Attività offshore di Eni al largo di Gaza. Verdi e M5S chiedono il blocco

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Un'interrogazione parlamentare e una mozione alla Camera sollecitano il governo a interrompere l'esplorazione di gas naturale concessa da Israele in aree marittime che la Palestina rivendica come proprie.

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Le attività di esplorazione di Eni alla ricerca di gas naturale al largo della Striscia di Gaza finiscono nel mirino di alcune forze politiche italiane, che con due diverse azioni parlamentari ne chiedono lo stop.

Lo scorso 29 ottobre, nel pieno del conflitto, il ministro dell’energia e delle Infrastrutture di Israele, Israel Katz, aveva annunciato concessioni triennali nella Zone economica esclusiva (Zee) nazionale a Eni, Dana Petroleum e Ratio Energies (Zona G) e a SOCAR, BP e NewMed Energy (Zona I).

Il Movimento 5 Stelle, in una mozione sulla crisi in Medio Oriente che vede come primo firmatario il capogruppo alla Camera Francesco Silvestri presentata ieri 13 febbraio, ha chiesto al governo di “intraprendere urgentemente iniziative volte a sospendere l’attività dell’Eni collegate alla licenza di sfruttamento del giacimento di gas offshore di fronte a Gaza nell’area marittima G, nel pieno rispetto dei principi di diritto internazionale e della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982”.

Il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli ha dato parere negativo alla mozione.

Oggi, invece, durante il question time alla Camera, il leader dell’Alleanza Verdi-Sinistra Angelo Bonelli ha presentato un’interrogazione al ministro degli Esteri Antonio Tajani (link in basso) nella quale ha ricordato che “per il 62% la Zona G rientra nei confini marittimi dichiarati dallo Stato di Palestina nel 2019, in conformità con le disposizioni della Convenzione Onu sul diritto del mare, di cui Gaza è firmataria”. “Poiché Israele non riconosce la Palestina come Stato – si legge – non ha diritto legale sulle zone marittime”.

Per l’Alleanza Verdi-Sinistra quello di Israele è “un operato predatorio nello sfruttamento di risorse naturali in termini di approvvigionamento energetico”, pertanto Bonelli ha chiesto a Tajani di “attivarsi perché l’Eni non intraprenda le attività di esplorazione delle acque appartenenti  alla Palestina”.

Le due azioni parlamentari sono nate in seguito alla denuncia fatta lo scorso 8 febbraio da 4 gruppi palestinesi per i diritti umani, Al Mezan Center for Human Rights, Al Haq, Palestinian Centre for Human Rights (Pchr) e Adalah, che accusavano Israele di star elargendo concessioni in territori non di sua proprietà.

Oltre alle licenze già assegnate nella Zona G, Israele ha emesso gare anche per le Zone H ed E, che sono rispettivamente per il 73% e per il 5% nei confini marittimi rivendicati dalla Palestina. Il governo israeliano ha replicato sostenendo che, non riconoscendo la Palestina come stato sovrano, quest’ultima non ha l’autorità di dichiarare i propri confini in acqua.

Lo scorso 6 febbraio Al-Haq, Al Mezan e Pchr hanno inviato diffide a Eni, Dana Petroleum Limited e  Ratio Petroleum, intimando loro di “desistere dall’intraprendere qualsiasi attività nelle aree della Zona G che ricadono nelle aree marittime dello Stato di Palestina” perché ciò “costituirebbe una flagrante violazione del diritto internazionale”.

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