Mentre si aspettano di conoscere le misure che saranno prese dal Governo contro il caro energia – il CdM atteso per oggi è stato rinviato a domani, venerdì 21 – proseguono le critiche su quanto anticipato dal ministro Cingolani nei giorni scorsi.
Come avevamo riportato, il ministro della Transizione, tra gli interventi che si vorrebbero prendere, aveva parlato anche di una possibile misura sugli incentivi fissi del fotovoltaico, oltre alla volontà di raddoppiare la produzione nazionale di gas naturale.
Dopo il duro intervento del Coordinamento Free, anche WWF, Greenpeace, Legambiente e Kyoto Club esprimono forte preoccupazione per le azioni ventilate dal titolare del MiTE, “volte più a sottrarre risorse alle fonti rinnovabili e all’innovazione che ad affrontare alla radice il problema”.
In attesa delle deliberazioni del Consiglio dei Ministri, le organizzazioni ambientaliste sottolineano che, nonostante la crisi gas sia in atto da mesi, tuttora i ragionamenti posti in essere “rischiano di ritardare la decarbonizzazione, sviliscono il mercato delle rinnovabili e non puntano sul risparmio di energia, anche con misure straordinarie di coinvolgimento della popolazione, come fu fatto negli anni ‘70”.
Il tutto, si denuncia, senza fronteggiare davvero la questione dell’aumento dei prezzi della materia prima gas, “che non può assolutamente essere superata con le irrisorie e diseconomiche riserve nazionali”.
Il modo in cui è affrontato il tema degli extraprofitti, per le associazioni, “evidenzia uno strabismo contro le rinnovabili. Chi estrae gas e petrolio in Italia sta già intascando enormi extraprofitti, visto che le royalties sono irrisorie. Gli stessi produttori che continuano anche a fare extra-profitti sul gas che estraggono in molte parti del mondo e per i quali non si sono nemmeno considerate misure compensative”.
“Aumentare il ricorso allo scarso gas nazionale non ha benefici sui prezzi, anzi se si volesse fare una vera “Robin Tax” andrebbero aumentate le royalties di estrazione del gas in Italia, visto che oggi sono assolutamente ridicoli i canoni pagati da chi estrae”, prosegue la nota.
Le rinnovabili, poi, si dovrebbero sviluppare massicciamente non solo per attuare la decarbonizzazione, ma anche perché sarebbero la soluzione migliore proprio per contrastare il caro-bolletta. Invece sono ancora ferme al palo: i 400 MW sbloccati dal ministro Cingolani rappresentano appena un 5% di quanto occorrerebbe fare annualmente per conseguire gli obiettivi comunitari al 2030, fanno notare le quattro associaazioni.
“Particolarmente grave”, prosegue la nota, è l’intervento di prelievo delle risorse ETS, perché sono le risorse che le Direttive europee prevedono siano destinate all’innovazione e alle politiche di decarbonizzazione. “Spostare risorse dalle politiche per il clima in Italia e all’estero da questi investimenti alla riduzione delle bollette è una scelta del Governo italiano sbagliata e miope”.
“Il sistema ETS – osservano WWF, Legambiente, Greenpeace e Kyoto Club – si fonda sul principio del ‘chi inquina paga’, ma a oggi la metà dei proventi vanno alla fiscalità generale e il resto al MiTE e al MiSE senza una evidenza dell’impatto della spesa nella decarbonizzazione. Parte dei fondi sono addirittura stati destinati ai settori energivori, peraltro ampiamente esentati dalle quote ETS, e che quindi usufruiscono di un sistema ‘chi inquina viene pagato’ di dubbia natura; discorso analogo alla copertura degli oneri per i nuovi entranti. Sarebbe ora che finalmente i proventi delle aste ETS diventassero uno strumento della decarbonizzazione e della giusta transizione e che si faccia chiarezza su come sono stati spesi i fondi sino a oggi. La decarbonizzazione ha bisogno di investimenti strutturali, le risorse ETS erano pensate per questo, uscirà più forte dalla crisi chi avrà saputo tenere il timone nella giusta direzione”.
Il grande assente in tutti i discorsi del Governo è il risparmio e l’efficienza energetica. “A fronte di una crisi energetica – si osserva – si deve rispondere con azioni collettive di risparmio, manca invece completamente un’azione pubblica di richiamo al risparmio che sarebbe componente essenziale per fronteggiare una crisi energetica, come attuato nella crisi petrolifera degli anni ‘70”.
Per le associazioni, non si può pensare di fronteggiare una crisi energetica con politiche di spesa pubblica generalizzata, ma occorrono risparmi e interventi selettivi per i più vulnerabili sia nelle famiglie che nelle imprese.
“Per le prime occorrerebbe puntare a una copertura dei costi solo per le fasce davvero meno abbienti ed entro un certo limite di consumo. Per le seconde, incentivare i consumi energetici equivale a penalizzare chi ha investito in efficienza energetica negli ultimi anni e, grazie a questo, risulta più competitivo. Meccanismi di aiuto e supporto alle imprese, anche contingenti, devono essere costruiti per i settori più in difficoltà tenendo conto delle dinamiche dei mercati di riferimento. Incentivare i consumi è un sussidio al gas, aiutare le imprese è la capacità di fare crescere il paese nel ripetersi delle crisi”.