L’UE approva il libero scambio con il Canada. Arriverà più petrolio “sporco”?

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Spenti i riflettori sul TTIP con gli Usa, l’Europarlamento dice “sì” al trattato commerciale CETA con il Canada. Prevista l’abolizione di moltissime tariffe doganali per facilitare l’import-export. In campo energetico il rischio maggiore è la vendita di greggio da sabbie bituminose.

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Naufragato il TTIP, la politica europea di libero scambio commerciale riemerge con il CETA, appena approvato da Strasburgo con 408 voti favorevoli, 254 contrari e 33 astenuti.

Parliamo dei due trattati internazionali, costati lunghe trattative tra Bruxelles e le controparti sulle sponde opposte dell’Atlantico. Mentre il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) con gli Stati Uniti è finito nel cassetto delle misure pensate da Barack Obama poi eliminate da Donald Trump, il Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA) con il Canada ha ricevuto luce verde dal Parlamento UE.

Come evidenzia il suo stesso nome, il patto euro-canadese intende facilitare l’import-export tra i 28 Stati membri e la nazione guidata dal premier Justin Trudeau, attraverso l’abolizione di tariffe e barriere doganali su una moltitudine di prodotti e servizi, ad esempio in campo agroalimentare.

Nei mesi scorsi era stato il TTIP a concentrare attenzioni e preoccupazioni dei favorevoli e contrari a questo genere di trattati, perché Obama aveva accelerato i negoziati sul finire della sua amministrazione. Così il dibattito sul CETA era rimasto un po’ in sordina, oscurato dal super-accordo che si stava prospettando tra l’America in pieno clima elettorale e il vecchio continente.

Sui rischi che avrebbe corso l’Europa con il TTIP avevamo parlato in questo articolo, rimarcando i possibili impatti nel settore energetico, dall’acquisto di combustibile liquefatto (GNL) proveniente dai controversi giacimenti di shale gas, ai codici di autoregolamentazione sulle prestazioni minime dei prodotti, meno stringenti dei requisiti obbligatori, passando per il principio di “non discriminazione” tra le fonti di energia, che gli operatori elettrici e del gas avrebbero dovuto rispettare.

Analoghe valutazioni riguardano il CETA. Le ragioni del “si” propendono per i vantaggi economici, che secondo le stime ammonteranno a 12 miliardi di euro l’anno per la sola Europa. Adottando il trattato, si legge nel comunicato post-voto dell’Europarlamento, Bruxelles sceglie la strada dell’apertura e della crescita contro il protezionismo sbandierato da Trump.

Per il commissario UE al commercio, Cecilia Malmström, «il voto odierno segna l’inizio di una nuova era nelle relazioni euro-canadesi. Costruendo ponti anziché muri, possiamo affrontare le sfide che si pongono davanti alle nostre società».

Evidente il riferimento alla politica di chiusura del neo presidente americano. Tra i numeri maggiormente citati dalle note stampa di Bruxelles, troviamo quei 500 milioni di euro che le nostre aziende risparmieranno ogni anno, grazie alla cancellazione dei dazi sui prodotti esportati in Canada.

Le ragioni del “no”, d’altra parte, sostengono che i benefici economici netti per il nostro continente sarebbero assai limitati e che il CETA fa il gioco dello stesso Trump. In Canada hanno sede migliaia di aziende americane che esportano in Europa, tanto per cominciare; spostando l’attenzione sull’energia, impossibile ignorare il ruolo che potrebbero avere in futuro le sabbie bituminose dell’Alberta.

Da queste sabbie, infatti, si può estrarre moltissimo petrolio “non convenzionale”, così definito perché contenuto in giacimenti diversi dai comuni pozzi (al pari degli idrocarburi nascosti negli scisti). Trump ha già dato il suo benestare alla costruzione dell’oleodotto Keystone XL, bocciato da Obama, che trasporterà quel greggio dal Canada agli USA.

E altro “unconventional oil” – i cui impatti sull’ambiente sono maggiori del petrolio ricavato dalle trivellazioni – potrebbe riversarsi grazie al CETA verso l’Europa, per poi essere miscelato senza alcuna tracciabilità al greggio, per così dire, “normale”.

Sarebbe uno schiaffo alle politiche comunitarie sulla riduzione delle emissioni inquinanti nei trasporti. Vedremo se sarà davvero così.

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