Cinque critiche alla risoluzione della COP28, secondo Standard & Poor’s

Poche indicazione sull'abbandono delle fonti fossili e troppi tavoli cruciali rimandati alla prossima edizione di Baku. Cosa non va nel testo finale della COP28 secondo S&P.

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Iniziata con i migliori auspici grazie all’annuncio del varo del fondo loss&damage a parziale risarcimento dei Paesi maggiormente colpiti dal cambiamento climatico (e che meno degli altri hanno avuto un ruolo nel causarlo), la COP28 di Dubai si è conclusa lo scorso 12 dicembre con una risoluzione che ha sì incluso per la prima volta i combustibili fossili in un testo finale, ma che ha lasciato scontenti per la terminologia utilizzata per definirne l’uscita.

Transition away” la formula scelta da Ahmed Al Jaber, ministro dell’industria e delle tecnologie avanzate degli Emirati Arabi Uniti e presidente della COP: una versione “annacquata” del “phase out” auspicato dai Paesi più ambiziosi. Invece di una “eliminazione graduale” si è concordato quindi per una “transizione”, che rischia di avvenire in ritardo e di non essere supportata da azioni concrete e immediate.

La transizione dai fossili manca di misure pratiche

È il giudizio che Standard & Poor’s dà della risoluzione, criticandola in cinque punti.Al momento non prevediamo che i potenziali cambiamenti delle politiche influenzeranno materialmente la qualità del credito nel settore del petrolio e del gas nei prossimi trimestri”, scrive l’agenzia di rating, affermando che “la transizione dai combustibili fossili manca di misure pratiche”.

Fondamentale sarà il prossimo aggiornamento dei Nationally Determined Contributions (Ndc) nel 2025: i Paesi dovranno “decidere come contribuire (o meno) alle azioni concordate”. Una scadenza fondamentale visto che il corpo degli investimenti attuali in combustibili fossili porterà, se resterà costante, a un incremento di 2,7 °C a fine secolo, come denunciato da Climate Action Tracker in uno studio, “Warming Projections Global Update”, pubblicato a inizio dicembre.

La finanza climatica dovrà attendere COP29

Anche la creazione del fondo loss&damage finisce nel mirino di S&P.

I Paesi in via di sviluppo avranno bisogno di una cifra stimata di 5.900 miliardi di dollari per la mitigazione e l’adattamento entro il 2030, “una somma che supera i flussi attuali”, viene fatto notare.

Inoltre “non si è riusciti a stabilire se i Paesi sviluppati avessero raggiunto l’obiettivo di 100 miliardi di dollari all’anno per il finanziamento di azioni climatiche in quelli in via di sviluppo”, come fissato nel 2009 “a causa di opinioni divergenti sulla metodologia di contabilizzazione da applicare”. Per vedere dei progressi nella finanza climatica globale si dovrà attendere, secondo S&P, la COP29 di Baku.

Il ruolo degli investimenti privati

Già da quel momento si noterà sempre di più l’importanza dei fondi privati per il clima. Il ruolo del settore privato è stato rimarcato nel corso di COP28 anche dal lancio della Dubai Adaptation Billions Challenge, che mira a raccogliere 5-10 miliardi di dollari di investimenti privati.

“Riteniamo che fino al 4,4% del Pil mondiale potrebbe andare perso annualmente entro il 2050 se il riscaldamento globale non si mantiene ben al di sotto dei 2 gradi Celsius, e senza un adattamento”, notano gli analisti di S&P, che mettono in guardia anche dall’eventualità che i disastri climatici possano assumere in futuro un ruolo sempre più rilevante nel rating dei titoli di Stato dei Paesi a rischio.

Mancano i dettagli sull’agricoltura sostenibile

Sull’innalzamento della temperatura mondiale incide molto il settore dell’agricoltura e dell’utilizzo del suolo, che contribuisce a circa il 30% dei gas serra.

Un totale di 158 Paesi presenti a COP28 hanno approvato la dichiarazione sull’agricoltura sostenibile, i sistemi alimentari resilienti e l’azione per il clima, che stabilisce obiettivi d’esordio sulle misure di adattamento, la sicurezza alimentare, la tutela dei lavoratori e delle comunità locali, la gestione dell’acqua e l’agricoltura sostenibile.

Sono stati annunciati anche impegni finanziari per circa 20 miliardi di dollari per l’agricoltura rigenerativa. “Riteniamo che l’attuazione significativa della dichiarazione sia incerta a causa della mancanza di dettagli e di obiettivi di ampio respiro che non incoraggiano un’azione mirata e coordinata”, è il giudizio di S&P. “L’assenza di obiettivi misurabili significa che la riduzione delle emissioni di gas serra da parte dell’agricoltura potrebbe non concretizzarsi”, spiegano.

Nessun accordo sul mercato di crediti di carbonio

L’ultimo appunto alla COP28 riguarda il mercato internazionale dei crediti di carbonio.

L’obiettivo della conferenza era quello di concordare le regole di attuazione per un nuovo meccanismo di crediti di carbonio ad alta integrazione, ma le opinioni divergenti su quali tipi di progetti debbano essere ammissibili e su quanto rigide debbano essere alcune regole ne hanno rallentato l’implementazione. I Paesi possono ancora concordare una cooperazione bilaterale, ma per ora ulteriori discussioni sono rimandate alla COP29.

“Riteniamo che i mercati regolamentati del carbonio siano fondamentali per eliminare l’incertezza per le aziende che vogliono utilizzare la compensazione”, conclude S&P, affermndo che “un mercato del carbonio affidabile ed efficiente potrebbe avere impatti finanziari positivi su alcuni settori se fornisce loro una via economicamente efficace e affidabile per la decarbonizzazione”.

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