Eolico offshore, il nuovo programma britannico traccia la rotta per l’intero settore

Il Regno Unito ha assunto il ruolo di apripista per l'energia eolica offshore. Un’analisi delle prospettive che si aprono dopo gli annunci di Boris Johnson di questa settimana.

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Il Regno Unito sta approntando un piano per aumentare la propria flotta eolica offshore dagli attuali 10 GW a 40 GW entro la fine del decennio – un obiettivo che potrebbe aprire nuove prospettive e dare spazio a nuove priorità, grazie anche a costi in rapida diminuzione negli ultimi anni.

In particolare, questa settimana, il primo ministro Boris Johnson ha detto che la prossima tornata di aste per le rinnovabili metterà all’incanto il doppio della capacità rispetto all’ultima. L’eolico in mare ha dominato le gare per le rinnovabili nel 2019, aggiudicandosi 5,5 GW dei 5,8 GW assegnati. La Gran Bretagna ha inoltre creato un nuovo fondo da 160 milioni di sterline per sostenere lo sviluppo di nuovi impianti portuali e di produzione a sostegno dell’obiettivo dei 40 GW – cui si aggiungerà l’ulteriore obiettivo di 1 GW per l’eolico offshore galleggiante.

Cosa è possibile imparare dunque dal Regno Unito, il più grande mercato finale per l’eolico offshore nonché il più grande mercato di riferimento per il settore in generale? Sono cinque le aree di maggiore interesse, secondo un analisi di Gtm – Green Tech Media.

  1. Il COVID-19 sposta l’attenzione dai costi ai posti di lavoro

Il programma di contratti per differenza (CFD) offre un “prezzo di esercizio” garantito per MWh. Se i prezzi all’ingrosso scendono al di sotto di tale livello, il governo compensa la differenza. Se il prezzo all’ingrosso è più alto, il proprietario del progetto ripaga i profitti extra. Il primo ciclo di CFD nel 2015 ha sostenuto il progetto Neart na Gaoithe di EDF con un prezzo di esercizio di 114,39 sterline per MWh, rispetto a un prezzo d’esercizio di 39,65 sterline per MWh dei progetti vincitori nel 2019. E si prevede che i prezzi saranno inferiori a quelli all’ingrosso una volta che i progetti saranno operativi. Ciò significa che non costeranno nulla al governo.

Anche il prossimo round sarà una gara d’appalto molto competitiva, ed è probabile che, ancora una volta, i progetti vincitori non costeranno nulla al governo. Søren Lassen, responsabile della ricerca globale sull’eolico offshore presso Wood Mackenzie, ha detto a Green Tech Media che il pacchetto di misure presentato dal governo del Regno Unito ha dimostrato che ridurre i costi non era l’obiettivo primario.

“L’attenzione si concentra in gran parte sui posti di lavoro. Tale dinamica, naturalmente, è in parte guidata dal COVID-19, che ha davvero spostato l’equilibrio verso la creazione di posti di lavoro”, ha detto Lassen. Il calo dei costi era in una certa misura prevedibile; il prossimo obiettivo per i governi sarà capire in quale altro modo creare valore.

Il contenuto manifatturiero locale e i posti di lavoro locali sono una risposta ovvia, amplificata dall’impatto economico della pandemia.

  1. Con i sussidi nello specchietto retrovisore, l’attenzione si sposta sulle economie di scala

Un modo sicuro per continuare a ridurre i costi è continuare ad aumentare i volumi di mercato. In Europa, il peso del comparto sta aumentando – oltre al Regno Unito, infatti, anche la Germania e la Francia hanno accresciuto i propri obiettivi offshore.

La Germania ha rivisto il suo target per il 2030 da 15 a 20 GW e la Francia da 6 a 8,75 GW. I Paesi Bassi puntano a 11,5 GW, mentre la Polonia mira a 11 GW di capacità.

E questi numeri potrebbero continuare a crescere, con l’UE (Regno Unito escluso) che entro il 2050 potrebbe aver bisogno di ben 450 GW di eolico offshore per raggiungere i suoi obiettivi di emissioni nette pari a zero.

  1. Le piattaforme galleggianti stanno diventando realtà

L’eolico galleggiante è stato implementato nell’ambito di progetti pilota e su scala dimostrativa, ma l’aggiunta di un nuovo obiettivo di 1 GW per il 2030 significa che il Regno Unito può ora offrire una certa sicurezza a sviluppatori come Total, Shell ed Equinor, tutte società che hanno già cominciato a fare delle mosse sullo scacchiere dell’eolico galleggiante. L’associazione di settore RenewableUK, da parte sua, crede sia possibile un dispiegamento doppio rispetto a quello fissato. Il governo ha proposto di dedicare una quota del programma CFD anche all’eolico galleggiante e il round dedicato al leasing dei fondali marini della Scozia, che è ancora in corso, include zone riservate a questa tecnologia emergente.

“L’annuncio sull’eolico galleggiante è un’altra indicazione del fatto che non è più di una questione di prezzo”, ha detto Lassen. Questo è particolarmente vero in Norvegia e nel Regno Unito, dove si sta cercando di diversificare l’esperienza decennale nell’ingegneria navale e l’utilizzo delle infrastrutture del settore petrolifero del Mare del Nord. Tanto per dare un’idea, il gigante dei servizi petroliferi Wood, che nel 2014 ricavava il 96% del suo fatturato dal settore petrolifero, adesso si affida agli idrocarburi solo per circa un terzo dei ricavi.

  1. Importanti investimenti nella catena di approvvigionamento sono in arrivo

Nel Regno Unito, le grandi promesse sui contenuti locali nel settore dell’eolico offshore sono state spesso pregiudicate da sviluppatori che hanno cercato di trovare alternative più competitive. Adesso, tale situazione potrebbe cambiare.

In agosto, il gigante siderurgico sudcoreano SeAH Steel ha firmato un accordo con il governo del Regno Unito per sviluppare un impianto di fondazione monopilare sulle coste britanniche. Fino ad ora, le fondazioni sono state spesso esternalizzate a cantieri in Cina, Indonesia ed Emirati Arabi Uniti, scontentando le aziende e i sindacati britannici. Adesso, però, un fornitore asiatico di fondamenta marine ha in programma di venire ad aprire un’attività in Europa, e questo potrebbe aprire nuovi orizzonti.

“È stato difficile attrarre degli operatori dall’altra parte dell’oceano”, ha detto Lassen. “Ora le cose cominciano a muoversi un po’ in tutto il mondo, con operatori provenienti dall’Asia che cercano di penetrare nel mercato [europeo]. È uno sviluppo interessante“.

Il fondo di 160 milioni di sterline annunciato dal governo britannico offre ai produttori, compresi quelli di turbine e pale, la possibilità di usare i sussidi per passare alle taglie extra large. I proprietari terrieri e le imprese con impianti di banchina dell’ordine di 200 ettari sono stati invitati a fare domanda, a condizione che possano sostenere da 2 a 3 GW di produzione annuale e che siano almeno in parte operativi entro il 2023.

  1. Le nuvole della Brexit si stanno diradando

Il Regno Unito e l’UE stanno ancora negoziando un accordo commerciale e, fino a quando non saranno resi noti i dettagli, le previsioni sugli impatti sono, nella migliore delle ipotesi, mere congetture. Questa incertezza basta da sola a gettare un’ombra sugli investimenti nel Regno Unito.

Ma se è vero che i potenziali investitori possono scegliere fra un certo numero di mercati eolici offshore, è certo anche che la forza del programma CFD e la sua garanzia di reddito hanno fatto sì che l’interesse per il mercato britannico sia rimasto elevato. L’ultima gara d’appalto olandese – con zero sovvenzioni – per esempio, si è rivelata meno popolare di quelle britanniche, con la partecipazione di soli due consorzi.

Secondo Lassen, la Brexit non ha ridimensionato il punto di vista di Wood Mackenzie sull’installazione di nuova capacità entro il 2030.

“Abbiamo 40 GW [stimati] ormai da un po’ di tempo, e questo indipendentemente dalla Brexit. Non lo vedo come un punto di rottura in questo senso”, ha detto, aggiungendo che il rinnovato impegno nei confronti del programma CFD, compreso l’aumento della capacità offerta, contribuirà ad alleviare alcuni dubbi sulla Brexit, là dove esistono.

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