Sono cresciuti gli investimenti nelle tecnologie pulite e le fonti rinnovabili (eolico e solare soprattutto) sono diventate più competitive, ma le emissioni di CO2 dei combustibili fossili sono in rialzo e la ripresa economica post-pandemia sta tornando al business-as-usual anziché puntare su una rivoluzione green.
Questa la transizione energetica fotografata dal nuovo Energy Transition Index 2021 (ETI) del World Economic Forum.
Nel 2020, ricorda il World Economic Forum, gli investimenti mondiali nella transizione dalle energie fossili a quelle rinnovabili sono raddoppiati in confronto al 2010, toccando 500 miliardi di dollari.
Intanto il valore Lcoe (Levelized cost of electricity), cioè il costo sul ciclo di vita per generare elettricità con una data fonte energetica, per il fotovoltaico è sceso negli ultimi anni da 0,38 $ per kWh a 0,07 $/kWh nel 2019.
Per gli impianti eolici a terra il valore Lcoe, come media globale, è diminuito da 0,086 a 0,053 $/kWh.
Tuttavia, nel decennio 2010-2020 le emissioni derivanti dalla combustione di fonti fossili e dai processi industriali, sono passate da 33 a 34 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente.
La transizione, in definitiva, finora non è riuscita a mantenere una velocità e profondità di cambiamento in linea con gli obiettivi climatici al 2050 fissati dagli accordi di Parigi nel 2015.
Nel documento il World Economic Forum stila una classifica dei paesi in base ai rispettivi progressi nelle tre dimensioni del cosiddetto triangolo energetico: sviluppo economico, sostenibilità ambientale, sicurezza e accessibilità delle forniture energetiche.
In generale, osservano gli analisti, 92 paesi su 115 hanno migliorato i loro punteggi aggregati negli ultimi dieci anni, ma allo stesso tempo, solamente 13 nazioni hanno conseguito miglioramenti costanti e consistenti (vale a dire: sensibilmente superiori alla media globale del suddetto indice elaborato dal World Economic Forum).
La mappa seguente, tratta dal documento, evidenzia i cambiamenti, in termini percentuali, dei punteggi ETI tra 2012 e 2021.
Peraltro, si spiega, le prime dieci nazioni della classifica, sono responsabili di appena il 3% delle emissioni globali di CO2 provenienti dalla combustione di fonti fossili.
Colossi come Cina, India, Stati Uniti, Giappone, sono tutti più indietro, confermando che la transizione deve non solo accelerare, ma anche coinvolgere più in profondità le grandi economie, sia quelle industrializzate sia quelle emergenti.
Al primo posto si trova la Svezia, davanti a Norvegia e Danimarca. Il nostro paese invece è in ventisettesima posizione, grazie soprattutto al buon punteggio assegnato alla struttura complessiva del sistema energetico e alla quota di fonti rinnovabili nel mix elettrico.
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