Come andrà avanti la politica americana su energia e clima dopo le elezioni di metà mandato?
In attesa dei risultati definitivi del voto di midterm, è evidente che i repubblicani non si sono presi la rivincita che si aspettavano: i democratici mantengono il controllo del Senato, grazie alla rielezione determinante di Catherine Cortez Masto in Nevada, mentre il Congresso pare avviato verso una risicata maggioranza del Grand Old Party, come viene chiamato il partito repubblicano negli Stati Uniti.
Quindi la presidenza di Joe Biden potrà continuare sui binari tracciati in questi due anni, in particolare con la recente approvazione della legge, battezzata Inflation Reduction Act, che è la più grande iniziativa economica e industriale della storia Usa a favore del clima e delle fonti rinnovabili.
Sul piatto ci sono, infatti, 369 miliardi di $ per finanziare in dieci anni diverse misure con cui sviluppare le fonti green, i veicoli elettrici, le politiche di efficienza energetica e quelle per la riduzione delle emissioni inquinanti.
Una fetta consistente del piano sarà impiegata per estendere i crediti di imposta e gli incentivi per le tecnologie pulite, tra cui eolico, fotovoltaico, batterie di accumulo, auto elettriche, pompe di calore.
È prevista la proroga decennale dei programmi Production Tax Credit (PTC) e Investment Tax Credit (ITC), che sono stati il motore fiscale che ha permesso la crescita dei grandi investimenti in parchi eolici e solari.
Gli analisti di Rystad Energy prevedono che il maxi piano di Biden consentirà di aumentare del 40% la potenza eolica e fotovoltaica installata globalmente negli Stati Uniti entro il 2030, con 155 GW di capacità aggiuntiva e investimenti addizionali per oltre 270 miliardi di $ nei prossimi 8-10 anni.
La legge punta poi a tagliare le emissioni di CO2 del 40% circa entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005; in sostanza, ciò farebbe avvicinare moltissimo gli Usa al target di ridurre complessivamente le emissioni del 50-52% entro la fine di questo decennio, in base agli accordi di Parigi sul clima.
Ricordiamo che Donald Trump a giugno 2017 aveva fatto uscire gli Usa dagli accordi siglati nella capitale francese nel 2015, mentre Biden, tra i suoi primi atti alla Casa Bianca, aveva deciso di far rientrare il Paese in quella intesa internazionale.
Una eventuale riscossa repubblicana nelle elezioni di Midterm avrebbe rischiato di affossare o quantomeno rallentare gli aiuti finanziari per il clima e le rinnovabili, riportando la politica americana più vicino alle posizioni di Trump.
Invece la tenuta democratica dovrebbe consentire a Biden di tenere la barra più dritta sul supporto alla green economy.
Sul fronte geopolitico, il presidente Usa potrà far valere il ruolo americano nei negoziati sui cambiamenti climatici in corso in Egitto, a Sharm El-Sheikh.
Nel suo discorso alla Cop 27, Biden ha rimarcato che gli Stati Uniti raggiungeranno i loro obiettivi per ridurre le emissioni al 2030 e che faranno la loro parte per evitare un “inferno climatico”, quello da cui ha messo in guardia il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
Biden ha poi annunciato, sempre in occasione della Cop 27, una serie di misure e iniziative, tra cui:
- raddoppio da 50 a 100 milioni di $ del contributo americano al Fondo per le misure di adattamento climatico (Adaptation Fund);
- aggiornamento del piano nazionale per ridurre le emissioni di metano, con oltre 20 miliardi di $ di investimenti previsti, ad esempio per bonificare i pozzi esauriti e migliorare gli impianti del comparto oil & gas;
- pacchetto finanziario da 500 milioni di $ insieme con Germania e Unione europea per finanziare la transizione energetica in Egitto, puntando a realizzare 10 GW di rinnovabili al 2030 e mettere offline 5 GW di vecchie centrali a gas.
In sostanza, la climate agenda di Biden è sopravvissuta alle elezioni di medio termine: resta da vedere se i democratici avranno la forza e la determinazione di portarla avanti senza cedere troppo ai compromessi con la fortissima lobby fossile.
Le aziende oil & gas cercheranno soprattutto di ottenere autorizzazioni più rapide per potenziare le infrastrutture – gasdotti, terminali Gnl – ed espandere le loro attività.
Con la crisi energetica europea, gli Stati Uniti hanno aumentato moltissimo le esportazioni di gas naturale liquefatto verso i mercati Ue; lo stesso Biden ha sostenuto il ruolo crescente degli Usa nello scacchiere globale delle forniture di energia, anche in contrapposizione alla Russia di Putin.
La sfida insomma si giocherà tra spinta verde e braccio di ferro con le multinazionali del gas e del petrolio.