L’America di Trump è pronta a esportare “molecole di libertà” in tutto il mondo.
Avete letto bene: la fonte è una nota del Department of Energy (DOE) in cui si parla di “molecules of U.S. freedom to be exported to the world” grazie alle misure varate dallo stesso dipartimento.
Tali molecole appartengono al gas naturale liquefatto, oppure, se preferite rimanere nel colorito linguaggio dell’amministrazione repubblicana, al “freedom gas” evocato dal sottosegretario all’energia, Mark W. Menezes, quando ha commentato la decisione del DOE di espandere il terminale LNG di Freeport sull’isola di Quintana, in Texas.
L’obiettivo è incrementare le esportazioni di gas americano per fornire ai paesi amici degli Stati Uniti una risorsa conveniente e diversificata di “energia pulita”.
Che poi la stessa idea di energia pulita applicata al gas prodotto in America è un po’ fuorviante, perché il boom del settore si è avuto grazie allo sfruttamento intensivo dei giacimenti non convenzionali degli idrocarburi contenuti nelle rocce di scisto (shale gas), con tutti i problemi ambientali connessi alla tecnica impiegata per l’estrazione, il fracking (vedi anche qui).
Ma torniamo al gas della libertà.
Il tema è quello sentito più volte (anche in Europa: pensiamo ai progetti di gasdotti come il TAP in Italia) della sicurezza energetica, della varietà delle forniture. Poi la politica di Trump ha sempre avuto un talento speciale, nel piegare ogni concetto allo slogan di rifare grande il Paese (Make America great again).
Così la nota del DOE pone l’accento sulla possibilità di creare nuovi posti di lavoro e sviluppare l’economia nazionale, tramite i nuovi investimenti nel terminale texano.
Di “freedom gas” si era già discusso in queste settimane, sempre con toni lievemente sopra le righe.
Difatti, all’inizio di maggio, il segretario di Stato all’energia, Rick Perry, era andato a Bruxelles per sottoscrivere un paio di accordi, volti a raddoppiare al 2020 le esportazioni di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti all’Europa arrivando a 112 miliardi di metri cubi/anno.
E in quell’occasione, Perry aveva affermato che l’America stava di nuovo portando una forma di libertà al continente europeo, grazie per l’appunto al gas, così come 75 anni prima aveva portato la libertà con i suoi giovani soldati che avevano sconfitto l’occupazione nazista (vedi le dichiarazioni originali riportate qui dall’agenzia EurActiv).
Intanto il governatore dello Stato di Washington, Jay Inslee, candidato alle primarie democratiche e fermo sostenitore della green economy, si chiedeva su Twitter se l’annuncio del DOE fosse uno scherzo, ricordando anche l’episodio delle “freedom fries” del 2003, quando i repubblicani ribattezzarono così le “French fries” nel menù delle caffetterie del Congresso, in polemica con la decisione francese di opporsi alla politica di Bush in Iraq.
La libertà dall’aria pulita non è quella che stiamo cercando, spiegava poi Inslee, con un chiaro riferimento all’inquinamento originato dall’industria americana dello shale gas.
D’altronde, se per Trump l’eolico può causare il cancro e il cambiamento climatico è una bufala e perfino il carbone è compatibile con l’ambiente, è chiaro che il gas può essere pulito, anzi pulitissimo, in questa geopolitica delle fake news.