Fusione nucleare e idrogeno per le auto: le contraddizioni di Cingolani sulla transizione energetica

Le dichiarazioni rese dal ministro a fine audizione sulle linee di programma del MiTE.

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Ci sono tante cose che non tornano nelle ultime dichiarazioni del nuovo ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.

Dopo aver illustrato le linee di programma del suo ministero alle commissioni Ambiente, Attività produttive e Industria di Camera e Senato, con obiettivi pragmatici e condivisibili in tema di fonti rinnovabili (sui decreti Fer 1 e Fer 2, il nodo delle autorizzazioni e così via), Cingolani nelle repliche a fine audizione ha aperto una parentesi inaspettata sulla fusione nucleare.

Secondo il titolare del MiTE, riportano le agenzie (neretti nostri nelle citazioni) “l’universo funziona con la fusione nucleare. Quella è la rinnovabile delle rinnovabili. Noi oggi abbiamo il dovere nel Pnrr di potenziare il ruolo dell’Italia nei progetti internazionali Iter e Mit sulla fusione. Quello è un treno che non possiamo perdere”.

Difficile comprendere il motivo che ha spinto Cingolani a rispolverare una tecnologia confinata nei laboratori e molto lontana da una possibile applicazione reale, tanto più che le energie rinnovabili sono ormai super competitive e realizzabili in tempi brevi con impianti di grandi dimensioni.

Un altro passaggio che ha suscitato perplessità è quello sulle potenzialità dell’idrogeno verde, perché Cingolani in sostanza ha affermato di non credere più di tanto alle auto elettriche (contrariamente a quanto si legge nelle linee programmatiche).

“Fra dieci anni avremo l’idrogeno verde e le automobili che andranno a celle a combustibile. Le batterie le avremo superate, perché hanno un problema di dismissione”, ha dichiarato il ministro nel suo intervento, in totale contraddizione con i mega investimenti nelle batterie che stanno facendo i colossi del settore automobilistico, partendo da Volkswagen, che ha appena annunciato la realizzazione di sei gigafactory di batterie al litio nei prossimi 5-10 anni.

Il punto, sollevato da vari esperti delle rinnovabili e dalle associazioni ambientaliste, è che la fusione nucleare non può essere un ingrediente della transizione energetica, date le numerose incognite che circondano questa tecnologia.

La stessa Iea, Agenzia internazionale dell’energia, nei suoi scenari al 2050 non fa alcuna menzione della fusione tra le soluzioni per abbattere le emissioni di CO2.

Si parla, è vero, di un pochino di nucleare, ma di nucleare tradizionale (anche questo peraltro è circondato da molti problemi: basti vedere i ritardi dei progetti Epr) e non certo di fusione.

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