Sull’efficienza energetica abbiamo fatto meno di quel che pensiamo

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Sull'efficienza energetica abbiamo fatto meno di quel che sembrerebbe dai dati ufficiali. Lo mostra una nuova analisi di Alessandro Zini e Francesco Gracceva di ENEA che prova a stimare quanta parte del calo della domanda energetica italiana è dovuta a fattori strutturali e quanta a fattori congiunturali, crisi in primis.

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Un tema fondamentale per capire come sta cambiando il sistema energetico italiano è quello dell’andamento dei consumi o, meglio, del loro calo.

La domanda chiave è: quanto è dovuto a fenomeni congiunturali, come la crisi economica, e quanto invece a elementi strutturali, quali il miglioramento dell’efficienza energetica o la trasformazione del nostro sistema economico?

Un interessante contributo al dibattito viene da un approfondimento pubblicato dall’Enea nell’ultimo rapporto trimestrale, a firma Alessandro Zini e Francesco Gracceva.

Cardine dell’analisi proposta è il “superindice dei consumi energetici”, elaborato dall’ENEA con l’obiettivo di ottenere una valutazione sintetica dell’andamento di alcune variabili di rilievo per l’andamento dei consumi di energia: PIL, produzione industriale, gradi giorno riscaldamento, prezzi del gasolio e del gas naturale.

Il superindice presenta un’elevata correlazione con i consumi di energia primaria, come si può vedere nel grafico sotto: entrambe le curve sono rappresentate in base a dati destagionalizzati su  base 2008, mediante il metodo classico delle medie mobili.

A partire dal 2011 il superindice risulta in costante diminuzione fino all’inizio del 2014. Tutti gli indicatori che concorrono alla definizione del superindice, con la sola eccezione dei prezzi del gasolio e del gas naturale, spingono infatti verso una diminuzione dei consumi di energia. A partire dal 2014 il superindice presenta invece una modesta tendenza ascendente.

La curva relativa ai consumi di energia presenta un’evoluzione parallela a quella del superindice, ma la tendenza alla diminuzione è ancora più sostenuta con una forbice che si apre in particolare a partire dalla metà del 2011.

Poiché il superindice presenta un’elevata correlazione con i consumi di energia – spiegano gli analisti ENEA – è possibile utilizzarlo per due obiettivi.

In primo luogo, può contribuire alla costruzione di un modello esplicativo dell’andamento dei consumi finali di energia, utilizzabile anche a fini previsionali.

In secondo luogo, può aiutare a “catturare” la quota di riduzione dei consumi verificatasi in questi ultimi anni che sia verosimilmente riconducibile a un cambiamento strutturale, in contrapposizione alla quota di riduzione dei consumi riconducibile alla semplice evoluzione dei driver del sistema.

A tal fine si può stimare la differenza tra il dato realmente osservato dei consumi e quello che si sarebbe registrato se questi avessero avuto un andamento di concerto con le condizioni economiche e climatiche del sistema.

Il secondo grafico, qui sotto, mostra l’evoluzione dei consumi finali di energia che si sarebbe verificata se questi ultimi avessero seguito la stessa evoluzione del superindice ENEA. Si tratta cioè di una proiezione dei consumi di energia dal 2010 al 2016 sviluppata a posteriori sulla base di un insieme di variabili guida di cui si conosce l’andamento storico.

Questa proiezione costituisce ora la nuova traiettoria di riferimento (cioè nuova rispetto alla traiettoria SEN 2013 – Business as usual – BAU), da confrontare con i consumi storici per stimare quanta parte della riduzione dei consumi è dovuta a ragioni non contingenti, ma essenzialmente di natura strutturale.

A partire dal 2011 tra le due curve si apre una forbice, che porta nel 2016 a minori consumi per meno di 10 Mtep. Tale valore – sottolineano i due autori dell’analisi – può essere considerato una stima all’ingrosso della riduzione dei consumi legata a un ampio spettro di fattori strutturali, parte dei quali possono essere considerati virtuosi, mentre una parte corrispondono semplicemente a un cambiamento delle caratteristiche del sistema economico/energetico.

Il principale fattore virtuoso è l’incremento dell’efficienza energetica del sistema, cioè la riduzione con dati storici e scenari del consumo di energia a parità di servizio energetico richiesto. Un secondo fattore strutturale è costituito dalla riduzione della domanda di servizi energetici (ad esempio la riduzione della produzione fisica di acciaio oppure la riduzione dello spostamento delle persone).

In questo caso vi sono sia elementi che possono essere considerati virtuosi sia elementi che possono invece essere interpretati come una riduzione del benessere sociale.

Lo stesso si può dire per il terzo fattore strutturale, costituito da cambiamenti della struttura dell’economia in direzione meno energivora, ad esempio per la terziariarizzazione, lo spostamento della produzione industriale verso beni meno energy intensive o. nel caso degli usi energetici per il trasporto, un cambiamento nelle modalità di trasporto in direzione meno energivora.

Il confronto fra la Proiezione 2010 ex-post elaborata dall’ENEA e i dati storici può essere interpretata come una stima della riduzione dei consumi di energia dovuta all’insieme di tutti questi fattori, che ovviamente possono anche muoversi in direzioni diverse di anno in anno; ad esempio, con la crisi economica sembra esserci stata dapprima una riduzione della produzione industriale più energy intensive, poi un parziale recupero di quest’ultima. Questa stima non riesce invece a fornire indicazioni circa il contributo relativo di ciascuno di questi fattori.

La stima della riduzione dei consumi di energia dovuta all’insieme dei fattori strutturali risulta utile anche per un’interpretazione ex-post della notevole distanza che separa gli scenari SEN dai dati storici (grafico sotto).

“Lungi dall’essere interpretabile come un superamento degli obiettivi – spiegano gli studiosi ENEA – tale distanza sembrerebbe essere dovuta in primis alla sovrastima dell’evoluzione utilizzata come scenario di riferimento, o come scenario Business-as-Usual, nella SEN 2013”.

Peraltro, fanno notare Zini e Gracceva, “tale scenario di riferimento era stato costruito come rappresentativo dell’evoluzione tendenziale del sistema che si sarebbe avuta dal 2010 in poi in assenza di misure, avendo già presente come si era sviluppato il sistema nel 2011 e 2012 e ipotizzando una crescita economica dell’1,1% a partire dal 2014.

“L’analisi ex-post – concludono – fornisce dunque un’indicazione di rilievo, sia pure di massima: buona parte della riduzione dei consumi di energia, rispetto a proiezioni formulate anche solo pochi anni fa, non può essere attribuita a un disaccoppiamento strutturale tra driver del sistema, crescita economica in primis, e consumi energetici.”

Da queste considerazioni, aggiungono i due analisti, emerge infine un ultimo tema di rilievo, quello dell’effettiva possibilità di valutare i progressi nell’efficienza energetica del sistema, che “per le modalità in cui sono normalmente fissati gli obiettivi risulta un’attività non solo metodologicamente difficile, ma anche soggetta alla distorsione delle stime per ragioni politiche.”

L’esempio portato è lo scenario elaborato per la Commissione Europea dall’Università di Atene (mediante il modello PRIMES) nel 2007, che costituisce tuttora la traiettoria di riferimento sulla base della quale sono valutati gli incrementi di efficienza energetica per i vari paesi e sono definiti i nuovi obiettivi (proposta di direttiva contenuta nel Clean Energy Package del dicembre 2016).

“Al di là della mancata previsione della successiva crisi economica, un dato inevitabile, quello scenario – sottolineano gli autori dell’approfondimento – era anche la risultante di un processo almeno in parte ‘politico’, che lo rende inevitabilmente di difficile utilizzo come riferimento per le valutazioni successive.”

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