L’isola del teleriscaldamento rinnovabile

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L'isola di Bornholm, in Danimarca, un territorio non alimentato da gas metano, ci presenta un modello innovativo per progettare, realizzare e garantire il finanziamento di piccole reti di teleriscaldamento con elevata percentuale di fonti energetiche rinnovabili, in particolare biomasse. Gli aspetti economici, occupazionali e i difetti.

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L’isola di Bornholm è la quinta in estensione nel territorio danese e, da qualche anno, si propone sulla scena energetica europea e mondiale come esempio innovativo di impiego delle fonti energetiche rinnovabili nel teleriscaldamento tanto che, negli ambienti specializzati, già si parla di un vero e proprio “modello Bornholm”.

Questa nuova esperienza è stata sviluppata in particolare dalla azienda “Bornholms Forsyning”, una società a responsabilità limitata di proprietà del Comune che si occupa di fornitura di energia termica e acqua, nonché dei trattamenti di depurazione delle acque reflue. Il “modello Bornholm” è stato messo in piedi per sviluppare nuove reti di teleriscaldamento sul territorio.

La diffusione del teleriscaldamento a Bornholm non ha mai avuto vita facile a causa della natura del sottosuolo, prevalentemente roccioso e, quindi, dal complesso e costoso scavo. Fino al 2005, infatti, reti di teleriscaldamento erano state introdotte solo nelle due città più estese e in un altro paio di piccoli centri. La fattibilità di soluzioni di fornitura che includano il teleriscaldamento si è fatta poi via via più fattibile, grazie allo sviluppo delle “tubazioni gemelle”, che hanno notevolmente ridotto i costi di realizzazione e, soprattutto, agli elevati costi del GPL. Si tenga conto, infatti, che l’isola non possiede una rete di distribuzione del gas naturale.

Un modello finanziario innovativo

Resta, però, il problema fondamentale legato allo sviluppo e all’implementazione di nuove reti di teleriscaldamento: anche se piccole, infatti, esse necessitano di un investimento iniziale considerevole e l’isola di Bornholm non è certamente una realtà caratterizzata da un alto reddito medio, in particolar modo nelle cittadine di taglia più contenuta. Proprio a causa di questa situazione si è reso necessario ideare un modello specifico per garantire la sostenibilità finanziaria di operazioni di questo tipo.

Il primo passo è stata un’analisi di pianificazione di domanda e offerta di calore a livello complessivo, realizzata nel 2007 e che ha mostrato come il teleriscaldamento alimentato a biomassa fosse la migliore soluzione dal punto di vista socio-economico per ben 9 piccoli centri. Per altre 4 realtà, invece, la valutazione è ancora in sospeso perché la presenza di terreno roccioso nel sottosuolo potrebbe rendere i lavori di realizzazione eccessivamente onerosi. Questo piano sull’energia termica è stato poi integrato, nel 2009, in un piano energetico strategico più generale.

La fase successiva è stata quella di elaborare un progetto specifico per ogni cittadina, con una particolare attenzione al calcolo e all’evidenziazione dei benefici economici per i clienti della rete di teleriscaldamento. Nel caso della “Bornholms Forsyning”, il progetto è stato poi approvato dal Comune, anche in virtù dei benefici per l’economia dell’intera isola e per i vantaggi in termini di nuova occupazione generata dall’iniziativa.

Il passo cruciale è quello dell’implementazione. Responsabile di questa fase è un gruppo di lavoro locale che include rappresentanti dei consumatori, dell’industria e della utility. I potenziali clienti ricevono opuscoli informativi e una bozza di accordo preliminare per il contratto. Anche i giornali locali e un apposito incontro pubblico vengono sfruttati per garantire all’iniziativa la massima visibilità e per fornire ai consumatori tutte  le informazioni necessarie per effettuare una scelta consapevole.

Il progetto può allora proseguire se una certa percentuale, per esempio il 60%, dei clienti contattati accettano di connettersi alla rete di teleriscaldamento.

Il costo di connessione previsto per ogni cliente è di 17.000 corone danesi, corrispondenti a circa 2.200 euro e comprende l’installazione di diversi dispositivi e la realizzazione di alcune operazioni: tubazioni di connessione, contatore di energia termica con segnalatore di perdita e relativo allarme, stazione nel singolo appartamento con serbatoio di accumulo e rimozione del vecchio scaldabagno e, infine, rimozione e smaltimento del serbatoio di GPL. Si tratta di un prezzo legato a una “offerta speciale”, alla quale si può aderire se si firma il contratto di connessione prima che la rete sia fisicamente realizzata. Nel caso di abitazioni riscaldate con elettricità, inoltre, la connessione alla rete è del tutto gratuita.

L’impianto, compreso di tutte le tubazioni necessarie per le connessioni dei vari clienti, viene finanziato al 100% con un prestito garantito dal Comune stesso. Si tratta di un mutuo a 25 anni a basso tasso di interesse.

Grazie all’adozione di questo modello, dal 2008 a oggi, nuove reti di teleriscaldamento sono state realizzate in 7 città e un nuovo piano del calore, approvato nel 2013, prevede lo sviluppo di iniziative simili in altri 6 centri dell’isola.

Pregi e difetti

Il “modello Bornholm” è molto semplice per il cliente, poiché tutte le operazioni sono realizzate dalla utility locale e il prezzo di acquisto del calore è senza dubbio più conveniente rispetto all’utilizzo di GPL.

Un esempio di conto economico può chiarire la situazione meglio di quanto sappiano fare mille parole: un’abitazione che consuma ogni anno 2.000 litri di GPL affronta un costo di 3.347 €/anno. Acquistare calore prodotto da teleriscaldamento comporta una spesa molto più bassa, inferiore ai 2.000 €/anno. Di questa cifra, circa 1.200 €/anno sono costi variabili legati al consumo di energia termica, ipotizzato attorno ai 14 MWh/anno. I costi fissi, invece, includono quelli legati all’ammortamento delle infrastrutture di rete, una “hotline” sempre attiva per richieste e richiami e un sopralluogo tecnico ogni tre anni. Anche l’alternativa del riscaldamento elettrico risulta meno vantaggiosa, mostrando un costo di quasi 3.000 €/anno.

Il funzionamento di queste piccole reti, inoltre, crea un’economia locale e genera nuova occupazione il che, in un’isola caratterizzata da un basso reddito medio, è un vantaggio assolutamente rilevante. D’altro canto, il progetto si regge in piedi grazie alla disponibilità di denaro a basso costo, grazie al limitato tasso di interesse offerto dalle banche per le garanzie assicurate dalla presenza del Comune.

Un altro aspetto di debolezza del progetto è che, nel caso di abitazioni a bassissimo consumo energetico, la connessione alla rete potrebbe non rivelarsi economicamente conveniente.

Un grande punto interrogativo, infine, viene dalla competitività con soluzioni individuali come le pompe di calore. È chiaro, infatti, che la scelta è legata in modo sostanziale alle tasse sui consumi di elettricità e alla disponibilità di fonti energetiche rinnovabili, in particolare biomassa, per l’alimentazione della rete di teleriscaldamento.

Per ulteriori informazioni sui “modello Bornholm”, si rimanda al sito del progetto europeo SDHplus: www.solar-district-heating.eu

Fonte immagini: www.bornholmsforsyning.dk

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