Le nuove frontiere del Power-to-Gas: produrre biometano con idrogeno e CO2

L’iniziativa +GAS dell'Enea ha approfondito le potenzialità della metanazione biologica. Vediamo che cos’è e quali scenari potrebbe aprire per il nostro paese.

ADV
image_pdfimage_print

Verde, pulito, rinnovabile: sono tanti gli aggettivi che definiscono le qualità che dovrà avere il gas nel mix energetico europeo.

Siamo nel pieno di un dibattito politico-industriale sul ruolo futuro di questa risorsa.

Bruxelles punta a ridurre il consumo di gas di origine fossile per de-carbonizzare diversi settori economici (produzione e accumulo di energia, trasporti), nell’ambito di una strategia al 2050 che dovrebbe portare il nostro continente verso un impatto climatico zero.

Ma sul combustibile “verde”, pulito o rinnovabile che dir si voglia, resta una certa confusione, ad esempio per quanto riguarda l’applicazione dei criteri di sostenibilità ambientale (vedi anche qui).

Allora cerchiamo di capire meglio il concetto di “green gas” e le sue prospettive con l’aiuto di Giuseppe Nigliaccio del dipartimento Tecnologie Energetiche dell’Enea, responsabile del progetto +GAS che ha esplorato le potenzialità di una particolare tecnologia che usa la metanazione biologica.

Difatti, spiega Nigliaccio, “nella definizione di green gas rientrano tecnologie molto diverse tra loro, ad esempio il biometano è una risorsa rinnovabile prodotta da biomasse agricole, agroindustriali e dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani, mentre i sistemi Power-to-Gas impiegano energia elettrica per produrre idrogeno partendo dalle molecole d’acqua, mediante l’elettrolisi”.

Quindi per essere “pulito” il Power-to-Gas richiede elettricità generata esclusivamente con fonti rinnovabili, come l’eolico e il fotovoltaico.

Tuttavia, prosegue l’esperto dell’Enea, “il problema di utilizzare direttamente l’idrogeno nei consumi finali è legato ai limiti tecnologici sulle reti e sulle infrastrutture”.

L’idrogeno si può miscelare con il gas tradizionale di origine fossile, ma in percentuali limitate. Snam, ad esempio, ha appena iniziato a testare l’immissione di una miscela di idrogeno al 5% in volume e gas naturale (H2NG) sulla rete di trasporto italiana, con una fornitura diretta a un paio di clienti industriali in provincia di Salerno.

Senza dimenticare il possibile uso futuro dell’idrogeno nei trasporti con veicoli a celle a combustibile, che però è ancora lontano da una diffusione su vasta scala. Le miscele idrogeno-metano, racconta Nigliaccio, “possono essere una soluzione interessante in questa fase di transizione tecnologica, dove i riflettori sono puntati sulla strada che prevede di elettrificare il più possibile i veicoli”.

In alternativa è necessario un passaggio in più, per trasformare l’idrogeno in metano (metanazione); ciò può avvenire con un processo di tipo chimico oppure biologico.

Proprio sulla metanazione biologica si è concentrato il progetto +GAS dell’Enea (vedi schema sotto, clicca per ingrandire).

Si tratta, chiarisce Nigliaccio, “di utilizzare l’idrogeno ricavato con il surplus elettrico delle rinnovabili, aggiungendo anidride carbonica, per produrre metano tramite particolari microrganismi”.

L’idea è sfruttare gli impianti esistenti di biogas/biometano impiegando gli stessi digestori: si parla così di metanazione biologica in situ, dove si fanno convivere le diverse popolazioni di batteri.

Tuttavia, al momento, la soluzione più sperimentata è quella che prevede l’impiego di digestori separati, ex situ, continua l’esperto dell’Enea, “al cui interno lavorano speciali batteri che sono capaci di assorbire idrogeno e CO2 per il proprio processo metabolico e produrre metano”.

L’obiettivo è “fare sistema” con le centrali a biomasse delle imprese agricole: così, dopo il processo di purificazione del biogas in biometano (upgrading), che consiste nel rimuovere l’anidride carbonica dal biogas “grezzo” per ottenere un combustibile pronto per l’immissione in rete, rimane a disposizione parecchia CO2 che può, quindi, essere utilizzata per ottenere altro biometano.

A che punto siamo in Italia e in Europa?

In Europa, precisa Nigliaccio, ci sono alcuni impianti dimostrativi sulla tecnologia della metanazione biologica, in Danimarca e Germania.

Mentre il progetto +GAS ha approfondito in laboratorio una serie di aspetti tecnici che riguardano sia la generazione dell’idrogeno, sia le nuove tecnologie per dissolvere e miscelare idrogeno e anidride carbonica all’interno del digestore, con le conseguenti variazioni sulle rese di produzione di metano.

Per quanto riguarda l’efficienza complessiva dell’intero processo, puntualizza Nigliaccio, “molto dipende dalla tecnologia che si usa, soprattutto nel primo passaggio per ricavare idrogeno dal surplus elettrico”.

“Con le attuali applicazioni, mediamente si parla di rendimenti che variano dal 50 al 70% a seconda che si usino sistemi elettrolitici di tipo alcalino o con membrana elettrolitica polimerica”, spiega ancora l’esperto dell’Enea.

Mentre il processo della metanazione, dove l’idrogeno si combina con la CO2 per restituire il biometano, “raggiunge un’efficienza di circa l’80% quindi si può parlare di un rendimento totale che si aggira intorno al 40-50% alla fine delle diverse fasi”, conclude Nigliaccio.

Rendimenti e costi, in definitiva, sono gli aspetti su cui bisognerà intensificare le attività di ricerca per provare a diffondere su scala industriale questa particolare tecnologia.

 

ADV
×