Attraverso un algoritmo di apprendimento automatico, i ricercatori dell’UNFoLD, il laboratorio di diagnostica del flusso instabile della Scuola Politecnica Federale di Losanna (EPFL), sono riusciti a migliorare del 200% l’efficienza di alcune turbine eoliche ad asse verticale e a ridurne del 70% le vibrazioni.
Un passo avanti che potrebbe spingere verso una maggiore diffusione di questa tecnologia (nota anche come VAWT, acronimo dell’inglese “Vertical-axis wind turbines”), che sulla carta offre diversi vantaggi rispetto ai classici aerogeneratori ad asse orizzontale, ma che per la sua stessa conformazione funziona bene solo con un flusso d’aria moderato e continuo.
“Una forte raffica aumenta l’angolo tra il flusso d’aria e la pala, formando un vortice in un fenomeno chiamato stallo dinamico. Questi vortici creano carichi strutturali transitori che le pale non possono sopportare, causando una perdita di efficienza“, si legge nella nota pubblicata sul sito dell’EPFL.
Le turbine ad asse verticale ruotano attorno ad un asse perpendicolare al flusso in entrata, il che le rende insensibili alla direzione del vento e consente loro di funzionare bene nei flussi urbani.
Solitamente operano a frequenze di rotazione più basse, cosa che riduce significativamente il rumore e il rischio di collisione con le specie aviarie. Inoltre, il fatto che le parti meccaniche siano vicine al suolo facilita la manutenzione, riduce i carichi strutturali e abbassa il baricentro, a tutto vantaggio, ad esempio, delle applicazioni offshore galleggianti.
Per far fronte alla strutturale mancanza di resistenza alle raffiche, i ricercatori dell’EPFL hanno cercato di individuare profili di inclinazione ottimali. Sono stati montati sensori direttamente su una turbina in scala ridotta, a sua volta accoppiata a un ottimizzatore funzionante con algoritmi genetici di apprendimento.
Le pale sono state poi fatte girare con angoli, velocità e ampiezze diverse: il computer ha analizzato circa 3.500 combinazioni per capire quali fossero quelle più efficienti. I risultati dell’indagine sono confluiti in uno studio pubblicato su Nature Communications lo scorso 30 marzo.
Questo approccio ha consentito ai ricercatori di identificare due serie di profili di passo che contribuiscono a migliorare significativamente l’efficienza e la robustezza della turbina.
“Lo stallo dinamico – lo stesso fenomeno che distrugge le turbine eoliche – su scala più piccola può effettivamente spingere le pale a girare. In questo caso lo possiamo utilizzare a nostro vantaggio reindirizzando il passo della pala in avanti per produrre energia”, spiega Sébastien Le Fouest del’UNFoLD.
“La maggior parte delle turbine eoliche inclina la forza generata dalle pale verso l’alto, il che non aiuta la rotazione. Cambiare quell’angolo non solo forma un vortice più piccolo, ma contemporaneamente lo spinge via proprio al momento giusto, il che si traduce in una seconda area di produzione di energia sottovento”.