In difesa dell’eolico italiano

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L'energia dal vento può dare un contributo fondamentale al paese in termini di energia e occupazione. Ma ci sono vari ostacoli da superare: l'opposizione sul territorio, la rete inadeguata, ma soprattutto una grande incertezza normativa. Legambiente e Anev ne hanno discusso al convegno "Il vento fa bene all'Italia".

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OLtre 5mila megawatt installati, che al 2020 potrebbero raddoppiare, circa 6,7 TWh di energia elettrica prodotti, pari al 2,1% del consumo interno lordo, oltre 2500 occupati stabili. L’eolico può dare e sta dando molto al nostro paese, ma attorno a questa fonte permane un dibattito acceso. Lo si accusa di fare scempio del paesaggio, di non essere abbastanza efficiente e di accaparrarsi tutti gli incentivi destinati alle rinnovabili. Proprio per smentire queste accuse Legambiente e ANEV ieri a Roma hanno organizzato un convegno dal titolo esplicitamente pro-eolico: “Il vento fa bene all’Italia”.

Che l’eolico sia tra le fonti rinnovabili quella con il potenziale maggiore – si è spiegato nel corso del convegno – lo si capisce da qualche numero: in Europa solo nel 2009 sono stati complessivamente installati ben 10.163 MW, mentre nessun’altra fonte energetica ha avuto una performance paragonabile. Il GWEC – Global Wind Energy Association ha annunciato che la potenza eolica mondiale è cresciuta del 31% nel 2009 (Qualenergia.it – ” L’Italia dell’eolico non si ferma” e “Spira forte il vento tra i paesi leader dell’eolico”). “Come si fa allora ad accusare l’eolico di inefficienza?”, si chiede provocatoriamente Legambiente.

“E’ evidente l’urgenza di sgombrare il campo dalle falsità che girano – ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza presidente nazionale dell’associazione -. per quel che riguarda gli incentivi, per esempio, non esiste alcun privilegio o possibilità di sottrarre risorse ad altre fonti: i certificati verdi valgono per tutte le fonti rinnovabili (solare escluso, che ne ha di ben più vantaggiosi) e non sono in concorrenza. Rispetto all’impatto dell’eolico sul paesaggio, poi, le accuse sono quanto meno ipocrite. Va detto con chiarezza che gli impianti eolici installati interessano una porzione assai limitata del territorio e cioè meno del 3% dei comuni. Parliamo quindi di numeri e impatti nemmeno lontanamente paragonabili a quelli delle cave (18mila tra attive e abbandonate) o dell’abusivismo edilizio (30mila abitazioni realizzate ogni anno)”.

E proprio per rispondere a chi ritiene che l’eolico deturpi il paesaggio al convegno è stato presentato il volume fotografico “Smisurati giganti?”, che – attraverso gli scatti di Pablo Balbontin e Luca Marinelli alle turbine sparse per lo stivale – vuole far vedere come l’eolico possa integrarsi nei nostri panorami. Certo, la soluzione meno impattante, sulla quale bisogna spingere di più, resta l’eolico off-shore: “le turbine possono essere poste senza alcun problema di profondità nell’Adriatico, anche a 10-20 chilometri dalla costa, e in alcune zone della Sicilia”. In questo ha aggiunto il presidente di Legambiente “le Regioni possono fare molto”, anche se al momento solo la Puglia “è attiva a livello sistematico”, mentre la Sicilia “è balbettante”.

Altro ostacolo allo sviluppo dell’eolico in Italia il problema della rete: “in diverse parti dell’Appennino – ha denunciato Cogliati Dezza –  l’energia pulita prodotta dagli impianti eolici non riesce ad essere completamente portata alla rete. Terna dovrebbe investire subito per risolvere questi problemi e dare la possibilità di un pieno sviluppo dell’eolico come delle altre fonti rinnovabili che invece trovano troppo spesso barriere e impedimenti.”

Ma a pesare ancora di più, hanno sottolineato unanimemente Legambiente ed Anev, è l’incertezza normativa: la sentenza 166/2009 della Corte Costituzionale, dando torto alla Regione Basilicata, ha ribadito che la competenza sui criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti spetta ai Ministeri e non alle Regioni ma non sono mai state approvate le Linee Guida nazionali per la valutazione e approvazione degli impianti da fonti rinnovabili. “Continuamente rinviate forse per colpa della ‘distrazione’ causata dal nucleare. Si continua a lavorare in una situazione assurda nella quale, di volta in volta, occorre trovare soluzioni diverse nei territori con il rischio di ricorsi e polemiche”, ha fatto notare Cogliati Dezza.

A queste osservazioni ha fatto eco, nell’invocare regole certe ed omogenee, Simone Togni, segretario generale dell’Anev, che ha evidenziato come l’incertezza vada a colpire un pezzo rilevante dell’economia italiana: “l’eolico nel 2009 ha visto oltre 20mila tra addetti diretti e indiretti“. Da qui l’auspicio che “le linee guida attese per dare applicazione alla direttiva del 2001 possano essere emanate in Conferenza dei servizi prima delle elezioni”.

GM

19 febbraio 2010

 
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