Petrolio, via libera UK a Rosebank… nonostante gli avvertimenti Iea

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Due giorni dopo che l'Agenzia internazionale per l'energia ha invitato a fermare i nuovi progetti fossili, scatta il semaforo verde del Regno Unito al nuovo giacimento nel Mare del Nord.

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Martedì, nella sua nuova Net Zero Roadmap, l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), ha raccomandato di fermare tutti i nuovi investimenti nell’oil & gas, per arrivare a emissioni nette zero al 2050 e provare a contenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 °C dai livelli preindustriali.

Mercoledì, cioè ieri, la Gran Bretagna ha invece dato il via libera a uno dei suoi più grandi progetti di petrolio e gas degli ultimi anni, il giacimento Rosebank situato nel Mare del Nord, a ovest delle Shetland, di proprietà della norvegese Equinor.

Per il Regno Unito, la sicurezza energetica è la priorità, si è giustificato il governo britannico, ed è evidente che questa sicurezza è legata ancora alle fonti fossili, nella visione del premier Rishi Sunak, che di recente ha anche frenato bruscamente sui piani per arrivare a emissioni nette zero entro il 2050.

“Continueremo a supportare l’industria del petrolio e del gas del Regno Unito per sostenere la nostra sicurezza energetica, far crescere la nostra economia e aiutarci a realizzare la transizione verso un’energia più economica e più pulita”, ha dichiarato la ministra della Sicurezza energetica, Claire Coutinho.

Fanno sorridere le sue precisazioni, che Rosebank avrà una minore intensità di emissioni rispetto ai giacimenti classici, perché il processo di estrazione sarà alimentato dall’elettricità.

Il giacimento di Rosebank, anche se relativamente piccolo nel contesto globale, produrrà nel corso della sua vita 300 milioni di barili di petrolio: stando ai valori medi di emissione associati a un barile di petrolio, sono circa 160 milioni di tonnellate di CO2.

Considerando che più o meno quattro quinti delle emissioni del petrolio sono dovute alla combustione, elettrificare l’estrazione, anche con elettricità da Fer, sembra un pannicello caldo; tanto più che, spiega Equinor, il giacimento inizierà la produzione nel 2026/27 ma sarà elettrificato non prima del 2030.

Come ricordavamo all’inizio, la decisione di Londra va nella direzione opposta a quella suggerita dalla Iea, agenzia intergovernativa storicamente prudente sull’abbandono delle fossili e sulla crescita delle Fer, che negli ultimi anni sembra però aver preso coscienza della necessità di accelerare la transizione.

Nella roadmap aggiornata che secondo l’Agenzia dobbiamo seguire per fermare a 1,5 ° il riscaldamento globale, la crescita delle Fer taglierà la domanda di combustibili fossili del 25% entro il 2030, riducendo le emissioni del 35% rispetto al massimo storico registrato nel 2022. Entro il 2050, il consumo di combustibili fossili scenderà poi dell’80%.

Di conseguenza, spiega la Iea, non bisogna investire in nuovi progetti upstream di petrolio e gas, mentre sarà necessario portare avanti parte dei progetti già approvati.

Sul fronte interno, il via libera a Rosebank ha suscitato sdegno da parte di ambientalisti e Verdi, con la deputata dei Greens Caroline Lucas che ha parlato di atto “moralmente osceno” di cui “questo governo deve essere ritenuto responsabile”.

Più complessa, per non dire contraddittoria, la posizione dei Laburisti. Da un lato, il Labour dichiara di voler bloccare tutti i nuovi progetti oil&gas nel Mare del Nord, tra cui Rosebank, e ha esortato a chiudere il giacimento prima che inizi la produzione; dall’altra, il leader laburista, Sir Keir Starmer, ha detto che se vincerà le prossime elezioni, non revocherà la licenza di Rosebank, affermando che consentire l’avanzamento dell’esplorazione fornirebbe “stabilità” all’economia e sosterrebbe migliaia di posti di lavoro.

Tra le critiche degli ambientalisti c’è quella che la Gran Bretagna avrà pochi vantaggi dal nuovo giacimento, poiché la maggior parte del greggio verrà lavorato all’estero. Equinor, citata da Reuters, ribatte che il tipo di petrolio che sarà estratto da Rosebank può essere utilizzato nella maggior parte delle raffinerie, inclusa quelle britannche, e che il paese può comunque comprare il greggio del nuovo giacimento sul mercato.

La produzione oil & gas dal Mare del Nord britannico si è ridotta di due terzi negli ultimi 20 anni, ma l’industria continua a contribuire in modo significativo all’economia, sostenendo 200.000 posti di lavoro e prevedendo di fornire 50 miliardi di sterline di entrate fiscali nei prossimi cinque anni, secondo il governo.

Equinor, che detiene una partecipazione di maggioranza in Rosebank, investirà 3,8 miliardi di dollari insieme al suo partner Ithaca Energy per sviluppare la prima fase del giacimento. Dovrebbe invece arrivare a 9,8 miliardi di dollari l’investimento per tutta la durata del giacimento fino al 2051, compreso il decomissioning.

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