro impegni dell’Accordo di Parigi, le aziende statali stanno dominando le emissioni globali, ignorando le disperate esigenze dei loro cittadini. La scienza è chiara: non possiamo tornare indietro verso più combustibili fossili e più estrazione. Invece, dobbiamo andare avanti verso le numerose possibilità di un sistema economico decarbonizzato che funzioni per le persone e il pianeta”.

Inoltre, aggiunge Johan Rockström, direttore dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico, “le emissioni globali di gas serra continuano ad aumentare, con oltre la metà di tutta la CO2 fossile proveniente da sole 36 aziende, come rivelano gli ultimi risultati di InfluenceMap. Una svolta globale non è solo urgente, è essenziale e deve iniziare da questi attori chiave”.

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