I pochi studi che negano il riscaldamento globale antropogenico? Tutti sbagliati

Lo rileva una pubblicazione uscita su Theoretical and Applied Climatology: i ricercatori hanno provato a replicare i risultati delle 38 ricerche, il 3% del totale, che negano che l'attività umana sia tra le cause del cambiamento climatico, rilevando errori di vario genere in ognuno degli sudi “negazionisti”.

ADV
image_pdfimage_print

Quando si parla di cambiamento climatico di fronte a coloro, a dispetto delle evidenze, che ancora sostengono che il contributo dell’uomo sia “scientificamente controverso” si è soliti citare uno studio della letteratura scientifica del 2013 pubblicato su Environmental Research Letter: Quantifying the consensus on anthropogenic global warming in the scientific literature, di John Cook et al.

Quel lavoro mostrava che il 97-98% delle pubblicazioni scientifiche sull’argomento concludono che il climate change è reale ed è legato alle emissioni antropogeniche di gas serra.

Una successiva ricerca sulla scienza del clima, pubblicata su Theoretical and Applied Climatology, va oltre, esaminando proprio quel 2% degli studi di climatologia che non confermano la tesi del riscaldamento globale dovuto alle attività umane e, in particolare, quello 0,4% che la nega esplicitamente.

La pubblicazione (in allegato in basso) si intitola Learning from mistakes in climate research e il team di ricercatori che la firma ha fatto le pulci a 38 studi di questo tipo, ricontrollando le assunzioni di base e rifacendo i calcoli.  Il risultato è molto interessante.

Ognuna di quelle analisi contiene almeno un errore – nelle assunzioni, nella metodologia o nell’interpretazione dei risultati – che, una volta corretto, porta a risultati in linea con quelli del resto della comunità scientifica”, cioè di quel 97% delle pubblicazioni che conferma che è in atto un grave cambiamento climatico dovuto alla CO2 e agli altri gas immessi in atmosfera dall’uomo, spiega una delle autrici, Katharine Hayhoe della Texas Tech University.

Rasmus Benestad del Norwegian Meteorological Institute, che ha collaborato alla nuova ricerca, tramite un particolare software ha provato a replicare i risultati di tutti i 38 studi esaminati: nessuno arrivava a conclusioni replicabili.

Tre le principali categorie di errori nelle pubblicazioni che negano il cambiamento climatico antropogenico. Molti mettono in pratica il cosiddetto cherry-picking, cioè tengono in considerazione solo i dati che supportano la loro tesi, ignorandone altri.

Altri applicano il cosiddetto curve-fitting, “piegando” i dati fino a che non siano coerenti con la curva che si vuole ottenere, altri ancora vanno addirittura contro ai principi della fisica.

“In molti casi – leggiamo dalla ricerca – le conclusioni derivano da una insufficiente valutazione dei modelli, con risultati che non sono universalmente validi, ma che sono piuttosto il frutto di un particolare setup sperimentale.”

Risultati sbagliati a parte, c’è un altro fatto che dovrebbe far dubitare di quel 2-3% di pubblicazioni che non riconoscono l’origine umana del riscaldamento globale.

Come spiega in un articolo sul Guardian Dana Nuccitelli, tra gli autori della nuova pubblicazione, in questi studi “non c’è un’unica teoria coerente e alternativa a quella dell’origine antropogenica per spiegare il global warming. Qualcuno lo attribuisce all’attività solare, altri alle attività orbitali di altri pianeti, altri ancora ai cicli delle correnti oceaniche e così via.”

“Il 97% degli esperti – continua – concorda con una teoria supportata da una mole imponente di dati scientifici, il rimanente 2-3% dei paper ricorrono, invece, a una miriade di spiegazioni alternative, spesso in contraddizione una con l’altra.”

Il seguente documento è riservato agli abbonati a QualEnergia.it PRO:

Prova gratis il servizio per 10 giorni o abbonati subito a QualEnergia.it PRO

ADV
×