La mancanza di lavoratori qualificati mette a rischio la transizione alle rinnovabili

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Bisogna puntare di più su piani di formazione e riqualificazione professionale, altrimenti sarà difficile sostenere il previsto boom delle tecnologie pulite.

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Uno dei maggiori rischi della transizione energetica è la difficoltà a trovare forza lavoro qualificata nei diversi settori delle tecnologie pulite come eolico, fotovoltaico, batterie e così via.

Lo sostiene una recente analisi pubblicata da S&P Global Market Intelligence, a firma di Camilla Naschert (link in basso).

Il problema è che il boom delle fonti rinnovabili, richiesto dagli obiettivi su energia e clima di diversi Paesi, in particolare in Europa e negli Stati Uniti, dovrà essere supportato da un forte aumento di posizioni lavorative qualificate. Tecnici, ingegneri, progettisti: serviranno sempre più professionisti dotati di competenze specifiche per lo sviluppo, la realizzazione e la manutenzione di grandi parchi eolici e fotovoltaici, così come di impianti più piccoli per la generazione distribuita (soprattutto FV su tetti e coperture).

Senza dimenticare le altre tecnologie: eolico offshore, energie marine, bioenergie, geotermia, sistemi di accumulo, produzione di idrogeno verde. E poi: riqualificazione energetica degli edifici, pompe di calore, auto elettriche.

Secondo le ultime stime della Iea (international energy agency), gli occupati nelle fonti pulite hanno superato il 50% di tutti gli occupati nel comparto energy, con circa 40 milioni di posti di lavoro globali nel 2021-2022, in decisa crescita in confronto al 2019.

La Iea poi prevede un ulteriore incremento degli occupati nelle energie green nei prossimi anni, nel suo scenario net-zero che punta a un azzeramento delle emissioni di CO2 con la decarbonizzazione dei trasporti, delle industrie e della generazione elettrica.

Si parla di 14 milioni di nuovi posti di lavoro al 2030 in tutto il mondo, più 16 milioni di lavoratori che cambieranno competenze e mansioni, spostandosi dai settori tradizionali legati ai combustibili fossili verso le rinnovabili.

Tuttavia, sottolinea Camilla Naschert nel suo articolo, già oggi assumere lavoratori competenti sta diventando più difficile per le grandi aziende delle rinnovabili.

Le associazioni europee del settore, SolarPower Europe e WindEurope, ritengono che nei prossimi otto anni raddoppierà il numero complessivo di impiegati tra eolico e fotovoltaico, che al momento si attesta sulle 650.000 unità a livello Ue.

E negli stati Uniti, grazie al nuovo Inflation Reduction Act, si parla di circa un milione di nuovi posti di lavoro ogni anno nei comparti “verdi” per i prossimi dieci anni.

Quindi la domanda di figure professionali qualificate crescerà notevolmente: si potrà dire altrettanto della offerta?

Sarà necessario definire piani specifici, è opinione di diversi dirigenti di aziende citati nelle analisi, per colmare il divario tra richiesta di manodopera specializzata e la sua effettiva disponibilità sul mercato del lavoro.

Per ora le imprese delle rinnovabili si rivolgono spesso a settori “vicini” per cercare nuovi addetti, in particolare alle utility e alle industrie di gas, carbone e petrolio, perché in molti casi ci sono competenze similari ed è più facile trasferire know-how.

Ma sul medio-lungo periodo le difficoltà aumenteranno, di pari passo con la crescita esponenziale delle nuove installazioni di impianti in tutto il mondo.

Come fare? Le possibili soluzioni sono diverse: programmi in-house aziendali di formazione, corsi di aggiornamento e perfezionamento per lavoratori provenienti dalle aziende fossili, anche tramite piani nazionali/locali di riconversione industriale.

Ma bisogna agire in fretta e serve soprattutto la volontà politica. Il punto, infatti, sottolinea Naschert, è che la necessità di formare adeguatamente decine o centinaia di migliaia di lavoratori, in molti casi, è ampiamente sottovalutata dalle istituzioni.

Si parla tanto di semplificare le autorizzazioni, installare più impianti, ma non si spiega bene come riqualificare la forza lavoro esistente e come aggiornare i percorsi di studio e formazione dei professionisti di domani.

Ed è questo il possibile tallone di Achille della transizone energetica: perciò anche i governi devono fare la loro parte, predisponendo massicci piani di formazione professionale, supportati da incentivi e supporti finanziari per famiglie e imprese.

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