A partire da domani, 1° settembre 2023, Parigi dice addio ai monopattini condivisi.
Un servizio che, solo con la compagnia Lime, dal 2018 ha permesso di risparmiare oltre 28mila tonnellate di CO2 grazie ai circa 87 milioni di chilometri percorsi.
Questa notizia ci ha fatto riflettere su due aspetti: sullo stato della regolamentazione dell’uso di questi mezzi, e sulle ricadute che si possono avere se si decide di utilizzare veicoli privati invece di quelli individuali condivisi, come ad esempio monopattini o biciclette.
La regolamentazione dell’utilizzo della micromobilità
Ma perché a Parigi si è arrivati a questa drastica decisione? Invece di eliminarli non si poteva regolamentarne l’uso?
Ne abbiamo parlato con Claudio Magliulo, responsabile italiano della Clean Cities Campaign, una rete europea di oltre 80 organizzazioni ambientaliste e della società civile che chiedono una mobilità urbana sostenibile e a zero emissioni, iniziando col chiedergli se il caos dei monopattini parigini, o in altre grandi città europee, si sarebbe potuto risolvere in altri modi…
“A Parigi, come in molte città italiane – spiega Magliulo – il tema dei monopattini in sharing ha non tanto a che vedere con il problema reale del relativo disordine che creano, quanto con quella che dovremmo riconoscere come una guerra culturale contro la mobilità sostenibile e, di riflesso, contro la transizione ecologica. Al referendum consultivo, che ha appoggiato la dichiarata volontà della sindaca Hidalgo di cancellare il servizio, hanno votato appena 100mila persone, l’8% degli aventi diritto al voto. E in tutta la città c’erano solo 200 seggi”.
Quindi è solo una questione culturale?
“Pensi che a Milano si continua a parlare del disordine dei monopattini in sharing, che sono appena 6mila in tutta la città, mentre le 100mila auto parcheggiate ogni giorno in divieto di sosta godono di un’immunità di fatto, dal momento che le sanzioni sono in media poco più del 3% sul totale delle violazioni stimate. Una buona regolamentazione, con aree di parcheggio ben delimitate e sanzioni per gli utenti indisciplinati, è più che sufficiente ad affrontare un problema tutto sommato residuale. Sono state le stesse aziende della sharing mobility a suggerire alle città delle buone pratiche per garantire un servizio affidabile, ordinato ed economicamente funzionale. Basterebbe seguire quelle”.
La scelta di Parigi potrà essere usata come “scusa” da altre città che hanno poca voglia di impegnarsi nella transizione verso la mobilità sostenibile?
“Purtroppo sì. Come abbiamo mostrato anche nel nostro City Ranking 2023: Thank You For Sharing, la mobilità in sharing è essenziale per consentire gli spostamenti del primo e dell’ultimo miglio, in ottica intermodale, rendendo il trasporto pubblico realmente competitivo con l’uso dell’auto privata. I monopattini elettrici e le e-bike hanno funzioni pressoché identiche, a cambiare è in genere la fascia demografica di uso prevalente. A preferire i monopattini sono i giovani e giovanissimi, proprio quelli che bisogna fidelizzare all’uso della mobilità sostenibile. Una ragione in più per non cadere in facili strumentalizzazioni e affrontare il tema in modo pragmatico”.
La differenza tra l’uso di mezzi privati e individuali condivisi
Marco Talluri, del gruppo di lavoro mobilità sostenibile di Kyoto Club, ha marcato un altro aspetto importante: la mobilità in sharing è sempre preferibile anche rispetto a quella privata.
“È indispensabile far crescere la consapevolezza che lo spostamento con mezzi individuali in sharing, come bici o monopattini elettrici, può essere gestito come un servizio da acquistare quando serve e per il tempo necessario. È proprio attraverso la condivisione dei mezzi di trasporto che si possono fare passi da gigante verso un trasporto urbano pulito”, ci ha detto Talluri.
Questa considerazione è stata dimostrata anche dalla ricerca già menzionata da Magliulo dalla quale è emerso che esistono varie soluzioni attuabili subito da tutte le città: servizi di mobilità condivisa ed elettrica, molto più semplici, economici e veloci da attivare rispetto alla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali, come la costruzione di una nuova linea di tram o di una metropolitana.
E il “buon” esempio di Parigi?
D’altro canto c’è chi ritiene che la decisione presa in Francia dovrebbe servire da stura per tutte le città, partendo da Bruxelles, dove c’è il problema della sosta selvaggia dei monopattini: la capitale belga dal 2024 introdurrà un tetto massimo a questi mezzi in sharing (fino a 8.000 unità).
“Liberiamo le nostre città da questo vandalismo urbano mascherato da ecologia”, ha detto Vincenzo Donvito Maxia, presidente dell’Associazione Utenti e Consumatori (Aduc).
“Tutte le città che si sono dotate di questi mezzi – continua Maxia – lo hanno fatto nel nome dell’ecologia… ma si tratta di un ambientalismo da propaganda, perché l’inquinamento non è solo quello delle emissioni, ma è anche traffico, sicurezza, serenità, decoro… tutti elementi che i monopattini spesso non rispettano”. Secondo Maxia l’alternativa ai monopattini sono mezzi pubblici e biciclette, e quest’ultime non elettriche perché altrimenti sarebbero solo dei nuovi monopattini.
Alcune considerazioni finali
Il punto di vista del presidente dell’Aduc potrebbe anche essere condivisibile in casi specifici, come quello di metropoli come Parigi, Bruxelles o Roma, ma il monopattino non deve essere sinonimo di disordine.
Nelle grandi capitali europee, vissute ogni giorno da molte persone, probabilmente è più facile gestire un tipo di mobilità collettiva, e non individuale, quindi utitlizzando mezzi pubblici a zero emissioni in grado di trasportare più utenti (bus elettrici, tram e metro).
Il monopattino in sharing può essere facilmente adattabile alle città medio-grandi, dove gestione e controllo del servizio possono essere più facilitate. Per questo la scelta di Parigi non dovrebbe essere presa dalle altre amministrazioni comunali come scusa per demonizzare la micromobilità condivisa.
Anzi, i Sindaci dovrebbero impegnarsi a fare il primo passo verso la mobilità sostenibile: dotarsi di un Piano comunale (non solo urbano) della micromobilità, con percorsi riservati a bici e monopattini, aree di sosta dedicate, magari a supporto di un Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, sia nelle città più grandi che nei comuni più piccoli.