Petrolio ed effetto Covid 19: per il 2020 a rischio quasi tutti i nuovi progetti oil&gas

CATEGORIE:

Le stime di Wood Mackenzie: il crollo dei prezzi del barile ha messo fuori mercato la maggior parte delle iniziative upstream.

ADV
image_pdfimage_print

L’emergenza coronavirus con il tracollo del prezzo del petrolio sta mettendo a dura prova la tenuta dell’industria fossile.

Secondo una recente analisi di Wood Mackenzie, citata da vari articoli della stampa di settore, nel 2020 quasi tutti i progetti che si trovano nella fase di “pre-FID” (FID: final investment decision, cioè la fase che precede la decisione finale sull’investimento) saranno posticipati.

E solo dieci degli oltre 50 potenziali progetti nell’upstream di petrolio e gas hanno qualche possibilità di andare avanti. Più in dettaglio, secondo gli analisti, 110 miliardi di dollari in nuovi investimenti saranno quasi certamente ritardati oppure cancellati, con altri 100 miliardi di $ a rischio.

Così gli investimenti in nuova estrazione petrolifera potrebbero rimanere intorno ai 22 miliardi di $ quest’anno. Il punto, evidenzia Wood Mackenzie, è che oltre metà dei progetti in fase pre-FID nel 2020 sono sufficientemente remunerativi solo con un prezzo del barile sopra ai 50 dollari.

Un livello lontanissimo dalle attuali quotazioni: il calo della domanda e la guerra dei prezzi tra Russia e Arabia Saudita (vedi anche qui) ha continuato a spingere verso il basso il valore del barile, facendolo viaggiare ben sotto 30 dollari in diverse occasioni e mettendo fuori mercato, per primi, tutti quei giacimenti (come lo shale oil americano) che hanno costi più elevati per l’estrazione del greggio.

Ad aggravare l’attuale situazione di crisi del petrolio, secondo una recente analisi di Rystad Energy, potrebbe poi contribuire l’eccesso di offerta di oro nero e il progressivo riempimento di tutta la capacità globale di stoccaggio, a fronte di un perdurante calo dei consumi dovuto all’emergenza coronavirus.

Secondo le stime, il 76% della capacità mondiale di stoccaggio è già impegnata; in sostanza, afferma Rystad Energy, nel volgere di pochi mesi si saranno riempiti tutti i serbatoi.

Gli analisti, infatti, stimano che l’offerta supererà la domanda di circa 6 milioni di barili giornalieri in media nel 2020, accumulando così un ulteriore stock di circa 2 miliardi di barili in un anno; tuttavia, la capacità ancora disponibile arriva a 1,7 miliardi di barili.

Andando avanti di questo passo, chiarisce infine la nota, i prezzi sono destinati a seguire lo stesso andamento del 1998, quando l’indice Brent era sceso sotto 10 dollari al barile.

ADV
×