Il ministro delle Imprese Adolfo Urso, presentando il Libro verde del Made in Italy, ha spiegato che la prossima settimana dovrebbe essere annunciata una rimodulazione al rialzo del fondo automotive per il 2025 (leggi l’articolo sull’argomento Urso: maglie più larghe per Transizione 5.0 e “non-paper” energivori).
Parallelamente, in commissione Attività produttive della Camera, la viceministra al Mase, Vannia Gava, ha risposto a un’interrogazione M5S sul costo dell’energia per i gestori delle infrastrutture di ricarica elettrica.
In particolare, “è allo studio del Governo la proposta di Arera su eventuali agevolazioni da rivolgere direttamente agli automobilisti” per ridurre i costi di ricarica, come indicato dall’Autorità in una memoria sul Pniec di aprile. “Si tratterebbe di incentivi mirati per coloro che trovano barriere all’acquisto di un veicolo elettrico, di natura socio-economica o legati ad altri aspetti, quali l’indisponibilità di punti di ricarica privati”.
Non solo, per l’occasione è stato sottolineato come “prossimamente si potrà anche accedere alle informazioni riguardanti i prezzi praticati” nelle colonnine attraverso la Piattaforma unica nazionale dei punti di ricarica elettrica, attiva dal 27 marzo scorso con la mappatura delle infrastrutture sul territorio.
Tra le azioni già in corso anche quella del Mimit, che ha avviato un monitoraggio sugli operatori del settore analogo a quanto avviene per i distributori di carburante, al fine di rilevare il costo di ricarica, sia in applicazione di tariffe a consumo sia in abbonamento, nonché in caso di differenziazione di prezzi per fasce orarie.
Nell’interrogazione a firma Pavanelli, infine, si ricorda un recente studio commissionato da Motus-E e realizzato dalla società di consulenza Afry, dal quale “emerge che gli operatori delle colonnine di ricarica delle auto elettriche in Italia, per l’acquisto dell’elettricità, pagano tariffe fino a 7,5 volte più elevate rispetto ad altri Stati membri come Francia, Germania e Spagna” (vedi articolo Ricarica auto elettriche, in Italia le tariffe più alte per gli operatori).
Su questo studio la rappresentante del Mase ha posto delle controanalisi: “Arera ha rilevato che esso si concentra sulla spesa unitaria sostenuta dal gestore della stazione di ricarica per la fornitura di energia elettrica, un fattore che non è sempre preminente nella determinazione del prezzo finale pagato dagli automobilisti. Molto dipende anche dal tipo di infrastruttura di ricarica considerata, nonché dalla qualità del servizio reso al cliente”.
Non solo, “nello studio l’analisi per la stima del costo dell’energia appare non esauriente” e, considerando la struttura tariffaria “a tre componenti” che si applica in questo settore, se ne ricava che “la spesa tariffaria media risulta tanto più bassa quanto più la stazione di ricarica è effettivamente utilizzata. Si può quindi ritenere che tale valore, relativamente alto in Italia, sia legato al bassissimo tasso di utilizzo attuale”.
Dunque, si potrebbe ottenere un avanzamento “applicando le migliori tecnologie disponibili per ridurre il fabbisogno di potenza a parità di servizio di ricarica reso e aumentando i volumi di energia prelevata, ad esempio grazie ad una migliore localizzazione della stazione o a un aumento del parco di veicoli elettrici circolanti”.
Si tratta di condizioni “plausibili in un futuro prossimo – ha spiegato Vannia Gava – considerando lo sviluppo del mercato” che oggi, però, per “oltre l’80%” vede le auto elettriche ricaricate con sistemi domestici”.
Replicando alla risposta l’interrogante ha osservato che “per raggiungere gli obiettivi della transizione su una mobilità verde e sostenibile non basta incentivare l’acquisto di mezzi elettrici, ma è necessario fornire all’utenza un’efficiente ed efficace rete infrastrutturale”.
Servirebbero, dunque, misure sul costo energetico e “incentivi alle imprese per la realizzazione della rete infrastrutturale, quanto meno sulle maggiori arterie stradali. Ciò permetterebbe all’Italia di non restare indietro rispetto ad altri Paesi che hanno già assunto iniziative in materia e non disincentiverebbe, peraltro, quella quota di turismo proveniente da Stati dove l’auto elettrica è diffusa e che si trova in difficoltà a trovare punti di ricarica in Italia”.