Le battute finali sul pacchetto Green Deal mostrano bene un fronte che le destre si preparano a sfruttare in vista delle elezioni dell’anno prossimo. È quello degli agricoltori, che vedono una minaccia nelle normative ambientali europee.
Mentre oggi si attende un altro voto caldo, quello sulla legge per il ripristino della natura che vede analoghi schieramenti contrapposti, ieri il Parlamento europeo ha approvato la sua posizione sulla direttiva sulle emissioni industriali (IED).
Con 396 voti a favore, 102 contrari e 131 astensioni, la plenaria del Parlamento ha votato per annacquare in modo significativo la proposta della Commissione Ue, in particolare bocciando le estensioni al settore zootecnico volute da Bruxelles.
La posizione approvata
Nel merito, è passata la proposta della Commissione di estendere l’IED agli impianti dell’industria estrattiva (miniere) e ai grandi impianti che producono batterie (ad eccezione di quelli che assemblano esclusivamente moduli batteria e pacchi batteria), ma sugli allevamenti il Parlamento europeo ha fatto muro.
I deputati, infatti, hanno votato per mantenere le norme attuali e includere solo gli allevamenti di suini con più di 2.000 posti per i suini da produzione (oltre 30 kg), o con più di 750 posti per le scrofe, oltre agli allevamenti di pollame con più di 40.000 posti, nonché le fattorie con più di 750 unità di bestiame adulto (Uba, unità di misura che serve a sommare capi di specie diverse).
Bocciata invece l’estensione agli allevamenti bovini proposta dalla Commissione, che avrebbe voluto una soglia di 150 Uba per tutto il bestiame.
Nella posizione del Parlamento, inoltre, si sottolinea l’importanza di garantire che i produttori al di fuori dell’Ue soddisfino requisiti simili alle norme europee.
Approvato poi, grazie a emendamenti del Ppe, anche un indebolimento della parte della proposta che mira a rendere più facile, per le potenziali vittime dell’inquinamento industriale, richiedere un risarcimento.
Destre e agricoltori
Il risultato è una chiara vittoria per le associazioni degli agricoltori e i loro alleati politici conservatori e di destra, in particolare il Partito popolare europeo, in prima linea per depotenziare la proposta di direttiva e presentarsi come difensore degli interessi degli allevatori, in vista delle prossime elezioni europee di quest’anno.
Il Ppe, ricordiamo, vuole anche sopprimere un’altra proposta invisa agli agricoltori, su cui si vota proprio oggi al Parlamento europeo: quella sul ripristino degli ecosistemi.
Tra i primi in Italia a festeggiare per il voto sulla IED è Coldiretti: “Abbiamo fermato in Europa la norma ammazza stalle”, si legge in una nota a proposito del voto che “salva un settore cardine del Made in Italy”.
Coldiretti “per prima aveva denunciato l’assurdità scientifica di paragonare le stalle alle fabbriche e avviato su questo una campagna di sensibilizzazione in Italia e in Europa”.
La direttiva come voluta dalla Commissione “avrebbe portato alla perdita di posti di lavoro con la chiusura di molti allevamenti di dimensioni medio-piccole, minando la sovranità alimentare”, spingendo “all’aumento della dipendenza dalle importazioni” da Paesi “che hanno standard ambientali, di sicurezza alimentare e di benessere animale molto più bassi di quelli imposti agli allevatori dell’Unione”.
“Ancora peggio”, avere dei limiti più severi alle emissioni degli allevamenti potrebbe “spingere verso lo sviluppo di cibi sintetici in provetta”, spiega l’associazione, che gode di ottimi rapporti con il nostro ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Quest’ultimo, ad esempio, ha ammesso che la sua proposta di legge contro la carne sintetica non parte da studi scientifici, ma muove dalla campagna di Coldiretti.
Emissioni e allevamento
La direttiva sulle emissioni industriali, che ha più di un decennio, regola attualmente circa 50.000 grandi impianti industriali dell’Ue, dalle acciaierie agli impianti di lavorazione della carne, e richiede loro di rispettare limiti vincolanti per inquinanti come il biossido di zolfo e gli ossidi di azoto.
La proposta della Commissione, bocciata dal Parlamento, mira a ricomprendere nella IED circa il 13% delle aziende agricole commerciali dell’Ue, che rappresentano il 60% delle emissioni di ammoniaca e il 43% delle emissioni di metano provenienti dal bestiame.
Secondo uno studio pubblicato su Nature nel 2021 (Xiaming, Shatma et al. 2021 – pdf), ricordiamo, la produzione di cibo a livello globale è responsabile di un terzo di tutti i gas serra dovuti all’attività umana e, di questo, il 57% è dovuto alla filiera della carne, contro il 29% delle colture vegetali.
La sola carne bovina rappresenta un quarto delle emissioni prodotte dall’allevamento e dalla coltivazione del cibo: per produrre 1 kg di grano vengono emessi 2,5 kg di gas serra, mentre un solo chilo di manzo crea 70 kg di CO2 equivalente.
Come noto, l’allevamento, oltre a causare deforestazione per i pascoli e le coltivazioni di foraggio, ad assorbire tantissima acqua e, specialmente per gli allevamenti intensivi, a causare pesanti inquinamenti, è responsabile di circa un terzo delle emissioni di metano da attività umane.
E il metano ha un potere climalterante 85 volte superiore a quello della CO2 su un arco di 20 anni, anche se la CO2 ha un tempo di permanenza in atmosfera anche di migliaia di anni, mentre il metano “scompare” in circa 10-15 anni (secondo dati Ispra – pdf).