Va raccontata la verità di una transizione energetica che sarà scomoda

La transizione energetica non sarà un processo win-win per tutti e per vincere sul clima bisognerà comunicare la verità. La legge sull'energia in edilizia in Germania e i confliti che ne sono seguiti raccontano della complessa situazione.

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Il conflitto attorno al “Gebäude Energie Gesetz” (la legge sull’energia in edilizia) in Germania fa emergere un profondo cambio della narrativa sulla transizione energetica.

È morta la favola del “win-win”; la transizione energetica sarà un processo scomodo e doloroso per tutti.  Per qualcuno di più, per qualcuno meno, solo per pochi però sarà una situazione “win-win”.

Il ministro verde dell’economia e del clima, Robert Habeck, ha presentato una proposta di legge che prevede l’obbligo per tutti gli impianti di riscaldamento installati dal 2024 di produrre il 65% del calore da fonti rinnovabili, nella maggioranza dei casi con pompe di calore. Potrebbe sembrare una di quelle leggi noiose ma necessarie, per raggiungere la neutralità climatica.

Per chi deve sostituire la caldaia, il metano non conviene, figuriamoci il gasolio, visto che i prezzi sono alti e con la tassa sul CO2 dal 2026 aumenteranno. Lo stesso vale per le nuove costruzioni. Perché installare un sistema fossile in un nuovo edificio che durerà decenni?

Il discorso tecnico-economico non fa una piega.

Dai cittadini è stato però recepito con irritazione, preoccupazione e diffuso rifiuto. Lo sfruttamento in malafede di questo disagio popolare da parte della politica, che guarda ai voti e non il futuro, è scontato e non necessita spiegazioni, ancora di meno in Italia («La casa italiana è sacra. Non si tocca non si tassa»).

Interessa di più l’incapacità del governo e dei combattenti della transizione energetica di comunicare in modo chiaro la verità ecologica ed economica: la lotta ai cambiamenti climatici è arrivata.

Il disastro comunicativo del ministro tedesco, dei suoi collaboratori e di tutta la comunità degli esperti energetici, quasi tutti verdi pure loro, non è un caso. L’incapacità è strutturale.

Siamo di fronte a una tribù, distribuita nei ministeri, negli istituti di ricerca e le università che gode di stipendi medio-alti, una vita agiata ma che sente l’urgenza di contrastare i cambiamenti climatici.

I suoi avversari sono le vecchie forze del sistema fossile e il loro braccio politico, prevalentemente di destra. Di mezzo c’è la maggioranza delle persone che non ha ancora compreso la minaccia epocale dei cambiamenti climatici.

Una visione elitaria. Un indicatore è la profonda spensieratezza con la quale le posizioni decisionali per la transizione energetica, nella politica e negli istituti, sono stati assegnati tramite cooptazione. Sorelle, amici, cognati – tutto in buona fede perché siamo noi gli unici che hanno capito la posta in gioco.

Gli altri, per anni, hanno prima ignorato e poi frenato. Perché affidare loro le posizioni decisionali ora? Che il sottosegretario per la legge sull’energia nell’edilizia si sia dovuto dimettere perché ha favorito il suo uomo migliore come boss dell’agenzia energetica federala (Dena) è un segnale di questa mentalità elitaria diffusa.

Con una situazione così drammatica affinché la legge sull’energia nell’edilizia possa entrare in vigore prima possibile, la priorità diventa raccontare la verità ecologica: non è vero che la transizione energetica farà stare tutti meglio, che aumenteranno i posti di lavoro qualificati nel settore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, che migliorerà la qualità dell’ambiente e che il rifornimento energetico sarà sicuro e a prezzi abbordabili.

Qualcosa di tutto ciò avverrà ma la transizione energetica sarà anche un processo scomodo e a volte doloroso. Sarà compito della politica renderlo meno doloroso per le fasce deboli e invece un po’ più scomodo per i ricchi e super-ricchi.

Prima di vincere però è necessario spostare la battaglia sul campo giusto.


L’articolo è stato pubblicato sul n.2/2023 della rivista QualEnergia con il titolo “Transizione scomoda”.

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