Come McKinsey promuove gli interessi dei combustibili fossili alla COP28

Le rivelazioni di AFP sul ruolo del colosso della consulenza americano alla Conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà a Dubai dal 30 novembre.

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A poco più di tre settimane dall’inizio dei lavori, nuove ombre si stagliano sulla COP28. Quest’anno la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici non parte con i migliori auspici: il Paese ospitante, gli Emirati Arabi Uniti, è al sesto posto tra i principali esportatori di petrolio al mondo nonostante le ridotte dimensioni. Inoltre, l’evento – che inizierà il prossimo 30 novembre – sarà presieduto dal sultano Al Jaber, ministro dell’Industria degli Emirati e capo della compagnia petrolifera statale ADNOC.

A tutto ciò si aggiunge che – secondo un’indagine di AFP – la società di consulenza di top management mondiale McKinsey & Company starebbe usando la sua posizione di consulente chiave ai colloqui per promuovere gli interessi dei suoi grandi clienti delle lobby di petrolio e gas, minando gli sforzi per porre fine all’uso dei combustibili fossili.

Fonti riservate e documenti visti da AFP mostrerebbero come l’azienda statunitense abbia disegnato uno scenario energetico che ridurrebbe l’uso di petrolio solo del 50% entro il 2050 e che prevedrebbe migliaia di miliardi di nuovi investimenti in fonti non rinnovabili all’anno da oggi fino a metà secolo.

Così, mentre la comunità scientifica internazionale concorda sul fatto che il 2023 sarà l’anno più caldo mai registrato, McKinsey “chiede a gran voce e sfacciatamente alla presidenza della COP28 di abbassare i livelli di ambizione sull’eliminazione graduale del petrolio”, come ha riferito all’agenzia di stampa una fonte che ha assistito ai colloqui preliminari con i padroni di casa del vertice.

McKinsey – i cui grandi clienti petroliferi vanno dall’americana ExxonMobil ad Aramco, controllata dal governo dell’Arabia Saudita – è peraltro una delle numerose società di consulenza che forniscono assistenza gratuita agli Emirati Arabi Uniti.

“Quello delineato non è un percorso credibile verso lo zero netto”, ha detto all’AFP Kingsmill Bond, senior principal del Rocky Mountain Institute, think tank statunitense che opera nel campo della sostenibilità.

Gli analisti hanno affermato che il percorso suggerito da McKinsey al sultano Al Jaber consentirebbe alle aziende di combustibili fossili di continuare a utilizzare una quantità eccessiva di petrolio e gas. Il resoconto afferma che “in media, si prevede che nel 2050 verranno ancora utilizzati 40-50 milioni di barili al giorno di petrolio”. Si tratta del doppio dell’importo consentito nella tabella di marcia per lo zero netto dell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea).

La Net Zero Roadmap 2023 della Iea prevede inoltre che le tecnologie di rimozione e cattura della CO2 dovranno aumentare di 100mila volte entro il 2050 per rimanere sulla buona strada per un mondo a zero emissioni: una sfida già di per sé straordinaria (e senza alcuna garanzia di successo), che nello scenario McKinsey probabilmente risulterebbe il doppio più difficile da vincere.

Un portavoce della COP28 ha replicato affermando che McKinsey “sostiene la conferenza fornendo approfondimenti e analisi su base pro bono” e che “dire che l’azienda abbia presentato scenari incompatibili con gli obiettivi climatici globali è semplicemente sbagliato”. Dal canto suo il colosso americano ha difeso il suo operato negando le accuse: “siamo orgogliosi di sostenere la COP28 fornendo informazioni e analisi strategiche, nonché competenze settoriali e tecniche, partendo dal presupposto che la sostenibilità è per noi una priorità fondamentale”.

Non sono dello stesso avviso però diversi ex dipendenti, che nel 2021 fecero nascere una vera e propria rivolta all’interno della compagnia. Più di 1.100 persone firmarono una lettera rivolta ai vertici aziendali nella quale venivano evidenziati i limiti della direzione che la società si era data. “La nostra inazione sulle emissioni dei clienti, se non addirittura la nostra complicità – scrissero – pongono a serio rischio la nostra reputazione”.

McKinsey si fregia (pur senza citare i clienti) di aver aiutato diverse aziende del settore sanitario a sviluppare capacità solare, alcuni fornitori di energia eolica a diventare più competitivi e almeno un Paese in via di sviluppo a procurarsi più elettricità con le energie rinnovabili. “Sono in grado di fare un buon lavoro aiutando i loro clienti ad affrontare la transizione energetica”, rivela un ex consulente che ha chiesto di restare anonimo, “ma questo lavoro impallidisce in confronto a quello che stanno facendo per il petrolio e il gas”.

Così la replica che l’azienda di consulenza ha mandato a QualEnergia.it: L’affermazione contenuta in un recente articolo dell’AFP, secondo cui ‘invitiamo a ridurre le ambizioni’ in materia di transizione energetica, è falsa. Tale affermazione è stata smentita in via ufficiale sia da noi sia da un portavoce di COP.  Il nostro lavoro con la COP28 è chiaro: il mondo ha bisogno di un’importante correzione di rotta per raggiungere gli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi. Tutto il nostro lavoro mira a tale obiettivo. Il raggiungimento del net-zero entro il 2050 richiederà la più grande riorganizzazione economica nella storia dell’umanità. Servirà un intervento da parte di tutti gli stakeholder e di tutti i settori, compresi i produttori di emissioni, e noi ci impegniamo a fare la nostra parte.”

Articolo aggiornato dopo la pubblicazione per dare spazio alla replica di McKinsey & Company

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