Le pressioni del think tank (anti) climatico ungherese alla vigilia delle europee

MCC Brussels, ramo europeo del principale istituto scolastico privato dell'Ungheria, finanziato dall'azienda nazionale oil&gas magiara e legato a doppio filo al governo Orban, organizza un convegno invitando esperti critici delle scienze climatiche.

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Il 23 maggio in un centro conferenze nell’area alle spalle del Parlamento europeo di Bruxelles un think tank finanziato con i soldi del settore del fossile e strettamente legato al governo ungherese ha ospitato un convegno di esperti critici delle scienze climatiche (qui il video) per mettere in discussione il consenso delle politiche energetiche e ambientali dell’Ue a due settimane dalle elezioni.

Si tratta di MCC Brussels, il ramo europeo del Mathias Corvinus Collegium, il più grande istituto scolastico privato dell’Ungheria con sede a Budapest.

La divisione che analizza in chiave euroscettica le politiche comunitarie è nata nel 2022 per “scuotere il dibattito”, secondo le intenzioni del suo fondatore e direttore esecutivo Frank Furedi.

Il Collegio invece è stato fondato nel 1996 e negli anni ha consolidato il suo rapporto con il potere in Ungheria. Nel 2020, il Parlamento magiaro gli ha conferito una partecipazione del 10% nella società oil&gas nazionale MOL e nell’azienda farmaceutica Gedeon Richter, per un valore complessivo di 1,3 miliardi di dollari, oltre a 462 milioni di dollari in liquidità e 9 milioni di dollari di proprietà.

Gli interessi di MCC Brussels

Secondo quanto riferito dal New York Times, nel 2022 MOL ha annunciato dividendi per 652 milioni di dollari da distribuire tra i suoi azionisti, con 65 milioni di dollari destinati a MCC.

I recenti profitti di MOL sono stati direttamente attribuiti al suo accesso al petrolio e al gas russi a basso costo, mentre l’amministratore delegato dell’azienda ha utilizzato un evento MCC nel 2023 per sostenere che le sanzioni contro la Russia siano inefficaci.

MCC Brussels ha anche apertamente sostenuto le recenti proteste degli agricoltori, organizzando una manifestazione davanti al Parlamento europeo a gennaio.

Che il presidente del consiglio di amministrazione di MCC si chiami Balázs Orbán, proprio come il premier ungherese, è soltanto una coincidenza (i due non sono infatti imparentati). Ma non sorprende che i panel organizzati da MCC Brussels facciano da eco a battaglie storiche portate avanti dal leader autoritario ed euroscettico, dal clima alla crisi migratoria, dai diritti civili ai conflitti internazionali.

Le tesi climatica degli invitati

Uno dei relatori all’evento di giovedì scorso ha messo in dubbio gli obiettivi net-zero della Commissione Ue, definendoli “dogmatici”.

Si chiama Samuel Furfari, consulente della Global Warming Policy Foundation, il principale gruppo negazionista della scienza climatica del Regno Unito, che in passato aveva diffuso l’opinione che l’anidride carbonica sia stata erroneamente definita “inquinamento”, quando in realtà essa sarebbe un “beneficio per il pianeta”.

C’era anche Anthony O’Hear, professore di filosofia presso l’ Università di Buckingham (Regno Unito), secondo il quale la “scienza del clima” si basa su modelli “piuttosto discutibili”. Nel suo discorso ha anche aggiunto che le conoscenze scientifiche sul cambiamento climatico sono “molto più incerte di quanto si creda”.

Giova anche ricordare che l’Università di Buckingham è affiliata all’Institute of Economic Affairs, un think tank britannico che è stato finanziato dalla major petrolifera BP per almeno 50 anni.

Il senso dell’evento, peraltro scarsamente frequentato, era marcare il fatto che le politiche climatiche europee impoverirebbero la classe media lavoratrice e arricchirebbero altre economie come quella cinese. È la nuova forma di negazionismo climatico, piuttosto diffusa, anche in alcune aree della classe politica.

Ma in realtà, nemmeno le aziende produttrici di combustibili fossili rifiutano le tesi sul proprio impatto dannoso per l’ambiente e il clima; cercano solo di ritardare la transizione energetica inquadrandola come contraria al benessere delle persone o alla sicurezza economica.

Eppure, molte analisi e dati ci dicono che sarà proprio l’inazione a portare i danni finanziari peggiori, come mostrato ad esempio da un recente studio del Potsdam Institute for Climate Impact Research pubblicato su Nature.

Insomma, da Budapest una vera e propria chiamata alle armi dei negazionisti climatici, proprio mentre l’Ungheria si prepara ad assumere a luglio la presidenza di turno del Consiglio Ue e alla vigilia di una tornata elettorale che ci si aspetta particolarmente favorevole per le forze euroscettiche.

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