Materie prime critiche, la Ue verso obiettivi ancora più ambiziosi?

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Gli Stati membri puntano a rafforzare, rispetto al regolamento presentato dalla Commissione, i target per la capacità di lavorazione e riciclo "made in Europe" di vari elementi essenziali per le energie pulite, come litio, cobalto, nichel.

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Si rafforzano i contorni del Critical Raw Materials Act, il provvedimento proposto a marzo dalla Commissione europea per ridurre la dipendenza Ue dalle importazioni di materie prime critiche per le energie rinnovabili.

La posta in gioco è alta: parliamo di litio, cobalto, terre rare, nichel e altri elementi essenziali per produrre su vasta scala pannelli fotovoltaici, pale eoliche, batterie di accumulo.

Venerdì scorso, 30 giugno, il Consiglio Ue, ancora sotto la presidenza di turno svedese (poi passata alla Spagna dal 1° luglio) ha adottato la sua posizione sul regolamento. Sono previsti obiettivi ancora più forti rispetto al testo presentato da Bruxelles, in particolare per le capacità di “lavorare” e riciclare le materie prime in Europa.

Anche se resta scoperto il nodo di come finanziare la produzione domestica aggiuntiva; altro tema da approfondire è come conciliare questi obiettivi “made in Europe” con la cooperazione con gli altri Paesi fornitori. Bisognerà gestire con attenzione le questioni geopolitiche e gli impatti del regolamento sui flussi commerciali internazionali.

Una volta che anche il Parlamento avrà definito la sua posizione comune, potranno partire i negoziati istituzionali per arrivare al testo finale.

Il regolamento di marzo, ricordiamo, fissa quattro target non vincolanti per diversificare i canali di approvvigionamento di materie prime e potenziare le filiere europee.

In sostanza, le materie prime consumate ogni anno nell’Ue devono provenire:

  • per almeno il 10% da risorse geologiche interne (miniere e giacimenti europei);
  • per almeno il 40% da lavorazioni eseguite “in casa” (trattamento, raffinazione di materiali grezzi);
  • per almeno il 15% da capacità interna di riciclo.

Inoltre, la Ue non può importare da un singolo Paese terzo più del 65% del suo fabbisogno annuo di qualsiasi materia prima strategica, in qualunque stadio intermedio di lavorazione.

Il Consiglio invece propone di aumentare al 50% del consumo annuo la capacità di trasformazione delle materie prime grezze negli stabilimenti europei, e di portare al 20% la quota di riciclo.

Si allunga pure la lista delle 34 materie prime critiche (di cui 16 considerate strategiche): gli Stati membri, infatti, vorrebbero aggiungere alluminio, allumina e bauxite.

Altra richiesta è aggiornare con più frequenza, almeno ogni tre anni anziché quattro, l’elenco delle materie prime incluse nel regolamento.

La posizione del Consiglio poi rafforza alcune misure nazionali per promuovere l’economia circolare.

Ad esempio, si parla di incentivi per il recupero delle “materie prime critiche secondarie”, provenienti dai rifiuti, aumentare il riutilizzo dei prodotti con elevato potenziale di recupero di materie prime, promuovere il recupero dei magneti dai componenti a fine vita.

Gli Stati membri, spiega la nota del Consiglio, puntano anche a facilitare le procedure per autorizzare i progetti strategici nel settore, oltre a garantire il corretto funzionamento del mercato interno, attraverso obblighi di monitoraggio più rigorosi in materia di concorrenza e libera circolazione delle materie prime.

Quanto alle tempistiche delle autorizzazioni, si parla sempre di 24 mesi al massimo per i progetti minerari e 12 mesi per quelli di stabilimenti per il trattamento o riciclo, come proposto dalla Commissione, ma con possibili estensioni, rispettivamente, di 6 mesi e 3 mesi per progetti particolarmente complessi o di grandi dimensioni.

Infine, il regolamento chiarisce il ruolo del comitato per le materie prime critiche, istituendo dei sottogruppi con funzioni specifiche, ad esempio per discutere le misure volte a promuovere la circolarità, l’efficienza delle risorse e la sostituzione delle materie prime.

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