La decisione cinese di controllare le esportazioni di grafite, ha destato nuovi timori sulla sicurezza degli approvvigionamenti di materie prime critiche per la transizione energetica.
Che cosa potrebbe comportare questa mossa per il mercato globale?
Venerdì scorso, 20 ottobre, il ministero cinese del commercio ha annunciato che dal 1° dicembre di quest’anno gli esportatori dovranno richiedere permessi di esportazione per alcuni tipi di grafite, tra cui la grafite naturale e i suoi prodotti e la grafite sintetica a elevata purezza.
Come nella decisione analoga presa da Pechino a luglio per controllare le esportazioni di gallio e germanio, le nuove regole sono intese a salvaguardare la “sicurezza nazionale” per quanto riguarda le forniture di materiali strategici in diversi settori industriali, tra cui microchip, fonti rinnovabili, batterie, semiconduttori.
È un fronte su cui Cina, Stati Uniti ed Europa stanno aumentando le rispettive azioni per tutelare le loro industrie, ridurre la dipendenza dalle importazioni e l’esposizione a rischi geopolitici.
La Ue, ad esempio, sta valutando di imporre dazi sui veicoli elettrici fabbricati in Cina, sostenendo che beneficiano di sussidi statali che permettono di venderli a prezzi troppo bassi, alterando la leale concorrenza sui mercati internazionali.
Intanto gli Stati Uniti hanno esteso i limiti all’accesso ai semiconduttori per le aziende cinesi, compreso uno stop alle vendite dei chip più avanzati di intelligenza artificiale, prodotti da Nvidia.
Tornando alla grafite, è una materia prima di fondamentale importanza, in particolare, per gli anodi delle batterie. In termini di peso, è il componente più rilevante, con una quota del 20-30% sul totale.
La Cina, stando ai dati della U.S. Geological Survey (USGS), è il primo produttore mondiale di grafite: circa 850mila tonnellate nel 2022, il 65% del totale, seguita a lunga distanza da Mozambico e Madagascar, con rispettivamente 170-110mila tonnellate.
Pechino ha anche in mano più del 90% della raffinazione della grafite, nelle forme utilizzate negli anodi delle batterie. Di conseguenza, spiega l’analista di Wood Mackenzie Ed Crooks, “le restrizioni alle esportazioni potrebbero potenzialmente avere un impatto significativo”.
Tuttavia, Wood Mackenzie si aspetta che il nuovo sistema di licenze di esportazione causerà solamente possibili interruzioni a breve termine delle forniture, ritenendo “improbabile un freno a lungo termine o un divieto completo delle esportazioni di grafite”, si legge nel commento di Crooks.
I controlli cinesi sulle esportazioni di grafite, infatti, “suggeriscono un tentativo di utilizzare il mercato per perseguire obiettivi strategici più ampi, possibilmente collegati ai controlli statunitensi sulle esportazioni di semiconduttori e IT”.
Cambiare la composizione chimica delle batterie può limitare la dipendenza da materiali che scarseggiano; ad esempio, per alcuni usi, compresi i veicoli elettrici a basse prestazioni, le batterie al litio-ferro-fosfato hanno conquistato una quota crescente del mercato, frenando la domanda di cobalto e nichel.
Ma per la grafite “non esiste un’alternativa prontamente disponibile”, evidenzia l’esperto.
“Se dovesse esserci un blocco completo delle esportazioni, i produttori di batterie sarebbero in difficoltà”, afferma James Willoughby, analista di ricerca senior per la grafite di Wood Mackenzie.
Un blocco totale e prolungato dell’export di grafite, come detto, appare però poco probabile, anche perché la Cina possiede solo il 16% delle riserve naturali di grafite a livello mondiale e la capacità produttiva potrebbe essere spostata – anche se ciò richiede tempo, grandi investimenti e volontà politica – in altre parti del mondo.
Inoltre, alcuni Paesi potrebbero aumentare la produzione di grafite sintetica (è un tipico sottoprodotto della raffinazione del petrolio), in particolare gli Stati Uniti e il Giappone
Solo l’avvisaglia di una possibile limitazione o interruzione delle esportazioni cinesi, a causa delle nuove normative, “ha già spinto gli acquirenti di tutto il mondo a concentrare la loro attenzione su altre potenziali fonti di approvvigionamento”, afferma Crooks.
In sostanza, secondo l’analista, “non è nell’interesse dei produttori cinesi di grafite incoraggiare i loro rivali in altri paesi, minacciando un’interruzione delle vendite internazionali”.