Ecobonus, la delusione della Legge di Bilancio e quel che si potrebbe fare

La mera proroga di un anno delle detrazioni tradisce le promesse del Contratto di governo, ma ci sono ampi spazi di intervento. L'opinione di Virginio Trivella, coordinatore del Coordinatore del Comitato tecnico scientifico di Rete Irene.

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La legge di Bilancio 2019 è stata promulgata e, sul fronte della tutela ambientale, pare che a nulla siano serviti i severi moniti dell’IPCC sui cambiamenti climatici e i disastri avvenuti di recente anche a casa nostra (vedi QualEnergia.it, Tutto sulla Legge di Bilancio 2019 e Tutto su detrazioni per la casa, ndr). Nella concitazione che ha condotto alla sua approvazione, sembra che gran parte del capitolo 4 del Contratto per il Governo del Cambiamento sia stata dimenticata.

Nelle strategie nazionali di sviluppo economico deve considerarsi prioritaria l’adozione di strumenti normativi efficaci atti a promuovere una sempre maggior diffusione di modelli di sviluppo sostenibili, della Green Economy e dell’economia circolare”, si leggeva nel Contratto (neretti nostri).

E ancora: “In tema di contrasto al cambiamento climatico sono necessari interventi per accelerare la transizione alla produzione energetica rinnovabile e spingere sul risparmio e l’efficienza energetica in tutti i settori. È quindi fondamentale potenziare le azioni attualmente considerate a livello nazionale per il contrasto al cambiamento climatico e per la transizione verso modelli sostenibili di economia e gestione delle risorse rinnovabili. È necessario avviare azioni mirate per aumentare l’efficienza energetica in tutti i settori e tornare ad incrementare la produzione da fonti rinnovabili, prevedendo una pianificazione nazionale che rafforzi le misure per il risparmio e l’efficienza energetica e che riduca i consumi attuali.

Giunto all’ultimo momento, il maxiemendamento governativo ha completamente trascurato le promesse del contratto, evitando qualunque confronto con l’opposizione (per la verità, è tradizione che le proposte emendative dell’opposizione siano rifiutate in blocco, a prescindere dal loro merito) ma anche con i parlamentari della maggioranza, declassati di fatto a peones, buoni per stare in parlamento allo scopo di votare (in questo caso la fiducia) senza contare nulla o portare idee nuove.

Così, gli indirizzi della Strategia Energetica Nazionale, scritta dal precedente Governo e giudicata fin troppo debole da molti esponenti dell’attuale, sono stati quasi del tutto disattesi. I due principali target della SEN (decarbonizzare l’edilizia e la mobilità) sono stati rinviati a tempi migliori. Non si possono infatti definire strategici i nuovi provvedimenti per una mobilità meno inquinante (proposti, poi disconosciuti, poi annacquati), né la solita proroga di un anno dell’ecobonus.

Iniziative di spessore sono state del tutto ignorate. Come quella di Rossella Muroni (LeU) a favore dell’attuazione di politiche per lo sviluppo sostenibile e per la green economy con l’istituzione di un contributo ecologico a carico delle emissioni climalteranti, ritenuta probabilmente indigesta per il Popolo viste le conseguenze di una proposta simile in Francia (ma in Svezia un’ecotassa pesante sei volte quella proposta da Muroni esiste senza traumi da due decenni).

O quella di Fabio Pastorino (LeU), per l’istituzione di un «Fondo COP 21 Agenda 2030 ONU» alimentato da risorse derivanti dalla riallocazione dei «Sussidi ambientalmente dannosi» a favore di «Sussidi ambientalmente favorevoli», o quella simile presentata da Riccardo Magi (Gruppo misto). “Il tema sta molto a cuore al Governo ma purtroppo i tempi non sono ancora maturi per un inserimento di tale disposizione nella legge di bilancio”, ha dichiarato la sottosegretaria Castelli , invitando a ritirare l’emendamento e a trasformarlo in un ordine del giorno da presentare in Assemblea. Sennonché in Assemblea l’ordine del giorno è stato respinto dal Governo.

Si replicherà che per queste cose occorre attendere il Piano Clima-Energia (vedi QualEnergia.it, Detrazioni fiscali, Certificati Bianchi, Conto Termico: le riforme tracciate dal Piano Clima Energia, ndr). Gli anni intanto passano e le occasioni perse si sprecano. La riqualificazione del patrimonio edilizio Per quanto riguarda il settore in cui siamo competenti, la legge di bilancio si è limitata a procrastinare lo status quo di un anno (art. 1, comma 67, si veda QualEnergia.it).

In questo campo il Governo del Cambiamento è stato ben più statico del precedente, che qualcosa aveva effettivamente cambiato introducendo l’ecobonus per i condomini e la facoltà di cedere i crediti fiscali.

La proroga di un anno dell’ecobonus non è certo una novità, e non vi era dubbio che sarebbe arrivata anche questa volta, per il semplice motivo che la sua sospensione avrebbe avuto come immediata conseguenza il peggioramento del saldo del bilancio pubblico (si sarebbe interrotto il flusso delle maggiori entrate fiscali dovute ai nuovi interventi incentivati, mentre sarebbero proseguite le minori entrate relative a quelli degli anni precedenti).

Il problema è che, come al solito, sono stati prorogati alle stesse condizioni anche gli incentivi per le ristrutturazioni edilizie che, oltre a sostenere – meritoriamente – l’attività del settore, per come sono congegnati (e come è stato da noi denunciato innumerevoli volte) assecondano la tendenza di molti a scegliere interventi meno costosi che eludono gli obblighi di riqualificazione energetica pur rimanendo lautamente incentivati.

Questo problema grave continua a non essere affrontato ed è favorito anche dall’assenza di controlli da parte delle amministrazioni locali, che pure avrebbero interesse a limitare le emissioni inquinanti sul proprio territorio ma che, evidentemente, evitano di assumere un ruolo impopolare. Così come continuano a restare non affrontati i diversi ostacoli che ancora oggi limitano la fruizione degli incentivi e la diffusione delle riqualificazioni energetiche profonde.

Alcuni emendamenti presentati in Commissione Bilancio del Senato (anche dalla maggioranza) avrebbero potuto perfezionare proficuamente gli incentivi, la cui massima efficacia è irrinunciabile se si vuole affrontare con determinazione la sfida della decarbonizzazione dell’edilizia. Così, un emendamento a firma Gianni Girotto (M5S), pur non affrontando i miglioramenti da noi auspicati, avrebbe introdotto un minimo concetto di stabilità (triennale) del sistema degli ecobonus, oltre all’utile incentivazione delle spese di classificazione e verifica sismica, ancorché limitata alle zone 1 e 2.

Altri emendamenti di minoranza proponevano invece una stabilizzazione in via permanente, per esempio quello di Andrea Ferrazzi (PD) o di Loredana De Petris (LeU). Un emendamento di Cristiano Anastasi (M5S) avrebbe consentito alle ESCO di accedere alle detrazioni fiscali per conto dei loro clienti anche se, a nostro parere, la sua vera potenzialità avrebbe dovuto essere legata alla possibilità di estenderne la fruizione a tutti i soggetti che oggi ne sono esclusi: enti pubblici, ONLUS, soggetti imprenditoriali per immobili non utilizzati direttamente, fondi immobiliari.

Tutti soggetti, peraltro, proprietari di una sterminata quantità di edifici e non dipendenti dalle difficoltà che ostacolano le decisioni condominiali e che, di conseguenza, potrebbero fornire un rapido impulso all’economia. A questo fine sarebbe stata utile l’approvazione di un emendamento di Antonio Misiani (PD) che avrebbe esteso l’applicazione degli incentivi agli edifici di proprietà degli enti del terzo settore e degli enti ecclesiastici, e quello di Donatella Conzatti (FI) che li avrebbe resi fruibili per i soggetti titolari di reddito d’impresa per tutti gli immobili posseduti o detenuti, ancorché non direttamente utilizzati nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, rimuovendo in tal modo una discriminazione operata (per motivi a nostro parere non condivisibili) dall’Agenzia delle Entrate.

Così come sarebbe stata utile l’approvazione dell’emendamento dello stesso Antonio Misiani o l’identico di Massimo Mallegni (FI) che avrebbero conferito valore di legge a un’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate che esclude la responsabilità del cessionario in caso di carenza dei requisiti oggettivi del cedente. L’attuale regime di separazione delle responsabilità è fonte di preoccupazioni per i soggetti interessati all’acquisto dei crediti fiscali, a causa della sua natura interpretativa, sempre passibile di mutazioni.

Infine, un emendamento di Franco Dal Mas (FI) proponeva di consentire il recupero degli incentivi non goduti per incapienza attraverso il prolungamento del periodo di detrazione oltre il decimo anno.

Insomma, anche in questa tornata non mancavano idee che pur non avendo, prese singolarmente, eccezionale portata pratica, avrebbero potuto contribuire ad aumentare il tasso di riqualificazione degli edifici, oggi ancora molto basso. I dati di ENEA certificano che è necessario un incremento di un ordine di grandezza, e su questa esigenza tutte le forze politiche convergono. E invece abbiamo dovuto constatare che, nonostante tale convergenza sia stata espressa dalla Commissione Bilancio del Senato al rappresentante del Governo, il Governo alla fine abbia deciso di soprassedere rigettando tutte le proposte, nonostante il loro evidente impatto positivo sullo sviluppo economico e sull’occupazione.

Nel frattempo, è stata pubblicata la nuova direttiva 2018/2002/UE sull’efficienza energetica che ha fissato nuovi più ambiziosi obiettivi di riduzione dei consumi di energia, nell’alveo della Strategia di decarbonizzazione dell’intera economia che prevede che entro il 2050 l’UE riduca le emissioni di gas a effetto serra dell’80% rispetto ai livelli del 1990.

Va detto, per completezza, che tale obiettivo è già superato dalla nuova Visione strategica presentata a fine novembre 2018 dalla Commissione europea, giusto in tempo per la COP24 di Katowice, che mettendo in primo piano l’urgenza di proteggere il pianeta punta direttamente all’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050. Possibile riduzione dell’80% delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE (100%=1990).

La nuova direttiva rimarca le interrelazioni esistenti (a livello macroeconomico) tra il miglioramento dell’efficienza energetica, la crescita economica, il miglioramento della qualità dell’aria e il contrasto alla povertà energetica. Muovendo dall’evidenza che l’attuale tasso di ristrutturazione degli edifici è insufficiente, sottolinea l’importanza di stabilire una strategia di lungo periodo
per agevolare la ristrutturazione del parco immobiliare nazionale ai fini del raggiungimento dell’obiettivo di decarbonizzazione.

Il contrasto tra i nuovi stimoli comunitari e la staticità del nostro sistema è evidente. Sotto sotto qualcosa si muove? Domani, il 15 gennaio, al Ministero dello Sviluppo economico, dopo quasi 5 anni di gestazione saranno presentate le regole operative del Fondo nazionale per l’efficienza energetica, istituito dal decreto legislativo 102/2014.

È un primo passo per l’attuazione di uno strumento che, secondo la nuova direttiva, potrebbe diventare uno strumento efficace per la lotta alla povertà energetica. Un secondo passo potrebbe essere la sollecita pubblicazione del decreto previsto dalla legge di bilancio (ma del 2018) attuativo della nuova sezione del Fondo dedicata specificamente al rilascio di garanzie su operazioni di finanziamento degli interventi di efficienza energetica incentivati con l’ecobonus, senza le quali gli interventi sugli edifici caratterizzati da situazioni di grave disagio sociale continueranno a restare privi delle risorse necessarie.

Volendo essere propositivi (e ottimisti sulla volontà dei Ministeri di essere propulsori dell’accelerazione del processo), alcuni dei miglioramenti del sistema incentivante proposti dagli emendamenti non approvati potrebbero essere ripresi da un decreto: per questa via potrebbero essere risolte, in chiave estensiva, tutte le questioni interpretative che oggi limitano l’accesso alle detrazioni, così come potrebbero essere adottati rapidamente provvedimenti utili per orientare meglio la loro fruizione ed eliminare i fenomeni elusivi favoriti dalla compresenza di diversi strumenti di incentivazione.

Molti dei nostri suggerimenti potrebbero essere attuati in questo modo. Insomma, non tutto deve passare per forza attraverso le leggi di bilancio, e non necessariamente dovremo attendere un anno per avere i miglioramenti necessari per diffondere più rapidamente l’efficienza energetica. Naturalmente, è altrettanto necessario che i nuovi provvedimenti non pongano ulteriori gravi ostacoli alla moltiplicazione degli interventi, come quelli che sarebbero generati dall’introduzione di nuovi massimali inadeguati. Attendiamo fiduciosi.

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