Lo scandalo dei profitti delle compagnie fossili: quasi 3 miliardi $ al giorno negli ultimi 50 anni

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Somme così ingenti che possono "comprare ogni politico" e l'intero sistema economico, ritardando l'azione contro la crisi climatica, secondo l'autore di una nuova analisi.

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L’industria del petrolio e del gas ha generato 2,8 miliardi di dollari al giorno di profitti negli ultimi 50 anni.

Lo ha evidenziato una nuova analisi, secondo cui dal 1970 a oggi i paesi dell’Opec, altri produttori sovrani e le aziende dei carburanti e combustibili fossili hanno guadagnato, al netto dei costi, 52.000 miliardi di dollari – denaro più che sufficiente per “comprare ogni politico, ogni sistema” e per ritardare l’azione sulla crisi climatica.

È quanto ha affermato Aviel Verbruggen, autore dell’analisi citato dal Guardian, secondo cui tali enormi profitti sono stati gonfiati da cartelli di Paesi che hanno limitato artificialmente l’offerta.

L’analisi, basata sui dati della Banca Mondiale, ha valutato la “rendita” di posizione assicurata dalle vendite globali di petrolio e gas, riferendosi ai profitti non “guadagnati” in una situazione di concorrenza, ma estratti grazie ad una posizione dominante, dopo aver dedotto il costo totale di produzione.

Lo studio non è ancora stato pubblicato su una rivista accademica, ma tre esperti dell’University College di Londra, della London School of Economics e del think-tank Carbon Tracker hanno confermato l’accuratezza dell’analisi, definendo il totale un “numero sbalorditivo“.

Quella condotta da Verbruggen dovrebbe essere la prima valutazione a lungo termine dei profitti totali del settore, con la rendita di posizione del petrolio che pesa per l’86% del totale.

Si tratta di un dato che vale la pena incrociare con altri due: i sussidi alle fonti fossili e l’andamento delle emissioni di gas serra, anche se non sono necessariamente riferiti agli stessi periodi.

Tra il 2018 e il 2020, i governi hanno speso ben 18.000 miliardi di dollari, cioè il 7% del Pil mondiale del 2020, in sussidi ai combustibili fossili, in alcuni casi riducendo il sostegno alle energie rinnovabili, secondo un rapporto pubblicato a giugno da REN21, come dettagliato in un precedente articolo. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, l’industria dei combustibili fossili beneficia di sussidi per 16 miliardi di dollari al giorno.

Nel frattempo, le emissioni globali di CO2 legate all’energia sono aumentate del 6% nel 2021 a 36,3 miliardi di tonnellate, il livello più alto mai raggiunto, comunicava l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) lo scorso marzo.

L’aumento delle emissioni globali di CO2 l’anno scorso è stato di oltre 2 miliardi di tonnellateil più elevato nella storia in termini assoluti – e ha più che compensato il calo indotto dalla pandemia nel 2020, ha spiegato la Iea, come evidenziato in un altro precedente articolo.

Se si guarda allo stesso periodo considerato da Verbruggen, si osserva che nei 50 anni dal 1970 al 2020, le emissioni nocive sono aumentate di circa 22 miliardi di tonnellate, passando da circa 13 a circa 35 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, secondo la Iea.

Come dire che ogni miliardo di dollari di profitti del settore Oil&Gas ha pesato sul clima con oltre 423mila tonnellate di CO2.

Le emissioni prodotte dai combustibili fossili hanno provocato la crisi climatica e contribuito all’esacerbarsi delle condizioni meteorologiche estreme, tra cui le attuali ondate di calore che stanno colpendo l’Italia, il  Regno Unito, la Francia e molti altri Paesi dell’emisfero settentrionale.

Le compagnie petrolifere sapevano da decenni che le emissioni di carbonio stavano pericolosamente riscaldando il pianeta.

“Sono rimasto davvero sorpreso da questi numeri così alti: sono enormi“, ha dichiarato Verbruggen, economista dell’energia e dell’ambiente presso l’Università di Anversa, in Belgio, ed ex autore principale di un rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici.

“È una quantità di denaro enorme”, ha detto a The Guardian. “Si può comprare ogni politico, ogni sistema con tutti questi soldi, e credo che sia successo, proteggendo [i produttori] da interferenze politiche che potrebbero limitare le loro attività”.

Le rendite acquisite con lo sfruttamento delle risorse naturali non sono guadagnate, ha detto Verbruggen. “È puro profitto. Hanno catturato l’1% di tutta la ricchezza del mondo senza fare nulla per questo“, ha detto il docente, secondo cui il profitto medio annuo dal 1970 al 2020 è stato di 1 trilione di dollari, destinato probabilmente a raddoppiare nel 2022.

L’accaparramento di profitti sta frenando l’azione del mondo sull’emergenza climatica, ha aggiunto.

“Sta davvero togliendo soldi alle alternative. In tutti i Paesi, la gente ha così tante difficoltà solo a pagare le bollette del gas, dell’elettricità e del petrolio, che non ci restano soldi per investire nelle energie rinnovabili”, ha affermato Verbruggen.

“Come minimo, queste aziende dovrebbero investire una quota molto maggiore dei loro profitti per passare all’energia a basse emissioni di carbonio rispetto a quanto avviene attualmente. Finché non lo faranno, le loro affermazioni di essere parte della transizione energetica a basse emissioni di carbonio saranno tra gli esempi più eclatanti di greenwashing“, ha commentato Paul Ekins, dell’University College di Londra.

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