Dl Agricoltura, la voce delle associazioni sullo stop al fotovoltaico

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Coldiretti soddisfatta parla di un modello di transizione differente. Italia Solare ed Elettricità futura preoccupate temono l’effetto sugli investimenti e sul costo dell’energia.

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Com’era prevedibile le misure sul fotovoltaico contenute nel DL Agricoltura hanno generato non poche reazioni, polarizzate su posizioni nettamente contrapposte.

Coldiretti, ad esempio, ha espresso assoluta soddisfazione “per la decisone di tutelare l’agricoltura nazionale con un deciso stop al FV selvaggio a terra”.

L’associazione era già intervenuta sul tema in occasione della Giornata mondiale della Terra 2024 sollevando il problema del consumo di suolo, ma ora rimarca che il “modello vincente è quello di una transizione energetica che veda le imprese agricole protagoniste attraverso le comunità energetiche, gli impianti solari sui tetti e l’agrivoltaico sostenibile sospeso”.

Secondo uno studio di Coldiretti Giovani Impresa, in particolare, sfruttando i tetti di stalle, cascine, magazzini, fienili, laboratori di trasformazione e strutture agricole sarebbe possibile recuperare una superficie di 155 milioni di mq per i pannelli, con un potenziale di generazione pari a 28.400 GWh.

Un’analisi, va detto, che non tiene conto dei costi maggiori per il Sistema Paese rispetto a usare impianti a terra.

Vanno inevitabilmente in una direzione diversa le analisi delle associazioni delle rinnovabili.

In una lettera inviata ai ministri ai Pichetto Fratin, Lollobrigida e Sangiuliano Italia Solare afferma marcatamente che con il blocco degli impianti si perdono quasi 60 miliardi di euro: almeno 45 di investimenti privati diretti, 2 di mancati introiti derivanti dalle tassazioni Imu degli impianti e 11 di imposte; senza dimenticare “le sempre importanti compensazioni per i Comuni”.

La soluzione prospettata dall’associazione batte su un tema caldo per un’altra fonte (l’eolico): “Individuare in modo chiaro le aree in cui si possano realizzare gli impianti, comunque salvaguardando quelle che per legge sono già state classificate idonee a questo scopo. Serve, inoltre, la predisposizione di un testo unico sulle procedure autorizzative, nel cui ambito il Governo è tenuto a individuare le aree di accelerazione per le rinnovabili”.

Sulla stessa linea Elettricità Futura, per la quale con questa misura sono a rischio i target per le rinnovabili al 2030. EF parla di un possibile “effetto domino” con l’ascesa dei costi e il peggioramento degli aspetti amministrativi.

In generale l’associazione prospetta un aumento di costo per l’energia da fotovoltaico, poiché la generazione in “utility scale costa un terzo dell’elettricità generata dagli impianti fotovoltaici residenziali sui tetti”.

Allarme, infine, anche per gli energivori “perché servono i grandi impianti rinnovabili per stipulare contratti di lungo periodo e dare energia a basso costo alle imprese manufatturiere”, conclude EF.

Da questo fronte arriva anche la voce dell’Unione nazionale dei trasformatori di plastica: “Da un lato ci obbligano a fare fotovoltaico per poter restare in elenco Energivori e dall’altra ci prospettano Energy Release per calmierare i nostri costi rispetto alle corazzate francese e tedesca e poi ci viene impedito di fare impianti su suolo agricolo, sapendo che il cambio destinazione è caro, lungo e spesso impossibile”, ha dichiarato il presidente di Unionplast Marco Bergaglio.

“Si tarpano ali alle imprese – aggiunge – che hanno bisogno di estensioni che vanno ben oltre il loro tetto, il loro parcheggio e le aree interne al perimetro di stabilimento. Contiamo su un concreto dialogo con il Governo per scongiurare una crisi soprattutto per l’industria visti gli importanti obiettivi e conseguenti impegni per la decarbonizzazione al 2030”.

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