Nucleare, i problemi di Francia e Stati Uniti

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Un report dell'ex presidente dell'Edf mette fortemente in dubbio la credibilità del modello di reattore EPR. Negli Stati Uniti le lobby dell'atomo continuano a spendere denaro per forzare la ripartenza dell'industria che però resta in stallo. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

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Alla fine di luglio l’Eliseo ha reso pubblico un rapporto (qui la sintesi in pdf – 23 pp.) che rappresenta un pugno allo stomaco all’industria atomica francese, finora considerata un punto di riferimento internazionale.
L’autore, Francois Roussely già presidente dell’Edf (l’Enel francese), dichiara che “la credibilità del modello EPR e della capacità dell’industria nucleare francese di riuscire a realizzare nuove centrali sono state seriamente incrinate dalle difficoltà incontrate nei cantieri di Olkiluoto in Finlandia (vedi foto) e di Flamanville in Francia“.
Si suggerisce tassativamente di esaminare criticamente queste esperienze prima di iniziare nuovi cantieri e si propone di ampliare l’offerta nucleare con altre soluzioni di taglia inferiore.
Ma la critica di Roussely si estende all’attuale comparto nucleare francese che negli ultimi anni ha visto una costante riduzione del coefficiente di utilizzo delle centrali.

Dall’altro lato dell’oceano la lobby atomica preme per convincere i politici ad approvare nuove azioni di sostegno del settore. Nel 2007 14 società americane hanno speso ben 48 milioni di dollari per creare un contesto favorevole al nucleare attraverso la definizione di fondi di garanzia e altri incentivi. Considerando poi gli ultimi 15 anni, è stato calcolato che i lobbisti nucleari Usa hanno avuto a disposizione ben 953 milioni di dollari per preparare il ritorno dell’atomo e far dimenticare quello che negli anni Ottanta è stato definito il più grave disastro industriale della storia americana.


Gianni Silvestrini (direttore scientifico di QualEnergia)




2 settembre 2010


 


 


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