Biocarburanti e gas “verde”, ci vuole molta più attenzione ai criteri ambientali

Pubblicato in Gazzetta ufficiale europea il nuovo regolamento per migliorare la sostenibilità del biofuel utilizzato nei trasporti. Ma prosegue il dibattito sui rischi dei combustibili ricavati dalle biomasse.

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Mentre l’Europa cerca di risolvere il problema della sostenibilità ambientale dei biocarburanti, si sta aprendo il dibattito sulla sostenibilità di un’altra risorsa “bio”: il gas “verde” (green-gas) che comprende, ad esempio, il biometano e l’idrogeno generato da fonti rinnovabili (vedi anche qui).

Andiamo con ordine: in tema di carburanti ecologici, è stato appena pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il regolamento delegato 2019/807 della Commissione europea, che integra la direttiva Ue 2018/2011 per stabilire le nuove regole con cui certificare il biofuel ricavato da materie prime che presentano un basso rischio ILUC (Indirect Land Use Change).

Il rischio ILUC, ricordiamo in breve, riguarda le conseguenze indirette innescate dalla coltivazione, in Europa o in altri continenti, delle piantagioni necessarie a produrre i combustibili di origine rinnovabile, come l’olio di palma: e tra le conseguenze ci sono i massicci disboscamenti per fare spazio a nuove colture alimentari e-o energetiche.

Ma così facendo, si perdono vasti ecosistemi forestali, soprattutto nelle zone tropicali, che assorbono naturalmente l’anidride carbonica.

Quindi il regolamento espone i criteri per identificare le materie prime coltivate su terreni che presentano elevate scorte di carbonio (grazie alla loro capacità di assorbire la CO2); in particolare, la norma boccia l’utilizzo di olio di palma perché dal 2008, a livello mondiale, è aumentata in media ogni anno del 4% la sua superficie coltivata e ben il 45% di tale incremento è avvenuto su terreni con elevata capacità di stoccare l’anidride carbonica.

Intanto l’organizzazione indipendente Transport & Environment (TE), ha pubblicato un breve commento, firmato da Jori Sihvonen, dove si paventa il rischio di replicare in Europa con il gas “verde” lo stesso pasticcio della sostenibilità che ha caratterizzato i biocarburanti.

Il peccato originale di Bruxelles sul biofuel, sostiene l’autore, è stato fissare degli obiettivi sul consumo di biocombustibili senza aver prima definito dei parametri chiari sul loro impatto ambientale.

Il gas rinnovabile può fare la stessa fine?

Essenziale, scrive l’esperto di TE, è che l’Europa stavolta determini innanzi tutto i criteri di sostenibilità per i differenti tipi di gas rinnovabile (biogas, biometano, idrogeno), con le relative disponibilità di materie prime distinguendo, come ricordava il Consorzio Italiano Biogas in questo articolo sul concetto di “biogas fatto bene”, tra monocolture (come il mais) di primo raccolto, colture di rotazione, scarti e residui agroforestali eccetera.

Solo in un secondo momento, prosegue TE, si potranno stabilire eventuali obiettivi vincolanti per la produzione e il consumo di green gas a livello Ue.

Ricordiamo, sempre su questi temi, che a marzo un gruppo di organizzazioni no-profit e cittadini europei ha presentato un’azione legale alla Corte di Giustizia Ue, sostenendo che i criteri ambientali per le biomasse, previsti dalla nuova direttiva RED II sulle rinnovabili, sono incompatibili con la tutela delle foreste e con l’obiettivo di ridurre le emissioni complessive di anidride carbonica.

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