Il fotovoltaico già oggi per la Cina, in oltre tre quarti dei casi, è un’opzione più conveniente delle centrali a carbone.
La parità di costo tra il FV e i modi più sporchi e (falsamente) economici di produrre elettricità verrà raggiunta pienamente entro il 2023 in tutto il paese e, con il previsto calo dei prezzi, il gigante asiatico può arrivare al suo obiettivo di decarbonizzazione al 2060 ottenendo in modo cost-effective da solare con accumulo oltre il 43% del suo fabbisogno elettrico.
C’è il futuro energetico del più grande emettitore di CO2 al mondo, in un nuovo studio pubblicato come cover story sulla rivista dei Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), mentre mancano ormai pochi giorni all’inizio della CoP 26 a Glasgow.
Il potenziale dell’energia solare in Cina finora è stato stimato sulla base di costi obsoleti, premette la pubblicazione, firmata da ricercatori di Harvard e delle università cinesi di Tsinghua, Nankai e Renmin.
Ecco dunque che si è sviluppato un nuovo modello integrato per valutare l’evoluzione del FV in Cina da oggi al 2060, tenendo conto di tecnologie, spazi e rete e in base a parametri economici aggiornati.
Emerge che la produzione FV cinese già oggi avrebbe il potenziale per produrre, anziché gli attuali 260 TWh, ben 99,2 PWh, cioè 99.200 TWh, mentre con il calo dei costi previsto, al 2060 il potenziale teorico potrebbe salire a 146,1 PWh.
Circa il 78,6% (79,7 PWh) della produzione solare potenziale attuale della Cina al 2021 ha raggiunto la parità di costo rispetto all’energia da carbone, mentre entro il 2023 la market parity verrà raggiunta per l’intero potenziale nazionale.
Da qui al 2060, stima lo studio, il costo di produzione del fotovoltaico scenderà poi ancora, da 4,9 a 0,4 cent$ per kWh, anche se, aggiungiamo noi, le previsioni su periodi così lunghi per le tecnologie energetiche sono difficile da fare, per usare un eufemismo.
Con il calo dei costi, anche il FV con sistemi di accumulo diverrebbe estremamente conveniente, e i sistemi combinati nel 2060 potrebbero potenzialmente fornire 7,2 PWh di elettricità, per soddisfare il 43,2% della domanda elettrica del paese a un prezzo inferiore a 2,5 centesimi di dollaro Usa per kWh.
“I risultati evidenziano un punto cruciale per la transizione energetica, non solo per la Cina ma anche per altri paesi, in cui l’energia solare abbinata ai sistemi di accumulo diventa un’alternativa più economica all’elettricità a carbone e un’opzione più compatibile con la rete”, commenta Michael B. McElroy, docente di Environmental Studies presso la Harvard John A. Paulson School of Engineering and Applied Sciences (SEAS) e co-autore dello studio.
A tal proposito, ricordiamo un’altra analisi del think tank ambientalista Ember, riguardo a un’altra nazione cruciale per il futuro del clima, l’India: per impianti con un’entrata in esercizio nel 2027, nel paese sarà già più conveniente produrre elettricità con rinnovabili e storage rispetto a qualsiasi nuovo impianto a carbone.
“Oggi, l’energia solare senza sovvenzioni è diventata più economica dell’energia a carbone nella maggior parte della Cina e questo vantaggio competitivo si estenderà presto all’intero paese a causa dei progressi tecnologici e del calo dei costi”, spiega Xi Lu della Tsinghua University, altro co-autore dello studio in copertina su PNAS.
Il seguente documento è riservato agli abbonati a QualEnergia.it PRO:
Prova gratis il servizio per 10 giorni o abbonati subito a QualEnergia.it PRO