Le trascurate biomasse nel mix energetico italiano

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Gli impianti termoelettrici cogenerativi a biomasse distribuiti e bene inseriti nel territorio, sono e saranno una risorsa energetica fondamentale, sebbene oggi poco considerata dalle strategie nazionali. La Fiper ne ha parlato con Stefano Cavriani.

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L’associazione Fiper, la Federazione di Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili, che rappresenta i produttori di biomassa legnosa, i gestori di impianti di teleriscaldamento e biogas/biometano alimentati da fonti rinnovabili, si chiede perché nel PNRR il Governo abbia dato grande enfasi solo allo sviluppo di fotovoltaico, eolico e biometano, mentre altre fonti rinnovabili, come le biomasse, siano considerate marginali: solo una dimenticanza oppure c’è una precisa strategia?

La domanda viene posta anche a Stefano Cavriani, Founder & Director – EGO Group, che QualEnergia.it aveva intervistato di recente sulla situazione attuale e a e brave termine del mercato elettrico nazionale (La formazione del prezzo del gas: le soluzioni al caro energia e il ruolo delle rinnovabili).

Cavriani conferma che oggi quando si parla di rinnovabili ci si riferisce essenzialmente a fotovoltaico ed eolico. “Certamente il fotovoltaico – spiega – è la fonte più versatile e prontamente disponibile, ma chiaramente necessita di essere abbinato a sistemi di accumulo per essere esercito in modo regolare e programmabile. Anche l’eolico è interessante, ma la ventosità italiana è irregolare e non sempre particolarmente forte. Anch’esso, ovviamente, necessita di sistemi di accumulo per ottenere un minimo di flessibilità e regolarità”.

Con uno scenario energetico molto turbolento anche per i prossimi anni dobbiamo sfruttare tutte le risorse disponibili, prima possibile e più possibile. L’esperto spiega che l’Italia è un Paese ricco di boschi e di risorse legnose, è dunque assurdo non puntare fortemente anche sulle biomasse, fonti sono programmabili e gestibili, che possono essere un perfetto complemento rispetto al fotovoltaico e alle altre fonti non programmabili.

“Puntare anche sulle biomasse significa ovviamente investire in nuovi impianti, ma allo stesso tempo salvaguardare gli impianti esistenti, che in Italia sono numerosi, distribuiti sul territorio e un patrimonio di infrastrutture prezioso. Certamente la logica degli impianti a biomasse ‘solo-elettrici’ è ormai superata. Produrre energia elettrica con un rendimento inferiore al 20%, adesso che la materia prima è molto costosa, ha poco senso. Viceversa, l’abbinamento di energia elettrica ed energia termica, impianti termoelettrici cogenerativi a biomasse, rappresenta la forma più efficiente e intelligente di utilizzo delle risorse”.

In ambito più ampio di bioenergie e in riferimento al biometano, aggiunge che molti impianti a biogas (in Italia ce ne sono circa 1.300) potrebbero essere convertiti, ma al momento il settore è un po’ fermo in attesa del nuovo decreto MITE. Anche il biometano da FORSU è interessante, ma la materia prima utilizzabile non è abbondante. Sicuramente il biometano può essere una risorsa importante, ma andrà aggiornato e rendere certo il quadro normativo.

“Come ‘green-gas’ (gas di origine rinnovabile, ndr) personalmente ritengo molto più interessante il biometano rispetto all’idrogeno che richiede elettrolizzatori alimentati da energia elettrica ed enormi quantità di acqua. L’idrogeno potrà svolgere un ruolo interessante in chiave di flessibilità della rete elettrica, cioè accumulo di lungo termine di energia elettrica prodotta in eccesso in certe ore o in certe stagioni, ma ritengo poco sensato immaginare di bruciare l’idrogeno per produrre energia termica in caldaie residenziali o simili, sempre che sia possibile portarlo nelle case o presso le utenze mediante le normali tubazioni esistenti. Per produrre il calore è molto meglio utilizzare fonti locali come le biomasse, laddove disponibili, veicolandolo semplicemente mediante acqua calda”.

La Fiper pone poi una domanda sulle politiche che puntano ad una forte accelerazione nel sostituire il vettore termico con quello elettrico, chiedendo se il nostro paese potrà soddisfare a prezzi competitivi questa elevata domanda di energia elettrica. E di conseguenza, se non va fatto rientrare il comparto termico rinnovabile nella strategia della transizione ecologica.

Cavriani è convinto che l’energia elettrica in Italia è destinata a rimanere costosa per molto tempo e l’incremento dei consumi elettrici porrà notevole pressione sul sistema energetico italiano. “Già oggi, molto banalmente, l’impennata dei consumi da condizionamento estivo provoca black-out diffusi e incontrollabili in una metropoli come Milano”, ha ricordato.

“Immaginiamoci cosa potrebbe succedere in caso di incremento significativo e troppo veloce dei consumi elettrici, riscaldamento in primis, qualora le reti non fossero adeguatamente potenziate, sia in termini di potenza di picco gestibile, sia in termini di capacità di gestione intelligente. Questo non significa che non dobbiamo puntare sull’elettrificazione, ma tutto va fatto in maniera razionale ed equilibrata. Ciò significa utilizzare in modo intelligente le risorse”.

Ecco perché, aggiunge, laddove è possibile disporre di energia termica a costo competitivo e da fonte rinnovabile è opportuno, anzi obbligatorio, sfruttare pienamente tale risorsa.

“Gli impianti termoelettrici cogenerativi a biomasse distribuiti, inseriti in modo armonioso e integrato nel territorio, sono e saranno sempre una risorsa energetica fondamentale. Rinunciarvi sarebbe l’ennesimo errore commesso nella politica energetica italiana, che tende sempre a inseguire una salvifica soluzione unica, che non esiste”, ha concluso.

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