In Italia gli operatori delle colonnine di ricarica dei veicoli elettrici pagano tariffe fino a quasi otto volte più alte rispetto a quelli di Francia, Germania e Spagna.
È quello che emerge da un’indagine (link in basso) commissionata da Motus-E ad Afry Management Consulting, la società italiana di consulenza direzionale di Afry, gruppo che opera nei campi dell’ingegneria, del design e della consulenza.
Nello studio vengono quantificate le tariffe elettriche che gli operatori di ricarica pagano per acquistare l’elettricità, senza includere margini e costi.
Afry ha analizzato cinque diverse configurazioni di ricarica, paragonando l’Italia agli altri principali Paesi Ue, con il risultato che in tutti gli scenari il dato peggiore ricade sempre all’interno dei nostri confini nazionali.
Le prime due configurazioni prendevano in considerazione tariffe in bassa tensione e le altre tre in media tensione.
- Configurazione 1 con consumo di 8.000 kWh/anno, punto di consegna (Pod) da 50 kW e fattore di utilizzo elettrico (Fue, rapporto tra il numero di ore di funzionamento di un Pod e 8.760 ore/annue) dell’1,83%;
- Configurazione 2 con consumo di 15.000 kWh/anno, Pod da 99 kW e Fue dell’1,73%;
- Configurazione 3 con consumo di 37.000 kWh/anno, Pod da 99 kW e Fue dell’1,69%;
- Configurazione 4 con consumo di 85.000 kWh/anno, Pod da 600 kW e Fue dell’1,62%;
- Configurazione 5 con consumo di 130.000 kWh/anno, Pod da 1.200 kW e Fue dell’1,24%.
Nella configurazione 1 la tariffa italiana è pari a 0,28 €/kWh, uguale alla Germania, ma più del doppio di quella della Spagna (0,13 €/kWh) e più del triplo della Francia (0,09 €/kWh).
Il dato italiano resta identico nella configurazione 2, ma si abbassa in Germania (0,23 €/kWh), resta invariato in Spagna (0,13 €/kWh) e aumenta di poco in Francia (0,12 €/kWh).
In bassa tensione la differenza tra l’Italia e gli altri Paesi non è così marcata, per merito di una delibera Arera del 2011 che introduce una tariffa agevolata (Btve) per la ricarica dei veicoli elettrici in luoghi accessibili al pubblico.
Invece in media tensione, dove le tariffe sono costituite in massima parte da oneri di sistema e non beneficiano di agevolazioni dedicate, il divario è al massimo.
Nella configurazione 3 l’Italia si attesta a 0,55 €/kWh, che diventano 0,51 €/kWh nella configurazione 4 e 0,60 €/kWh nella configurazione 5.
La differenza appare evidente. La Germania non va oltre gli 0,21 €/kWh nelle configurazioni 3 e 4 e gli 0,16 €/kWh nella 5, la Spagna fa registrare rispettivamente 0,13, 0,18 e 0,20 €/kWh, mentre la Francia è la più economica con 0,10 €/kWh nella configurazione 3 e 0,08 €/kWh in quelle 4 e 5.
Per quanto riguarda la media tensione, in Italia fanno riferimento le tariffe Mtau, per carichi superiori a 100 kW senza usi specifici, utilizzate quando la capacità di ricarica installata è superiore a 150-200 kW, come nel caso di più punti di ricarica rapidi nello stesso sito.
Lo studio dice espressamente che “le Mtau non introducono alcuna condizione favorevole per la ricarica pubblica dei veicoli elettrici”.
L’acquisto di energia in media tensione penalizza in particolare gli operatori che gestiscono un basso utilizzo dell’infrastruttura di ricarica. Più che il consumo effettivo di elettricità, infatti, a pesare principalmente è la potenza impegnata. Un aggravio che si traduce in costi aggiuntivi per il cliente finale.
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