Crediti Superbonus fraudolenti, l’acquisto in buona fede non ne evita il sequestro

I chiarimenti della Cassazione sul caso di una banca che aveva acquistato 27 milioni di euro in crediti fiscali acquisiti illegittimamente dal cessionario.

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Impedire la circolazione di crediti fiscali acquisiti in maniera fraudolenta rappresenta un’esigenza maggiore rispetto alla salvaguardia chi li ha acquisiti in buona fede e se li ritrova sotto sequestro.

La Cassazione ha ribadito questo concetto, emerso già in passato in seguito a diversi contenziosi, con la sentenza 3108/2024 dello scorso 24 gennaio (link in basso) sul caso di una banca che aveva acquistato da un cessionario crediti relativi a lavori Superbonus mai realmente realizzati.

I soggetti avrebbero emesso false asseverazioni e fatturazioni con sconto in fattura per poi monetizzare attraverso la successiva cessione del credito, che ammontava a circa 27 milioni di euro. I crediti sono stati acquistati da un istituto di credito all’oscuro della manovra fraudolenta.

Il Tribunale del riesame ha disposto il sequestro, nonostante la banca ritenesse di aver agito a norma di legge affermando che la possibilità di ulteriori operazioni illecite potesse riferirsi solo agli indagati in mancanza di una specifica motivazione sul pericolo derivante dalla disponibilità dei crediti ceduti.

Dopo aver presentato ricorso in Cassazione, la banca si è vista confermare il sequestro. I giudici hanno ritenuto di dover eliminare dal circuito fiscale quei crediti ottenuti illegalmente nonostante la buona fede dell’acquirente. Per il sequestro impeditivo, spiega la sentenza, è sufficiente anche un semplice collegamento indiretto tra il credito e il crimine commesso.

La Cassazione ha dichiarato inaccettabile la tesi secondo cui il beneficiario del Superbonus, con la cessione, avrebbe rinunciato al suo diritto alla detrazione mentre il cessionario (in questo caso la banca), acquistando il credito, avrebbe maturato a titolo originario il diritto all’incentivo.

La cessione quindi non estingue il diritto alla detrazione, così come l’acquisto non ne genera uno nuovo. Il passaggio – scrivono i giudici – rappresenta soltanto l’evoluzione (e non la sostituzione) del primo nel secondo. Il sequestro è dunque legittimo.

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