Non una “graduale riduzione”, non una “riduzione profonda”, come scritto nella bozza di risoluzione finale circolata in queste ore. Ma ancora peggio il non citarlo affatto: dalla COP28 di Dubai ci si aspettava una dichiarazione di abbandono dei combustibili fossili.
Il forsennato dibattito delle ultime ore sulla risoluzione finale dell’evento ruota intorno a due parole, “phase” e “out”, letteralmente “eliminazione graduale”, che dovrebbero andare a braccetto con un altro binomio molto noto, “fossil fuels”, nel testo che verrà ratificato da tutti i Paesi partecipanti alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Un concetto che dovrebbe apparire tanto semplice quanto scontato, ma che al momento divide il mondo e rischia di trasformare l’intero evento in una celebrazione dell’immobilismo.
La lettera inviata nel weekend dal segretario generale dell’Opec, Haitham al-Ghais, ai membri dell’organizzazione e agli alleati nell’Opec+, parla chiaro poiché invita a “rifiutare proattivamente qualsiasi testo o formula che abbia come obiettivo l’energia, i combustibili fossili, le emissioni, mettendo a rischio la prosperità e il futuro dei nostri popoli”.
Una circolare inviata in gran segreto, della quale si è venuto a sapere soltanto grazie ad alcune agenzie di stampa, e che ha generato reazioni dure da parte dei rappresentanti dei Paesi che spingono maggiormente per la transizione ecologica.
Ma gli accordi si fanno in due (è questo uno degli aspetti più criticabili delle COP, che devono sintetizzare le posizioni di Paesi con interessi molto diversi, spesso contrapposti) e dall’altra parte del muro c’è una lobby molto determinata. E numerosa, visto che a Dubai quest’anno c’erano 2.400 delegati correlati all’industria di petrolio e gas e addirittura 160 negazionisti climatici, come rivelato da Corporate Accountability, un organismo di vigilanza sulla trasparenza.
A loro strizza l’occhio la bozza presentata da Ahmed Al Jaber, presidente della COP, ministro dell’Industria degli Emirati Arabi Uniti, ma anche (non ci stancheremo mai di sottolinearlo) capo della compagnia petrolifera nazionale di Abu Dhabi ADNOC.
Gran parte dell’attenzione è stata posta sul paragrafo 39, che riguarda l’energia e il futuro dei combustibili fossili. Si tratta in buona sostanza di un elenco di cose che i Paesi “potrebbero” fare per “ridurli”.
Simon Evans di Carbon Brief ha fatto un lavoro molto minuzioso per evidenziare l’inconsistenza del testo proposto da Al Jaber: ha passato al setaccio ogni parola notando come i verbi più utilizzati siano molto generici, come “nota”, “riconosce”, “incoraggia”, “enfatizza”. Termini che fanno maggior riferimento all’azione come “invita”, “chiama”, “chiede con urgenza” sono invece molto più rari.
Un dato che cozza con le dichiarazioni preliminari dell’evento, tra tutte quelle del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, che aveva chiamato tutti ad agire dopo aver parlato di un mondo ormai entrato nell’era dell’ebollizione globale.
La bozza include anche altri punti come la rapida diminuzione graduale (phasedown) del carbone “unabated”, che suggerisce quindi implicitamente il via libera ad utilizzare quello che verrebbe poi trattato con pratiche come la CCS (Carbon Capture and Storage) che si è dimostrata di difficile applicazione su ampia scala per via degli elevatissimi costi e della scarsa replicabilità.
Di fronte a questo topolino partorito dalla montagna possono valere, tra tutte, le parole di John Silk, delegato della Repubblica delle Isole Marshall: “Non sono venuto qui per firmare la condanna a morte del mio Paese”. La mancanza di chiarezza sull’uscita dai combustibili fossili minaccia tutti i Paesi del mondo, ma più di tutti i piccoli stati insulari, che rischiano entro pochi decenni di essere inghiottiti dall’innalzamento dei livelli del mare.
Un portavoce del Dipartimento di Stato americano ha affermato che la bozza “cerca di bilanciare una varietà di interessi”, ma “ha ancora bisogno di essere sostanzialmente rafforzata”.
I principali negoziatori dell’Unione Europea hanno descritto il documento come “insufficiente”. “Non posso nascondervi il fatto che il testo, nella sua forma attuale, è deludente”, ha detto ai giornalisti il commissario europeo per l’azione per il clima Wopke Hoekstra. “Ci sono un paio di aspetti positivi, ma nel complesso è chiaramente insufficiente e non adeguato per affrontare il problema che siamo qui a trattare”.
Hoekstra ha aggiunto che l’Ue mantiene la sua posizione, chiedendo l’eliminazione graduale del carbone, del petrolio e del gas, consentendo solo l’uso di combustibili fossili nei settori in cui le energie rinnovabili sono difficili da impiegare.
Al Jaber fa leva sui tempi stretti e spinge per l’approvazione del suo documento, della cui bontà resta fermamente convinto. D’altronde è la stessa persona che negava le evidenze scientifiche dietro la necessità di abbandonare i combustibili fossili per contenere il riscaldamento globale.
A lui e a chiunque osteggi il phase out va ricordato che l’ultimo Emission Gap Report del Programma Onu per l’Ambiente conferma la necessità di tagliare il 42% delle emissioni entro il 2030 se si vuole sperare di centrare l’obiettivo degli 1,5 gradi fissato con gli Accordi di Parigi, ormai quasi impossibile.
Oggi (o domani, in caso di particolari ritardi) dovrebbe arrivare il testo definitivo, nel quale – ha dichiarato stamattina Il direttore generale della Cop28, Majid Al Suwaidi – si sta cercando di includere una menzione esplicita ai combustibili fossili. “Sarebbe storico”, ha affermato. Ma forse soltanto semplicemente sensato.