Petrolio a picco verso i 10 dollari al barile? È una possibilità concreta

CATEGORIE:

Le analisi di Rystad Energy e IHS evidenziano sul mercato petrolifero un surplus di offerta mai visto prima, con il rischio di riempire del tutto gli stoccaggi entro pochi mesi.

ADV
image_pdfimage_print

L’andamento del prezzo del petrolio è tra i temi più dibattuti per quanto riguarda l’energia, in questa fase dell’emergenza coronavirus (vedi anche la nostra intervista al prof. Ugo Bardi).

Come si evolverà il rapporto tra domanda e offerta? Di quanto si ridurrà il consumo globale di oro nero? Che esito avrà la guerra dei prezzi tra Arabia Saudita e Russia?

Intanto le quotazioni continuano a viaggiare molto al di sotto dei 30 dollari al barile (oggi a 22,6 $ al WTI) con la prospettiva, ipotizzata da alcuni analisti oltre che dalle stesse compagnie petrolifere, di crollare per qualche periodo fino a 10 dollari al barile.

A portare verso valori così bassi, infatti, potrebbe ampiamente contribuire l’eccesso di offerta e il progressivo riempimento di tutta la capacità globale di stoccaggio, a fronte di un perdurante calo dei consumi dovuto all’emergenza coronavirus.

La società di consulenza Rystad Energy, in una nota, spiega che il più grande surplus petrolifero mai visto nella storia in un singolo trimestre colpirà il mercato globale da aprile, creando uno squilibrio nell’ordine dei 10 milioni di barili giornalieri e mettendo in crisi gli impianti di stoccaggio, che non saranno più in grado di accumulare scorte.

Secondo le stime, il 76% della capacità mondiale di stoccaggio è già impegnata; in sostanza, afferma Rystad Energy, nel volgere di pochi mesi si saranno riempiti tutti i serbatoi.

Gli analisti, infatti, stimano che l’offerta supererà la domanda di circa 6 milioni di barili giornalieri in media nel 2020, accumulando così un ulteriore stock di circa 2 miliardi di barili in un anno; tuttavia, la capacità ancora disponibile arriva a 1,7 miliardi di barili.

Andando avanti di questo passo, chiarisce infine la nota, i prezzi sono destinati a seguire lo stesso andamento del 1998, quando l’indice Brent era sceso sotto 10 dollari al barile.

Cifre sostanzialmente analoghe, con minime differenze, sono state riportate da IHS, che al pari di Rystad Energy evidenzia la vulnerabilità crescente del mercato petrolifero con alcuni paesi, quelli con le minori capacità di accumulare la produzione nazionale inutilizzata (Nigeria e Canada, ad esempio), più esposti al rischio di dover rallentare o perfino chiudere i rubinetti dei giacimenti.

Ricordiamo che l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA, International Energy Agency) nel suo ultimo bollettino stimava che la domanda petrolifera calerà su base annua per la prima volta dal 2009, perdendo circa 90.000 barili giornalieri nel 2020 in confronto ai dodici mesi precedenti; ma le perdite potrebbero essere ancora più consistenti.

L’ultimo vertice dell’OPEC si era chiuso con il braccio di ferro tra sauditi e russi senza che si fosse trovato l’accordo per tagliare di 1,5 milioni di barili la produzione petrolifera quotidiana, in modo da ridurre il surplus di offerta sul mercato internazionale.

Allora l’Arabia Saudita aveva deciso di aumentare la sua produzione a 10 milioni di barili/giorno dal prossimo aprile e di offrire il suo greggio a prezzi scontati di qualche dollaro, con il chiaro obiettivo di mettere sotto pressione l’industria petrolifera russa (e anche quella americana dello shale oil), perché sia Russia che Stati Uniti non possono competere a lungo con prezzi del barile troppo bassi.

ADV
×