Piano Ue per le ripresa: bene, ma servono più garanzie che sia verde

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Commenti e considerazioni del WWF sul Recovery Fund presentato dalla Commissione Ue.

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Ambizioso ma incompleto e con più di una scappatoia per proseguire investimenti insostenibili sotto il profilo ambientale: questo, in sintesi, è il giudizio dato dal WWF al piano di rilancio economico post-Covid (Recovery Fund) annunciato ieri, mercoledì 27 maggio, dalla Commissione europea.

“Quanto dichiarato oggi (ieri, ndr) dalla Presidente von der Leyen dimostra che si sta facendo uno sforzo al fine di mantenere l’impegno della Commissione Europea per rendere il Green Deal il ‘motore’ della ripresa economica”, ha affermato Ester Asin, direttore di WWF EPO (European Policy Office).

“Purtroppo, però, le misure sono ancora insufficienti e la ripresa è in stallo. In particolare, mancano meccanismi chiari per implementare e far rispettare le condizionalità green e per garantire che i fondi destinati agli Stati Membri non siano impiegati in attività dannose per l’ambiente, come quelle che favoriscono i combustibili fossili o la realizzazione di nuovi aeroporti e autostrade”.

Mentre la Commissione europea, evidenzia una nota del WWF, cita una serie di settori chiave per la creazione di posti di lavoro green, come quelli dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili, la quota complessiva dei finanziamenti destinati a tali settori risulta essere poco chiara e sono praticamente assenti gli investimenti diretti alla tutela del patrimonio naturale.

Bruxelles propone, inoltre, si legge nel documento dell’associazione ambientalista, di introdurre delle linee guida sui “vincoli verdi” che dovrebbero condizionare qualsiasi sostegno UE alle imprese (tramite il meccanismo Invest-EU), ma non c’è alcuna garanzia che il pacchetto complessivo aderisca al principio di evitare il danno all’ambiente.

Il WWF, a proposito delle potenzialità economiche delle scelte green, ricorda come dal 2000 al 2015 la crescita di posti di lavori verdi in Europa sia stata sette volte superiore a quella del resto dell’economia e come oggi ci siano 9 milioni di addetti nel settore dell’energia pulita, destinati a raddoppiare entro il 2030.

Fin dall’inizio della crisi, il WWF ha affermato in modo inequivocabile che una vera ripresa green non può sostenere attività dannose per l’ambiente, ma dovrebbe includere investimenti sostanziali in settori a zero emissioni di carbonio e nel ripristino della natura (almeno per 50% del totale); ripristinare l’obiettivo di spesa per il clima nell’ambito dell’attuale bilancio UE entro la fine del 2020; utilizzare la tassonomia dell’UE per individuare le attività che dovrebbero essere sostenute per raggiungere questi obiettivi.

Mentre il principio del “non nuocere” viene menzionato una volta, continua il WWF, e la Commissione afferma che “il sostegno dovrebbe essere coerente con gli obiettivi climatici e ambientali dell’Unione”, non c’è chiarezza su come questo debba concretizzarsi. Inoltre, il principio sembra applicarsi solo agli investimenti pubblici per la ripresa, e non ai 1.100 miliardi di euro derivanti del bilancio dell’UE, lasciando così una porta aperta ai finanziamenti destinati ai settori inquinanti.

Inoltre, spiega l’associazione, la Commissione si impegna a utilizzare la tassonomia UE per guidare gli investimenti nella ripresa dell’Unione Europea, ma non per il Quadro Finanziario Pluriennale (QFP), lasciando aperte grandi domande su come esattamente questa tassonomia sarà applicata alla spesa nell’ambito del QFP.

Poi per quanto riguarda la spesa per il clima e l’ambiente nel QFP, fa notare il WWF, la Commissione ha mancato il bersaglio, continuando a fare riferimento alla sua precedente proposta di una spesa pari al 25% solo per l’azione climatica, senza prendere in considerazione di aumentare l’obiettivo come richiesto a suo tempo dal Parlamento europeo.

Nel piano c’è anche la proposta di aumentare il Fondo di Giusta Transizione a 40 miliardi di euro. Sebbene questa decisione sia importante e benvenuta, per il WWF il fondo deve escludere esplicitamente tutti i combustibili fossili e non può sostituire le altre fonti di finanziamento e gli investimenti aziendali che sono cruciali per aiutare le regioni ad abbandonare le attività ad alto tasso di emissioni di carbonio.

La Commissione ha finora autorizzato 2.000 miliardi di euro di aiuti di Stato da parte degli Stati membri, termina la nota, senza però fare riferimento a condizionalità ambientali significative. E oggi non è riuscita a fornire linee guida più chiare. La Commissione dovrebbe richiedere agli Stati membri di subordinare il sostegno almeno alla condizione che le grandi aziende dei settori ad alto tasso di emissione di carbonio producano piani credibili per la transizione, verso un modello economico-produttivo a carbonio zero.

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