Fotovoltaico, le difficoltà del rilancio di una filiera tutta europea

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Una fotografia delle sfide da affrontare nel recente report sull’industria delle rinnovabili realizzato da Elettricità Futura, Enel Foundation e Althesys.

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Alla fine del 2020 l’Europa ha fatto registrare una capacità totale nella produzione di celle FV di appena 625 MW.

I dati sono molto bassi anche per quanto riguarda i moduli, con una capacità produttiva di 6,75 GW, circa il 3% del totale mondiale, con il 95% in Asia e il 2% diviso tra Canada e Stati Uniti.

Questo dato, fornito dal Fraunhofer Institute Photovoltaics Report 2021, mostra bene da quanto in basso debba ripartire l’industria del fotovoltaico europea per ridurre la dipendenza del vecchio continente dalle importazioni.

Una fotografia interessante delle sfide da affrontare è stata scattata anche dal report “La filiera italiana delle tecnologie per le energie rinnovabili e smart verso il 2030” presentato a Roma l’8 febbraio e curato da Elettricità Futura, Enel Foundation e Althesys (vedi link in fondo).

Si premette che la filiera ha subito un profondo cambiamento, iniziato con la crisi finanziaria del 2008. L’Europa un tempo è stata competitiva a livello di produzione di moduli e celle (vedi grafico sotto), ma con il passare degli anni è diminuita drasticamente la sua quota di mercato e anche il volume dell’output produttivo.

Nel 2008 la Germania aveva prodotto moduli fotovoltaici per una potenza totale di 1.364 MW. Nello stesso anno, soltanto la Cina ha superato questo dato, con una produzione pari a 2.013 MW.

Oggi l’Europa produce una frazione decisamente minoritaria di moduli fotovoltaici, un comparto industriale dominato dall’estremo oriente, come mostra bene questo altro grafico tratto dallo Special Report on Solar PV Global Supply Chains pubblicato dalla Iea a luglio 2022:

La causa principale dello svantaggio competitivo per l’Ue in termini di costi di produzione dei moduli fotovoltaici non sarebbero, come molti pensano, i costi di manodopera, spiega il report di Althesys, Elettricità Futura ed Enel Foundation.

Questo fattore è certamente più basso in Asia, ma ad aver creato il maggiore divario in termini di costo unitario sarebbero le economie di scala e l’approccio migliore in termini di investimenti e progettualità.

La grande quantità di wafer di silicio necessaria per produrre le celle mette ancora di più in posizione di svantaggio la catena produttiva europea, poiché continuano a mancare gli impianti ad alta tecnologia necessari in questo campo.

Sono, quindi, diversi i fattori che hanno portato l’Europa e l’Italia ad avere una quota di mercato nel fotovoltaico così ridotta rispetto ai Paesi asiatici, a cominciare da una scarsa programmazione e investimenti limitati che hanno impedito lo sviluppo di un’industria robusta, osserva il report.

Le difficoltà a livello strategico hanno già conseguenze evidenti. Il saldo normalizzato italiano (cioè il grado di dipendenza dall’estero di un Paese che vale -1 se è presente solo import, 1 se è presente solo export), dopo una leggera ripresa da -0,27 del 2018 fino allo -0,05 del 2020, nel 2021 è nuovamente calato fino a -0,15, a conferma delle lacune lungo l’intera catena del valore del comparto fotovoltaico.

Alla luce della leadership globale della Cina è necessaria una strategia per stimolare nuovamente il settore e favorire la produzione interna delle componenti del fotovoltaico, auspicano gli autori dello studio.

Al momento l’Europa è price-taker, in quanto, nonostante una capacità di assemblaggio di moduli di circa 8-10 GW, continua ad affidarsi quasi del tutto al mercato asiatico per la parte alta della filiera, in particolare per l’approvvigionamento di celle e altri materiali.

L’European Solar Manufacturing Council (ESMC), riconoscendo l’importanza del settore, sia in termini di occupazione che di creazione di valore, ha definito una possibile strategia. Vengono così sottolineati elementi importanti, come un sistema di tassazione che possa permettere di sviluppare, anche a livello locale, le attività di produzione nel comparto. Permane poi la convinzione che la costruzione delle gigafactory possa essere la chiave di volta dello sviluppo.

Attualmente, spiega il report, in tutta Europa sono quattro le gigafactory operative, nonostante i progetti siano più di venti, tra cui lo stabilimento di Enel 3Sun di cui abbiamo parlato di recente e che entro il 2024 potrebbe essere la più grande fabbrica di moduli fotovoltaici in Europa, con una produzione annuale di 3 GW.

Sul valore totale degli scambi a livello mondiale, nel 2017 l’Italia ha fatto registrare nel fotovoltaico un dato dello 0,3%, a dimostrazione di una catena produttiva di dimensioni molto limitate. Diversi analisti hanno evidenziato ormai l’urgenza di ulteriori investimenti da dedicare all’industria. Già ad aprile 2021, l’EMSC aveva richiesto un aumento fino a 20 miliardi di euro delle risorse riservate al comparto nel piano di ripresa.

A maggio 2022, su QualEnergia.it spiegavamo le difficoltà del rilanciare la filiera del FV in Europa: l’ostacolo principale emerso era principalmente proprio quello dei finanziamenti.

Nel frattempo è stato varato il piano Repower Eu e si stanno mettendo a terra i vari Pnrr, tra cui quello italiano che stanzia 400 milioni per la filiera del FV innovativo. Più recentemente si sta decidendo di lanciare il Green Deal Industrial Plan, che dovrebbe sostenere l’industria europea in risposta all’IRA americano.

Vedremo nei prossimi anni se il vecchio continente riuscirà a far rinascere il comparto, in modo da ridurre la dipendenza dall’estero e beneficiare in maggior misura delle ricadute economiche e occupazionali legate al processo di transizione energetica.

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